Mezzo milione di euro in Manovra per promuovere l’educazione sessuale nelle scuole. Almeno, questo era in principio l’obiettivo dell’emendamento promosso dal segretario di +Europa Riccardo Magi. Adesso, però, per volontà del governo, quei fondi sono stati riorientati e destinati alla formazione degli insegnanti sulla fertilità maschile e femminile. Nessun corso diretto per gli studenti, dunque. Per ragioni di efficienza, ha motivato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani: 500mila euro erano insufficienti per un’implementazione efficace dei corsi nelle scuole. Una scelta «molto grave», dice però Magi, interrogato sulla questione fuori dall’aula di Montecitorio, mentre dentro si consuma l’ennesima fumata nera sul voto dei giudici costituzionali.
Stop del governo all’educazione sessuale, Magi: «Sarebbe stato un primo passo significativo»
Magi spiega amaro le tappe che hanno portato il suo emendamento per promuovere l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole a un nulla di fatto: «Durante l’esame della legge di Bilancio l’emendamento a mia prima firma, sottoscritto anche da parlamentari delle opposizioni, era stato approvato». Poi, però, «durante il periodo natalizio, all’inizio dell’anno, quando la Camera era chiusa e la legge di bilancio era stata già approvata» è arrivata «da parte dei movimenti per la vita, dal Family Day» una «pressione fortissima» che ha portato «il governo, qualche giorno fa, a rimangiarsi questa cosa», aggiunge il leader di +Europa. E a dire, rispondendo a un question time fatto dalla maggioranza stessa in Aula, «che quei fondi saranno utilizzati per la prevenzione dell’infertilità». «Qualcosa – dice Magi – che non c’entra poi così tanto con l’obiettivo per cui erano stati approvati».
Motivo per cui, secondo Magi, il ripensamento del governo è grave sia nel metodo, perché «non è stata rispettata la volontà del Parlamento», sia nel merito «perché è venuto a mancare un primo passo significativo, seppure piccolo, nella direzione in cui si dovrebbe andare». E adesso gli strumenti per fare qualcosa sono pochi, se non assenti: «I numeri non sono dalla nostra parte, ma di certo è necessario continuare a fare pressione». Anche perché, ricorda il segretario di +Europa, «era stato lo stesso ministro Valditara a prendere un impegno nel giorno del lancio della Fondazione Cecchettin, dicendo che avrebbe promosso attività di questo tipo. Ma non si capisce bene in che cosa poi si tradurranno concretamente».
Magi: «Ramy? Va capito se l’intervento delle forze dell’ordine era proporzionato». E sull’accordo per i satelliti di Musk: «Va fatto in modo trasparente, non con strette di mano»
Educazione sessuale a parte, nell’affollato transatlantico c’è stato spazio anche per la vicenda di Ramy Elgalm, il 19enne egiziano morto a Milano dopo un inseguimento di tre pattuglie dei Carabinieri. Hanno fatto discutere i i cortei di protesta non autorizzati organizzati in solidarietà al giovane che a Roma, nel quartiere San Lorenzo, hanno portato i manifestanti a scontrarsi con la Polizia. Il bilancio, otto feriti tra gli agenti e un mezzo del Reparto Mobile danneggiato. «Vanno condannate con fermezza tutte le violenze che ci sono state nelle città italiane – dice Magi – e penso che le parole del padre di Ramy, nel momento del massimo dolore per un genitore, siano un esempio di senso delle Istituzioni e di amore per la democrazia. Lui ha detto “a tutti quelli che vogliono chiedere giustizia per Ramy, fatelo in modo non violento, noi chiediamo giustizia e non vendetta”».
«Ecco – aggiunge Magi – dall’altra parte anche le Istituzioni dovrebbero rispettare questa richiesta di giustizia». In questo senso, il leader di +Europa spiega: «Non mi piace affatto, e credo che sia una strumentalizzazione delle violenze, il fatto che nella maggioranza non ci sia la richiesta di fare piena luce sulla dinamica e anche su eventuali responsabilità. Penso che si debba capire se quell’intervento delle forze dell’ordine, e questo lo si può capire solo nell’ambito di un’inchiesta giudiziaria, non solo guardando il video, se quell’intervento sia stato proporzionato al tipo di violazione che veniva fatta».
Ma c’è anche tempo per qualche considerazione su Elon Musk, il multimiliardario ceo di Tesla, nonché conclamato braccio destro del nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ormai prossimo all’insediamento. Il focus è sull’accordo, ventilato, ancora nel campo delle possibilità, tra il governo italiano e SpaceX, l’azienda aerospaziale fondata da Musk, per dotarsi di satelliti. «Penso che il problema della figura di Musk sia in termini di democrazia liberale», dice Magi. E spiega: «Una persona che fa l’imprenditore in settore strategici, il fornitore del governo, il primo finanziatore della campagna del presidente degli Usa, l’editore di una piattaforma il cui algoritmo è segreto e tra poco assumerà un ruolo diretto nell’amministrazione Trump, ecco, per me questo è un problema».
«Poi c’è l’altro problema – aggiunge Magi – quello del ritardo in alcuni settori tecnologici, della sicurezza e delle comunicazioni delle imprese europee. Per cui sono necessari investimenti in quello». E a domanda diretta, quando gli viene chiesto se l’Italia faccia bene o meno a fare un contratto con Starlink, il segretario di +Europa conclude: «Beh, va visto da un punto di vista tecnico se quello è l’unico soggetto che può fornire quel servizio e, ovviamente, in caso, andrebbe fatto in modo trasparente con una procedura di gara e non con una stretta di mano tra amici come sembrava voler fare la presidente del Consiglio Meloni».
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