29 Aprile 2025
Finanza sostenibile, via libera al nuovo standard Ue per le Pmi green


Parlando di green, c’è uno strumento già attivo nei 27 Paesi Ue che in pochi conoscono e potrebbe davvero aiutare le imprese nella transizione energetica, e che, adesso, si arricchisce di una novità importante. Stiamo parlando della Piattaforma europea per la Finanza sostenibile, che ha appena lanciato un nuovo strumento pensato su misura per le piccole medie imprese: lo Standard per la Finanza sostenibile delle Pmi.

Il problema, infatti, è che la cosiddetta tassonomia Ue, cioè lo strumento attualmente in vigore per accedere alla finanza sostenibile, non è per nulla adatto alle Pmi, che, da un lato, non riescono a misurare correttamente le loro azioni green e, dall’altro, si vedono bloccato l’accesso ai finanziamenti legati ai criteri Esg.

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Cos’è il nuovo Standard per la Finanza sostenibile delle Pmi

Bruxelles ha appena lanciato lo Standard per la Finanza sostenibile delle Pmi. Il gruppo di esperti di finanza sostenibile della Commissione europea ha presentato, nel nuovo rapporto Streamlining Sustainable Finance for SMEs, un quadro semplificato e volontario che possa consentire a banche e altre istituzioni finanziarie di classificare i prestiti, o altri tipi di finanziamento, concessi alle Pmi come attività di finanza sostenibile.

Si tratta in pratica di un quadro semplificato che aiuta le piccole e medie imprese a raccontare in modo semplice e diretto quanto sono sostenibili, per accedere più facilmente ai finanziamenti “verdi”. Un modo concreto per superare tutti quegli ostacoli legati a burocrazie incomprensibili, prestiti troppo grandi o regolamenti Ue pensati per realtà ben più strutturate, come appunto il famoso, e troppo complesso, Regolamento Tassonomia Ue.

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Lo Standard è volontario, ma può diventare davvero uno strumento essenziale per le aziende. Non dimentichiamoci che le piccole e medie imprese sono fondamentali per la transizione ecologica in Europa.

Cos’è la Piattaforma Ue per la Finanza sostenibile

Ma facciamo un passo indietro solo per spiegare cos’è la Piattaforma Ue per la Finanza sostenibile. Creata nell’ottobre 2020 con mandato biennale, poi prorogata varie volte, ha l’obiettivo di far parlare tra loro attori pubblici e privati per raggiungere gli obiettivi del Regolamento Ue sulla Tassonomia, del Green Deal europeo e degli obiettivi climatici per il 2030 e il 2050.

La Piattaforma riunisce di fatto le migliori competenze in materia di sostenibilità provenienti dal settore pubblico e privato: privati ​​provenienti dai settori finanziario, non finanziario e imprenditoriale, Ong e società civile, mondo accademico e think tank, esperti vari, e ovviamente istituzioni pubbliche e internazionali.

In totale, può contare sulle competenze di 35 membri e 14 osservatori:

  • 28 membri selezionati tra oltre 200 candidature altamente qualificate a seguito di un bando pubblico, sulla base delle loro competenze in materia di ambiente e finanza sostenibile, puntando a un equilibrio geografico, di genere e di tipologia di stakeholder nella composizione della Piattaforma;
  • 7 membri di queste agenzie e organismi Ue – Agenzia europea dell’ambiente, Banca europea per gli investimenti, Fondo europeo per gli investimenti, le tre agenzie europee di vigilanza e Agenzia europea per i diritti fondamentali;
  • 14 osservatori invitati, di cui nove provenienti da istituzioni dell’Ue e organizzazioni internazionali e cinque dal settore privato.

I 28 membri selezionati e gli osservatori hanno un mandato di 2 anni.

Perché lo Standard è così importate per piccole medie imprese

Il nuovo strumento può essere davvero strategico per le piccole medie imprese. Giusto per dare qualche numero, si stima che le Pmi contribuiscano a oltre il 50% del Pil europeo e a oltre il 63% delle emissioni di CO2 e, più in generale, dei gas serra emessi da tutto il tessuto imprese nel suo complesso. Ovvio, quindi, che la transizione verso un’economia a zero emissioni, resiliente e sostenibile dipende in primis dalla capacità delle Pmi di accedere ai finanziamenti necessari per decarbonizzare, rendere più ecosostenibili le proprie attività e sviluppare prodotti e servizi davvero eco e bio.

Il problema fino ad oggi è stato che le piccole medie imprese fanno una fatica enorme ad accedere ai finanziamenti green: la maggior parte non a caso finanzia autonomamente i propri progetti di sostenibilità. Le ragioni di questo sistema macchinoso sono diverse: importi minimi dei prestiti troppo elevati, requisiti normativi praticamente inaccessibili, scarsa consapevolezza tra le imprese, mancanza di definizioni armonizzate per i prestiti verdi o sostenibili a livello Ue, scarsità di dati relativi alla sostenibilità comunicati dalle stesse aziende, compresi quelli relativi alla tassonomia.

E – paradosso – visto che questi requisiti e criteri sono percepiti come difficili da rispettare, la maggior parte delle aziende non utilizza volontariamente la tassonomia come quadro di riferimento per dimostrare la sostenibilità ambientale delle proprie attività. Dal momento che però questa sta diventando sempre più la norma in Europa per la classificazione e l’accesso ai finanziamenti verdi, è un problema gigantesco.

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Come funziona

Da qui la necessità di ripensare gli strumenti e creane uno nuovo. Lo Standard per la Finanza sostenibile delle Pmi copre sia i finanziamenti generici – quando il denaro non è destinato a un progetto preciso – sia quelli mirati – quando si finanzia uno specifico intervento di efficientamento energetico o di sviluppo sostenibile. In ogni caso, offre criteri chiari che tengono conto delle reali dimensioni e capacità delle Pmi.

L’obiettivo è fornire alle aziende un quadro di riferimento che le aiuti a dimostrare in modo semplice e immediato i propri sforzi di sostenibilità legati al clima e, di conseguenza, ad accedere più facilmente a finanziamenti green.

Lo Standard si concentra, in una prima fase, sugli obiettivi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici e distingue tra tre tipi di azioni:

  • attività sostenibili, se l’impresa già opera in settori considerati green o innovativi (ad esempio, energie rinnovabili o clean-tech), magari con brevetti o marchi ambientali;
  • modello di business, se l’impresa negli ultimi 5 anni ha migliorato i propri impatti, ad esempio riducendo emissioni di gas serra o consumo di energia;
  • investimenti green, se l’impresa ha avviato progetti per diventare più sostenibile, come l’efficientamento energetico degli stabilimenti o il passaggio a tecnologie elettriche.

Le banche o gli investitori possono usare lo Standard per valutare meglio le piccole medie imprese, puntando su chi ha un basso rischio climatico e rispetta alcuni criteri sociali e ambientali minimi.





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