«La sua privacy vale molto più di un like». Guida rapida per genitori troppo smaniosi di condividere la famiglia sui social

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Fenomeno sharenting, ossia l’ossessione di mamme e papà di pubblicare le foto dei figli (persino prima che nascano, con le ecografie), incuranti della loro privacy. Ma in questo modo si ipoteca il loro diritto futuro a decidere se e quanto di sé raccontare al mondo. Così Guido Scorza, componente del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali

Abbiamo dato degli “sciagurati” a milioni di genitori italiani. Chissà se ci perdoneranno mai. Ma, credo, ne valga la pena. Da genitori facciamo il lavoro più difficile del mondo da sempre ed è un compito che la rivoluzione tecnologica rende ogni giorno più complicato. E inesorabilmente sbagliamo.

Cos’è lo shareting?

Come nel caso dello sharenting: l’ossessione, come l’abbiamo chiamata nel video istituzionale appena lanciato in televisione e sui social, di molti di noi genitori di pubblicare sui social le foto dei nostri figli, sin da prima che nascano – perché si comincia con le ecografie!

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Generalmente lo facciamo per orgoglio, un sentimento nobile. È il modo in cui urliamo al mondo la nostra gioia per l’arrivo di un bambino o per i suoi traguardi: dal primo bagnetto, al primo compleanno, fino al primo giorno di scuola o la sua prima passeggiata.

Però non è giusto, anzi, è proprio sbagliato. Tanti naturalmente se la prenderanno per la perentorietà di questa affermazione e rivendicheranno – probabilmente a ragione nella dimensione strettamente giuridica – il diritto-dovere di disporre delle foto dei loro figli in autonomia.

Ma credo valga la pena – ed è la ragione che ci ha ispirati nella produzione e nel lancio del video – ricordare a tutti i genitori in ascolto che nel momento di quel fatidico clic con il quale rendono pubbliche le foto dei loro figli, in fondo non ci pensano che si tratta di un gesto semplice e istantaneo ma anche delle conseguenze importanti e imprevedibili.

I click dei genitori ricadono sui figli

Infatti da una parte quando scegliamo di condividere online una foto di nostro figlio, in qualche modo ipotechiamo il suo diritto futuro a decidere se e quanto di sé raccontare al mondo. La ragione è semplice: mentre ci vuole un istante a pubblicare una foto online, sfortunatamente una vita può non bastare per riaverla indietro e vederla scomparire dal web.

E se domani nostra figlia o nostro figlio non volesse che il primo giorno di liceo tutti i suoi compagni di classe debbano vederlo/a nudo/a mentre fa il primo bagnetto o spruzzare pastina sulle pareti di casa? Siamo certi che tocchi a noi decidere per lui o per lei?

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Non è solo privacy

Ma c’è dell’altro. Va considerato che l’innovazione tecnologica galoppa e grazie a intelligenza artificiale e biometria quella foto pubblicata online quando nostro figlio è un bambino potrebbe consentirne l’identificazione quando da grande preferirebbe non essere esposto per le ragioni più disparate a questa eventualità. Scelta legittima che toccherebbe a noi, da genitori, proteggere e garantire non rendendola impossibile.

shareting
“La sua privacy vale più di un like” è il claim della nuova campagna di comunicazione istituzionale lanciata dal Garante Privacy contro il cosiddetto “sharenting”. Lo spot è in onda sulle reti radio tv della Rai e sui social dell’Autorità

Ma c’è di più. Le foto che pubblichiamo online spesso raccontano tantissimo dei nostri figli, decisamente troppo: dove vivono, dove vanno a scuola, dove giocano a pallone, chi frequentano. Così facendo vengono esposti inevitabilmente a rischi enormi anche nella dimensione fisica, rendendoli raggiungibili da ogni genere di portatore insano di istinti animali che non dovrebbero albergare nell’umanità, ma che purtroppo vi sono.

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AI e pedopornografia

E, a prescindere dall’universo fisico, anche nel mondo digitale è ormai scientificamente provato che una percentuale enorme dei contenuti pedopornografici prodotti ogni anno in tutto il mondo è realizzata proprio prendendo i volti dei nostri figli dalle foto che noi postiamo online per poi incollarli grazie a servizi di intelligenza artificiale ormai facilissimi da usare su corpi impegnati in ogni genere di attività sessuale.

Credo che nessuno di noi pensi a questo genere di scenari quando pubblica una foto di suo figlio online perché, altrimenti – ne sono certo – non lo farebbe mai. Eppure tutto questo accade e non possiamo permetterci il lusso che accada a nostro figlio o a qualcuno a noi vicino prima di cambiare abitudini. Difendere i nostri figli anche nella dimensione digitale sta a noi. Ed è paradossale che siamo proprio noi per superficialità e leggerezza, seppur mossi dai migliori propositi, a esporli a rischi così elevati. Come diciamo nello spot, la privacy dei nostri figli vale molto di più di un like. Ma per la verità vale molto di più anche di tutti i like del mondo.

Cari colleghi genitori, perdonate la durezza di alcuni passaggi, guardate il video e postatelo al posto delle foto dei vostri figli.

Come sempre se volete saperne di più su quello che è accaduto in settimana in giro per il mondo su dati, privacy e dintorni, potete leggere qui le notizie quotidiane di PrivacyDaily o iscrivervi alla newsletter di #cosedagarante.





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