Scoperte due nuove specie botaniche nel Parco di Porto Conte. I ricercatori del Dipartimento di Scienze Chimiche, Fisiche, Matematiche e Naturali dell’Università di Sassari impegnati nel gruppo di ricerca sulle infrastrutture verdi coordinato dal prof. Emmanuele Farris, nell’ambito dello Spoke 09 Patrimonio Ambientale del progetto PNRR e.INS (Ecosystem of Innovation for Next Generation Sardegna), hanno individuato nelle scorse settimane due specie erbacee bulbose a fioritura autunnale, molto rare.
Per la prima, Urginea fugax, rinvenuta a fine settembre, si tratta in realtà di un ritrovamento dopo oltre 20 anni, in quanto questa specie era stata segnalata in passato dalla compianta botanica algherese Franca Valsecchi, nella zona di confine del territorio comunale di Alghero con quello di Sassari presso la strada statale 291 della Nurra e lì cercata invano per anni. Inaspettatamente, i botanici hanno individuato una popolazione di media grandezza (150-200 individui) nella zona di Cala Dragunara all’interno del Parco Regionale di Porto Conte.
La seconda specie appartiene al genere Colchicum (da cui si ricava la colchicina) ed è stata rinvenuta a ottobre con una piccola popolazione (30-50 piante) nell’area di Marina di Lioneddu, sempre all’interno del Parco: è la prima volta che viene individuata una popolazione di questo genere botanico nell’area algherese, e si sta cercando di determinare la specie.
«Questi ritrovamenti, oltre a rafforzare e confermare il valore di serbatoi della biodiversità delle aree protette, ci ricordano quanto sia fondamentale investire risorse nei monitoraggi, perché solo ricerche minuziose, adeguatamente pianificate e finanziate, possono consentire di individuare piante di piccole dimensioni, che fioriscono per periodi limitati e vivono su superfici ristrette, ma hanno un enorme valore biogeografico, come le due qui presentate», ha detto Alfredo Maccioni, ricercatore PNRR coautore dei rinvenimenti. «È necessario pertanto che questi livelli di biodiversità a scale piccole e piccolissime siano inglobati nel piano di gestione di cui speriamo il Parco si doti quanto prima, prevedendo una rete di Plant Microreserves, ampie da qualche centinaio a qualche migliaio di metri quadrati, a gestione orientata per la miglior conservazione di queste piccole popolazioni», ha aggiunto Emmanuele Farris.
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