Bulgaria, il governo della coalizione impossibile / Bulgaria / aree / Home

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Rosen Zhelyazkov –  © Tsvetomir_Petrov/Shutterstock

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Rosen Zhelyazkov del movimento GERB è il nuovo premier bulgaro. La fiducia al suo esecutivo, retto da una coalizione eterogenea, mette fine almeno per il momento alla lunga crisi politica in Bulgaria, ma anche la parola fine ai tentativi di marginalizzare l’ex premier Boyko Borisov

Quattro anni fa, nel gennaio 2021, sembrava essere arrivata a compimento la crisi definitiva dell’allora premier Boyko Borisov e del suo movimento GERB. Mesi e mesi di proteste di piazza, con il premier accusato di corruzione e gestione familista del potere, avevano spinto il presidente Rumen Radev a convocare elezioni anticipate per l’aprile dello stesso anno, mettendo fine a prima vista ad un decennio di dominio politico da parte del leader di GERB.

Come a chiudere un ciclo, dopo aver ricevuto il mandato dallo stesso Radev, lo scorso 16 gennaio GERB è tornato al governo, grazie alla “coalizione impossibile” raccolta dal nuovo premier Rosen Zhelyazkov, importante quadro del partito, già ministro e presidente del parlamento.

La nuova alleanza di governo vede insieme a GERB il Partito socialista bulgaro (BSP) e il movimento “C’è un popolo così” (ITN) entrambi a lungo feroci critici di Borisov e del suo partito. La coalizione gode dell’appoggio esterno di una delle due fazioni in cui si è spaccato il Movimento per i Diritti e le Libertà (DPS), quella guidata dal leader storico Ahmed Dogan: un supporto che ha reso possibile raccogliere in parlamento i 125 voti (su 240) sufficienti a votare la fiducia a Zhelyazkov.

Il nuovo esecutivo è nato dopo mesi di trattative seguite alle elezioni anticipate dell’ottobre 2024, vinte in modo convincente da GERB. Nel processo, il partito di Borisov ha flirtato con varie opzioni, tra cui quella di una nuova coalizione con il principale partito di opposizione liberale, “Continuiamo il cambiamento” (PP), con cui ha già governato in passato nonostante il PP sia nato con l’obiettivo esplicito di escludere Borisov dal potere.

I negoziati in quella direzione di sono però presto arenati, a causa del rifiuto di GERB di sottoscrive un “cordone sanitario” che mettesse il governo al riparo dall’influenza dell’oligarca Delyan Peevski, oggi leader dell’altra fazione del DPS (DPS – Nuovo inizio), sanzionato dagli USA e di gran lunga il politico più controverso in Bulgaria.

“Arte del possibile”

Con la composizione della nuova maggioranza, definita dal premier Zhelyazkov come “arte del possibile”, e la fiducia ottenuta in parlamento, nasce così un esecutivo di chiaro carattere politico, dopo una lunga serie di governi tecnici, inframezzati da crisi politiche e infinite tornate elettorali (ben sette negli ultimi quattro anni).

Nell’esecutivo è GERB a fare la parte del leone, con il premier e 11 ministri (su 19 totali). Quattro ministri invece a testa per il BSP e ITN. Nelle sue dichiarazioni iniziali, Zhelyazkov ha delineato le priorità del suo governo. La prima è quella di completare la piena integrazione del paese nelle strutture profonde dell’Unione europea, con l’adozione della moneta unica in tempi rapidi.

Con il rallentamento registrato dell’inflazione euro, negli scenari più ottimisti viene visto come un obiettivo possibile già a partire dal 2026. Per entrare nella moneta unica, vista non solo come uno strumento economico, ma come un’ancora politica al nucleo duro dell’UE in tempi geopolitici tempestosi, non basta rispettare i criteri formali, ma c’è bisogno di un supporto unanime dei paesi dell’Eurozona.

Da questo punto di vista, sembra di buon auspicio il recente ingresso a pieno titolo della Bulgaria nell’area Schengen, arrivato a inizio 2025 insieme alla vicina Romania dopo una lunga e tortuosa attesa.

Altre priorità elencate sono un’accelerazione dell’implementazione del Piano di Ripresa e Resilienza e le immancabili promesse di politiche anti-corruzione e riforma del settore giudiziario. Come evidenti concessioni agli elettorati dei partner di governo, Zhelyaskov ha inserito tra le politiche da perseguire anche il “rafforzamento dello stato sociale” (chiesto dal  BSP) e una più agile legislatura in tema di referendum (tema caro ad ITN).

Una breve ma intensa analisi del portale “Klub Z” elenca alcuni dei pregi e difetti più evidenti del nuovo esecutivo. Tra i pregi, quello di aver messo fine alla crisi politica, la possibilità di sbloccare processi istituzionali troppo a lungo in un vicolo cieco e la figura del premier, che si porta dietro fama di persona competente ed aperta al dialogo.

Tra i difetti, c’è l’ombra lunga di Delyan Peevski, la cui influenza sul nuovo esecutivo emerge da alcune delle nomine ministeriali, la natura dell’accordo politico, che potrebbe portare presto ad una lottizzazione di risorse e istituzioni e la profonda inconsistenza ideologica dei partner di governo, foriera di possibili e forse inevitabili spaccature sui temi di politica interna ed internazionale.

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Un primo dissenso è emerso già nei primi giorni del nuovo governo, dopo che il ministro della Difesa, Atanas Zapryanov, ha annunciato la volontà di proseguire col supporto militare all’Ucraina nella guerra contro l’aggressione russa. Kristian Vigenin, vice-presidente del BSP – partito tradizionalmente vicino a Mosca – non ha tardato ad esprimere la contrarietà del partito ad inviare altre armi a Kyiv, per poi chiosare “la maggioranza non dovrebbe essere messa a rischio così, ai suoi primi passi”.

Fine di un ciclo

Il quotidiano “Sega”, con un commento salace quanto puntuale, prova a far emergere il significato politico più profondo della nascita del governo Zhelyazkov. Con il voto di giovedì scorso, si chiude il “ciclo di (tentata) demolizione politica di Borisov e di GERB”, che sono riusciti a sopravvivere a quattro anni di tempesta, e risorgono oggi come un’araba fenice.

I vari movimenti nati per sbalzare di sella Borisov, oggi si sono rassegnati al massimo a condividere con GERB parte del potere, giustificando con mille giravolte retoriche alleanze politiche dichiarate solennemente impossibili. Anche Peevski e Dogan, al centro delle contestazioni degli anni passati come simboli viventi di un sistema corrotto, restano in sella, chi al governo, chi nelle stanze segrete dei bottoni.

Nel passato, chi ha stretto alleanze con GERB, ne è stato lentamente stritolato: questo è il rischio che corrono BSP e ITN. “Continuiamo il cambiamento” potrebbe approfittare di una posizione di chiara opposizione, senza compromessi, ma è oggi un movimento diviso e schiacciato dalle tante promesse di portare il nuovo, mai realizzate.

Ad approfittare della situazione, conclude il quotidiano, anche visti i venti della politica internazionale, potrebbero essere i movimenti della destra nazionalista, primo fra tutti “Rinascimento” arrivato terzo alle elezioni dell’ottobre 2024. 

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