Riforma della giustizia, incrocio di profili politici e corporativi

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Il disegno di legge sulla riforma della giustizia, giĆ  approvato, in prima lettura, dalla Camera dei Deputati tocca argomenti datati sia sulla separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti che sul metodo di elezione del Consiglio Superiore della Magistratura.

Sui media ha fatto piĆ¹ notizia la separazione rispetto al metodo di formazione a sorteggio del CSM, ed alla istituzione di unā€™Alta Corte disciplinare. Sullo sfondo delle contestazioni elevate dal Sindacato delle toghe, ANM, che ha deliberato manifestazioni di protesta in occasione dellā€™inaugurazione dellā€™anno giudiziario (25 gennaio) ed indetto scioperi a partire dal 27 febbraio, si intravedono temi giĆ  affrontasti sia in sede accademica che in confronti/scontri di potere tra il mondo della politica e lā€™ordine giudiziario.

La relativa dialettica ĆØ esplosa, in maniera eclatante, con le inchieste di ā€œtangentopoliā€ che hanno cancellato nomenclatura e partiti della cosiddetta prima Repubblica. Depotenziato il primato della politica, i successivi equilibri hanno dato luogo ad indirizzi che ā€œdi fatto hanno delegato impropriamente al Pm una funzione di selezione della classificate dirigente politicaā€. Il virgolettato ĆØ contenuto in una pubblicazione di Pietro Folena, responsabile giustizia e sicurezza del PdS, edita nel 1996. Sulle stesse pagine, lā€™allora componente della Direzione nazionale del partito, sollevava la questione della percezione degli avvisi di garanzia e la carcerazione preventiva come una ā€œpresunzione di non innocenzaā€ in voga in alcune Procure, le cui iniziative, con il favore del potere mediatico, hanno innescato nei sentimenti dellā€™opinione pubblica un clima di ā€œcrucifigeā€ o ā€œosannaā€, a prescindere della colpevolezza (ancora da provare) del personaggio politico o amministratore inquisiti.

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La sovraesposizione o il protagonismo di Pm e la cronaca di casi di giurisprudenza creativa o spettacolare hanno contribuito, oggettivamente, a sbilanciare gli equilibri con le istituzioni politiche. Da circa trentā€™anni si incrociano cronache di crisi, per mano giudiziaria, di governi di istituzioni nazionali e locali, ed anche di designazioni di dirigenti di Procure e Tribunali e della componente togata del CSM, secondo logiche di correnti politicamente orientate e contrattate secondo criteri di appartenenze sindacali. Ne fornisce uno spaccato, con rivelazioni di metodi e nomi e cognomi, Palamara, magistrato che ha fatto parte dellā€™ASN, ora radiato dallā€™ordine giudiziario. Il ddl in discussione non scalfisce il principio di autonomia e di indipendenza dellā€™ordine giudiziario ā€œda ogni altro potereā€ (art. 104 cost.) e paventare che il Pm, che ha ā€œlā€™obbligo di esercitare lā€™azione penaleā€ (art. 112), separato dai giudicanti possa divenire strumento dellā€™Esecutivo non sembra una ā€œdeminutioā€ pertinente per attivare manifestazioni di protesta: evento ultroneo, non attuale, possibile per volontĆ  del singolo.

Favorevole alla separazione delle carriere era Giovanni Falcone, lo ĆØ stato, e lo dichiara tuttora Antonio Di Pietro, entrambi mal sopportati dagli establishment giudiziari, hanno indagato liberamente, sfidandone le reazioni, sui malaffari di figure della politica e di altri poteri forti. Esempi di libero pensiero di menti sgombre da ideologie e pregiudizi. Ora, lā€™enfasi sul rischio della separazione delle carriere per supportare, di fronte allā€™opinione pubblica, uno sciopero di un ramo delle istituzioni dello Stato dĆ  lā€™impressione di una sorta di copertura di rivendicazioni corporative oggettivamente motivabili rispetto agli altri due aspetti dei contenuti nel citato ddl di riforma.

Si tratta, in primis, del sorteggio dei membri togati del CSM che stronca giochi e poteri delle correnti e poi lā€™istituzione dellā€™Alta Corte disciplinare vista, impropriamente, come un vulnus allā€™autonomo convincimento del magistrato nellā€™esercitare le proprie funzioni. Le manifestazioni di dissenso programmate in occasione dellā€™inaugurazione dellā€™anno giudiziario ripetono lo stesso rituale riservato per il rappresentante di un Governo di destra-centro o centrodestra, che dir si voglia, presieduto da Silvio Berlusconi: lā€™uscita dallā€™aula o il girare le spalle quando prenderĆ  la parola il Ministro della Giustizia o altro rappresentante del Governo, oggi in carica, non appartengono al galateo delle relazioni fra istituzioni del medesimo Stato e non sono neanche atti eversivi, vanno presi o apprezzati come comportamenti di una simil goliardataĀ  togata esibita con coccarda tricolore e copia della Costituzione in pugno.

Senza offesa per le toghe.

Absit iniuria verbis.



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