L’undicesimo pacchetto di aiuti militari all’Ucraina, annunciato dal ministro della Difesa Guido Crosetto, rappresenta l’ennesimo passo irresponsabile di un governo che sembra più interessato a soddisfare gli interessi dell’industria bellica che a tutelare la sicurezza nazionale e rispettare la Costituzione italiana.
A ciò si aggiungono le recenti dichiarazioni del ministro, che non esclude la possibilità di inviare truppe italiane in Ucraina con il pretesto di un’operazione di peacekeeping.
“Sarebbe utile mandare ufficiali e persone a capire cosa è successo, come si è combattuto, quali sono state le lezioni che possono apprendere le nostre forze armate per imparare da ciò che è successo li e per prevenire, perché il compito della difesa è difendere. Se fosse possibile farlo in sicurezza e dopo l’autorizzazione parlamentare penso sarebbe utilissimo per la nostra difesa.
Queste le irresponsabili parole dell’ex rappresentante di armi ora alla guida del Ministro della Difesa, Guido Crosetto, pronunciate parlando dell’Ucraina a margine della cerimonia di assunzione dell’incarico del nuovo comandante del Covi, il generale Giovanni Maria Iannucci.
Accenni, ammiccamenti e mezze frasi ambigue su un eventuale invio di truppe italiane in Ucraina creano un prospettiva inquietante che non solo aggrava la crisi in corso, ma rischia di trascinare l’Italia in un conflitto diretto con la Russia, con conseguenze devastanti per il nostro Paese.
Le parole del ministro Crosetto generano molti dubbi sull’intenzione del governo Meloni di allinearsi a Francia, Gran Bretagna e Polonia, i Paesi europei maggiormente coinvolti nella guerra per procura NATO contro la Russia.
Dietro queste furbesche dichiarazioni (che servono per testare il terreno presso l’opinione pubblica italiana) si cela una strategia interventista che potrebbe portare all’invio di contingenti militari sotto la maschera di una missione di “peacekeeping”. Una mossa che, lungi dal favorire una soluzione pacifica, rappresenta una chiara dichiarazione di guerra alla Russia.
Il presunto piano di pace occidentale, che dovrebbe includere un cessate il fuoco e l’invio di truppe europee, appare del tutto irrealizzabile. Il presidente russo Vladimir Putin ha ribadito che non accetterà mai una tregua finalizzata al riarmo e al raggruppamento delle forze ucraine, il tutto protetto dalla presenza militare di Paesi europei coinvolti nel conflitto e ostili alla Russia. Al contrario Putin richiede una pace duratura basata sul rispetto degli interessi legittimi di tutte le parti coinvolte. Continuare a inviare armi e prospettare missioni militari in Ucraina significa sabotare ogni possibilità di negoziato.
Il coinvolgimento diretto del ministro Crosetto nell’industria bellica solleva interrogativi sul vero obiettivo di queste politiche. Crosetto, ex presidente della Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD), rappresenta un evidente conflitto di interessi. Anche se i media e il mondo politico italiano cerca di ignorarlo per timore o convenienza, il conflitto di interessi rimane.
Le sue decisioni sembrano più orientate a favorire i profitti stratosferici delle industrie belliche italiane e statunitensi (con cui lui è stato collaboratore in un recentissimo passato), che non a promuovere la sicurezza e il benessere della popolazione italiana. Questo palese intreccio di interessi economici e politici mina la credibilità delle istituzioni e viola i principi sanciti dalla legge 185/90, che vieta l’esportazione di armi verso Paesi coinvolti in conflitti armati.
Non è certo un caso che l’Italia abbia intensificato le forniture militari a Kiev proprio mentre l’industria bellica registra guadagni senza precedenti. Il governo Meloni, con il sostegno indiretto del Partito Democratico, ha trasformato l’Italia in un attore chiave nella vendita di armi, ignorando le crescenti richieste di pace provenienti dalla società civile.
Il Partito Democratico, che dovrebbe rappresentare l’opposizione, si è invece allineato a questa politica bellica, ostacolando ogni tentativo di promuovere un dibattito pubblico sulla necessità di una soluzione pacifica.
Manifestazioni pacifiste e iniziative indipendenti vengono sistematicamente boicottate, mentre si tenta di censurare le voci critiche attraverso interferenze e pressione politiche di parlamentari ed europarlamentari PD fanaticamente determinati a imporre a tutti una narrazione unilaterale allineata agli interessi della NATO. Questa forma di censura, sebbene meno violenta rispetto a quella del Ventennio fascista, rappresenta una grave minaccia alla libertà di informazione e al pluralismo democratico. L’appoggio del PD non è di natura ideologica ma di natura pratica avendo anch’esso forti intrecci con i mercati della morte italiani e americani.
Le scelte del governo Meloni e del ministro Crosetto favorite dall’apposito del PD, non solo mettono a rischio la credibilità internazionale dell’Italia, ma espongono il nostro Paese a gravi pericoli. L’escalation militare in Ucraina potrebbe trascinare l’Italia in un conflitto diretto contro la Russia, una potenza nucleare con capacità belliche incomparabili rispetto alle nostre.
Né l’esercito italiano né l’industria bellica nazionale sarebbero in grado di sostenere una guerra di questa portata, come Crosetto sa bene. Le azioni provocatorie di Francia, Gran Bretagna e Polonia rischiano di isolare l’Italia all’interno della stessa NATO, dove molti Stati membri più responsabili verso i loro Paesi e le loro popolazioni, si oppongono a un coinvolgimento diretto nella guerra.
Inoltre, Crosetto non ha chiarito quali promesse siano state fatte a Volodymyr Zelensky e al primo ministro britannico Keir Starmer durante la recente visita congiunta a Kiev. Questo silenzio alimenta il sospetto che l’Italia stia assumendo impegni che vanno ben oltre il mandato parlamentare, in spregio alla trasparenza e alla democrazia.
L’unica soluzione ragionevole per l’Italia è abbandonare questa politica di sostegno bellico dettata da ambiguità tra il mondo politico e quello imprenditoriale. Occorre promuovere un approccio diplomatico coerente con i principi della Costituzione, della legge 185/90 e della salvaguardia dell’Italia e del Popolo italiano.
Il governo dovrebbe interrompere immediatamente l’invio di armi all’Ucraina, favorendo invece una mediazione tra le parti in conflitto.
Ritirare qualsiasi proposta di invio di truppe italiane, sia sotto forma di missioni di “peacekeeping” sia con altri pretesti.
Promuovere non un cessate il fuoco ma negoziati sostenuti da tregue al fine di garantire gli interessi di tutte le parti, inclusa la Russia, per giungere a una pace duratura.
Occorre anche investire in iniziative umanitarie per sostenere le popolazioni colpite dalla guerra, piuttosto che alimentare ulteriormente il conflitto.
Tuttavia l’azione più importante e obbligatoria e il rafforzamento della diplomazia multilaterale, collaborando con Paesi non allineati per costruire un consenso internazionale attorno a una soluzione pacifica.
Il prolungamento del conflitto in Ucraina non giova all’Italia, alla UE e agli ucraini. Giova solo agli Stati Uniti, alla Russia e ai vari mercanti di morte.
Le scelte del ministro Crosetto, del governo Meloni e la vergognosa omertà del PD rischiano di trascinare il nostro Paese in una guerra inutile e disastrosa, mettendo a repentaglio la sicurezza e il benessere della popolazione italiana. È tempo che la popolazione indirizzi il governo nel adottare una politica di pace, rispettosa della Costituzione e della volontà del popolo, prima che sia troppo tardi.
Aurelio Tarquini
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