EDITORIALE / Dal cross alla strada, un 2025 di sfide pazzesche

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La televisione aiuta, ma non può sostituire l’ebrezza di vederli dal bordo della strada. Lo sanno bene gli appassionati di cross nei Paesi del Nord, che hanno la fortuna di assistere a giorni alterni a sfide esaltanti e rumorose, protagonisti a loro volta dell’esaltazione e del rumore. Lo sanno bene coloro che riescono a raggiungere le tappe dei Giri o il passaggio delle classiche e che magari subito prima li hanno attesi alla partenza, chiedendo una foto e sperimentandone l’umanità. Non lo sa il pubblico da casa, quello selezionato dalle dirette integrali.

La televisione aiuta, ma toglie le voci. Sono come motociclisti privi di battito cardiaco, beniamini o bersagli a seconda dei casi. Il commento dei telecronisti in certi casi è prevaricante, riempie ogni vuoto con osservazioni e battute che rendono la gara uno sfondo variopinto e muto. Potrebbe essere utile a volte abbassarlo e aprire i microfoni delle moto sulla strada per far respirare un po’ di quell’atmosfera che la geografia, i costi, il lavoro o la pigrizia rendono irraggiungibili. Forse il troppo annoia, non le imprese dei più forti. E il protagonismo da valorizzare è quello degli atleti e non di chi li racconta.

Coppa del mondo 2023 a Gavere, sul podio i tre giganti del cross: oggi c’è solo VdP
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Senza Van Aert e Pidcock

Il 2024 va in archivio e lo fa nuovamente nel segno di un dominatore. Van der Poel infatti ha ricominciato a macinare vittorie nel cross e questa volta il predominio è più netto del solito. Cinque vittorie su cinque gare, dal debutto a Zonhoven alla Coppa del mondo di ieri a Besancon. L’assenza di Pidcock e di Van Aert, ciascuno per motivi diversi, rende i suoi assoli meno coinvolgenti? Forse per questo, diversamente da quanto ha fatto nelle prime due esibizioni, il vantaggio con cui Mathieu ha regolato gli inseguitori è sempre rimasto al di sotto dei 30 secondi.

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Bart Wellens, che commenta il cross sulle pagine di Het Nieuwsblad, lo spiega con una condizione non ancora eccezionale. L’alternativa è che l’olandese faccia il minimo indispensabile per portare a casa vittorie e ingaggi. A Besancon, classico percorso molto tecnico, Mathieu ha pensato soprattutto a non commettere errori: la battuta che circolava attorno al campo gara è che l’unico che avrebbe potuto seguirlo fosse probabilmente il drone della diretta televisiva.

«Se ci fosse stato al via anche Van Aert – ha commentato il padre Adrie – ci sarebbero stati tremila spettatori in più. La gente in Francia vuole vedere anche nel cross i campioni che hanno vinto tappe al Tour de France. In quel caso sei tenuto in grande considerazione e ti considerano una sorta di divinità del ciclismo».

Per il 2025 Van Aert punta alle grandi classiche: le tappe fanno numero ma pesano meno
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Il duello (per ora) mancato

Ha fatto notizia per motivazioni totalmente differenti anche il ritorno in gara di Wout Van Aert a Loenhout. Per la prima volta da anni, il belga ha corso senza alcun tipo di pressione: ha dato la sensazione di essere tornato in gruppo per divertirsi e provare sensazioni che gli mancavano da tanto. Sarebbe anche arrivato sul podio se il contatto con uno spettatore non lo avesse fatto cadere. Nel cross può succedere anche questo.

Van Aert si è disinteressato del duello con il nemico di sempre (il quale tuttavia non ha lesinato sguardi torvi), consapevole di partire dalla base di un infortunio. A margine di ciò, osservare su Strava la mole di lavoro cui si sta sottoponendo, fa pensare che i suoi obiettivi siano più avanti e che Wout voglia arrivarci nel modo migliore. Forse evitare il confronto nel cross sapendo di essere in inferiorità è il modo migliore per non cominciare la stagione con il solito condizionamento psicologico. Eppure nel suo lottare anche contro l’evidenza abbiamo più volte riconosciuto una nobiltà sportiva fuori dal comune.

Il Tour del 2023, con Vingengaard vincitore, ebbe al via Pogacar reduce da infortunio
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La buona stella

Il 2024 va in archivio nel segno dei dominatori e nei commenti sui social pieni della parola “noia”. Perché è noioso assistere alle grandi performance di Van der Poel, come quelle di Pogacar? Perché essere fuoriclasse è improvvisamente una colpa e non una benedizione? Forse la spiegazione di un così marcato predominio deve essere ricercata nell’assenza di rivali credibili. Sono talmente pochi, che se uno o due mancano, lo spettacolo ne risente. Come mandare un peso medio sul ring contro il campione dei massimi.

Quello che bisogna augurarsi per il 2025 è che le grandi sfide abbiano al via tutti i migliori attori. Con Van der Poel, Van Aert, Ganna, Alaphilippe, Milan, Philipsen, Pedersen, Mohoric, Pogacar ed Evenepoel nelle classiche. E poi Pogacar, Vingegaard, Roglic, Evenepoel, O’Connor e Tiberi nelle corse a tappe. A quel punto magari vinceranno sempre gli stessi, però il compito risulterà meno agevole. Il ciclismo si è sempre nutrito di grandi rivalità. Per questo la coppia Van Aert-Van der Poel funziona così bene. E per questo abbiamo tutti sentito la mancanza di Vingegaard nell’ultimo Tour.

Il nostro augurio per la stagione è che una buona stella porti i campioni più forti al via delle gare più belle. Che muova folle di appassionati sulle strade. Che faccia loro riscoprire l’umanità degli atleti. E ispiri a tutti noi che gli lavoriamo accanto un racconto migliore fatto dai campi di gara. I corridori se lo meritano. Sulla strada a fare fatica ci sono soprattutto loro.





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