Anno giudiziario, lo scollamento tra la separazione delle carriere e i problemi quotidiani

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«Toccare l’ordine giudiziario significa toccare uno dei tre poteri dello Stato, modificare l’assetto costituzionale della giurisdizione è un danno per i cittadini nell’interesse dei quali noi cerchiamo di ottenere attenzione». Lo ha affermato Paola Cervo, componente del Comitato direttivo centrale dell’Anm, all’esterno di Castel Capuano, a Napoli, in attesa dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario del distretto, dove i magistrati hanno protestato in silenzio contro la riforma in discussione, indossando le toghe nere del lavoro quotidiano e portando in mano la Costituzione e un cartello con le parole di Piero Calamandrei, avvocato, padre costituente, nel 1955 nel salone degli Affreschi della Società Umanitaria a Firenze il 26 gennaio 1955 in occasione dell’inaugurazione di un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione italiana organizzato da un gruppo di studenti universitari e medi. L’obiettivo è attirare l’attenzione dei cittadini, far capire che la separazione delle carriere non è un affare corporativo tra avvocati e magistrati, tra politica e magistratura, ma li riguarda come utenti del sistema giustizia.

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«La riforma viene veicolata con slogan – ha aggiunto – ci si limita a parlare della separazione delle carriere e si distoglie lo sguardo dal fatto che la separazione delle carriere non risolverà nessuno dei problemi che sperimentiamo quotidianamente in aula. Si dimentica inoltre di parlare di cosa accadrà al Csm che viene sdoppiato, ci si dimentica di dire che la politica assumerà il potere di decidere i nostri procedimenti disciplinari con una rottura frontale della separazione dei poteri e non è quello che i costituenti ci hanno consegnato».

Seguendo questo stesso percorso logico a partire da Napoli dove ha parlato il ministro Carlo Nordio in persona, per passare agli altri 25 distretti italiani, i magistrati sono sfilati via in silenzio, quando ha iniziato a parlare il rappresentante designato del ministero della Giustizia presente nelle celebrazioni di ciascuna sede. Il senso del gesto lo spiega ancora all’Ansa Cervo: «Sotto l’ombrello della Costituzione e con la Costituzione in mano oggi noi protestiamo. Usciamo dalla sala perché siamo stati disponibili ad ogni possibile occasione di confronto, tavolo tecnico e iniziativa ma non siamo mai stati ascoltati per una scelta legittima politica che però mette a repentaglio l’ordine costituzionale dei poteri dello Stato».

Rimbalzando tra le Corti d’Appello italiane, ognuna delle quali ha declinato a proprio modo aderendovi la protesta incoraggiata dall’Anm, Costituzione alla mano e toga nera sulle spalle, quello che più si percepisce è lo scollamento tra la riforma della separazione delle carriere, fortemente voluta dalla maggioranza di Governo, che nessuno neppure chi la caldeggia sostiene possa migliorare efficacia ed efficienza della giustizia, e le difficoltà quotidiane di una realtà farraginosa, che patisce come già ricordava ieri la prima presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano, il continuo stratificarsi di norme che si susseguono senza pace e che da un lato impediscono al diritto di trovare una certezza e una stabilità, rischiando di presentarlo al cittadino come il regno dell’incertezza e del possibile, dall’altro vedono al giustizia arrancare dietro il turn over soprattutto nelle funzioni amministrative, nelle quali le assunzioni non riescono a coprire i pensionamenti, rendendo eterno il buco di organico.

Da Milano a Napoli, a Genova, si ricorda la precarietà dell’ufficio del processo, di recente istituzione: giovani che spesso una volta formati lasciano attratti da altri settori della Pa che offrono, rispetto al ministero della Giustizia, migliori retribuzioni e maggiore stabilità. Salta all’occhio, in particolare, in termini di scoperture il dato del 72% relativo a giudici di pace del distretto di Napoli, a fronte di una riforma che ha affidato loro di recente la competenza per cause fino a 50.000 euro. Un problema analogo, crea lo spostamento delle competenze sui migranti dalle sezioni specializzate dei tribunali alle Corti d’Appello già in difficoltà sull’arretrato.

Pressoché costante, un po’ ovunque, il riferimento alle difficoltà generate dall’entrata in vigore repentina e poco preparata dell’applicazione per il processo penale telematico, gravata da problemi che non paiono di facile soluzione immediata, e che ha costretto in molti distretti i presidenti di Tribunale a dilazionarne di tre mesi l’entrata in vigore, nella speranza che le criticità, che possono alla distanza impattare su norme procedurali e mandare all’aria processi in corso, siano appianate. Lo esprime senza giri di parole la presidente della Corte d’Appello di Genova Maria Teresa Bonavia: «Si è varato e letteralmente mandato allo sbaraglio un sistema informatico difettoso e inadatto, contro cui rischia di sfracellarsi il processo penale».

Da Milano a Napoli ricorre il tema della crescita dei reati violenti da parte dei minorenni e della drammatica situzione delle carceri minorili, in Campania con tassi di sovraffollamento che portano anche al 100%.

Di fronte a questo scollamento, tra problemi reali e una riforma percepita come non utile a risolverli, riecheggia la domanda retorica di Presidente della Corte d’Appello di Palermo Matteo Frasca: «è naturale quindi chiedersi se stia realmente a cuore a tutti una giustizia efficiente ed efficace nell’interesse dei cittadini e non delle contingenti e variabili maggioranze politiche di turno, amministrata da una magistratura realmente indipendente». 

Gli fa quasi eco da Milano il presidente della Corte d’Appello Giuseppe Ondei, che dopo aver sottolineato come l’indipendenza e l’autonomia della magistratura siano «cardini» per la tenuta della democrazia «dai quali non è immaginabile sperarasi proprio a tutela della libertà di ciascuno», aggiunge: «teniamocela cara questa giustizia resa da uomini indipendenti secondo un percorso cognitivo disegnato dalla legge perchè le alternative sono drammaticamente peggiori».

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E ancora: «L’altra faccia dell’indipendenza della giurisdizione è l’imparzialità del magistrato: quest’ultima oggi viene intesa in modo distorto come fondata sull’esclusivo parametro del gradimento dell’atto emesso». Invece «significa» che non si «deve avere alcun interesse proprio in causa».«a tutti coloro che in modo indiscriminato e generico gettano fango sull’intero ordine giudiziario dico, parafrasando Bertold Brecht, che è proprio sventurata quella Nazione i cui magistrati non godono della fiducia dei cittadini».

Il ministro Carlo Nordio a Napoli ha deposto i toni aggressivi dei giorni scorti provando a convincere delle intenzioni di salvaguardare ad ogni costo l’indipendenza del Pm: «Not in my name» ha detto intervenendo a Napoli a proposito della preoccupazione che ricorre ovunque che la separazione delle carriere sia l’anticamera alla soggezione del Pm all’esecutivo: «Non avverrà mai – ha ribadito intervenendo all’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte di Appello di Napoli – non con questa riforma costituzionale, poi il futuro è nel grembo di Giove».

Ma pesano eccome ancora i toni aggressivi usati in Senato nei giorni scorsi che tornano sottolineati in tante corti d’Appello, tra le quali spicca l’appello del Procuratore Generale di Bari Leonardo De Castris: «Signor ministro», ha detto il procuratore generale di Bari «lei ha dichiarato in un’occasione solenne che alcuni pm ‘clonerebberò i fascicoli processuali e le indagini, per sfuggire alla decorrenza dei termini, e produrrebbero indagini occulte’. Io rappresento il vertice della magistratura requirente in questo distretto: i comportamenti che lei ha rappresentato costituiscono un reato. Se non più l’abuso d’ufficio, che non c’è più, quantomeno un falso, perché clonare un fascicolo è un falso. Se ha dei fatti io sono qui, lo raccoglierò, provvederò a indagare disciplinarmente i magistrati, ma mi creda è importante che dal suo scranno provenga un’indicazione lineare. Lei ha detto queste cose in Parlamento e non in un salotto. La prego, ci faccia pervenire un segnale in questo senso».

Chiaro che a dispetto degli appelli da più parti alla conciliazione le posizioni in tema di separazione delle carriere tra magistratura e Governo non potrebbero essere più distanti. 





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