“Social housing per giovani coppie e sostegno al piccolo commercio, così Piazza Brin può tornare al centro della vita cittadina”

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Quando si parla di convivenza fra popoli diversi per etnia, anagrafe, usi e costumi, di ricette facili da prescrivere non ne esistono. Ognuno, proprio per questo, vive il suo problema come quello più importante e il punto di vista può cambiare anche in modo radicale da un palazzo all’altro, perfino da un numero civico all’altro. Basta parlare con le persone: la fotografia di una così variegata platea di pensieri trova conferma piena sintetizzando l’incedere dell’incontro organizzato nel pomeriggio di sabato dal circolo Pd Centro-nord nei locali della Mediateca di Via Firenze, aperto ai cittadini del quartiere Umbertino, militanti di partito, attivisti di movimento e non solo. Proposte e riflessioni, ma anche lamentele e spaccati di realtà quotidiana raccontati in un dibattito da subito molto vivace. Un incontro dal titolo “Piazza Brin: per una rigenerazione urbana partecipata” nel quale gli organizzatori hanno cercato di dare il la ad una serie di proposte per ripensare il quartiere del futuro. Partendo da un dato incontrovertibile che viene dal passato: il quartiere nasce popolare e sull’immigrazione. All’epoca della sua costruzione chi arrivava per fermarsi qui proveniva da sud Italia, attratto dalla grande richiesta di forza lavoro che il neo-nato Arsenale richiedeva a più riprese; oggi la grandissima parte della popolazione immigrata viene dall’estero, con seconde e terze generazioni che si ricongiungono ai primi che sono giunti qui. “Una vocazione che parte da lontano – spiega la presidente del circolo Isabella Benifei nella sua introduzione -. La convivenza comune, la crescita collettiva sono stati la matrice della crescita identitaria di questo quartiere che deve ritornare a portare al centro della vita cittadina questo territorio”. Due idee, per iniziare: “Stimolare l’amministrazione a trovare sostegni economici per l’apertura di attività artigianali o del piccolo commercio. Rafforzare un robusto intervento di social housing portando a vivere qui giovani coppie”. Un dibattito che crea in molti dei convenuti un dejà vu inevitabile”: Vent’anni fa costituimmo un comitato per parlare di questi aspetti. Ricordo che all’epoca si parlava di spostare alla Duca degli Abruzzi l’università magari con le strutture di accoglienza degli studenti”. Poi le scelte sono state altre anche se a ben guardare il nuovo Falcomatà non è poi così lontano dal quartiere, anzi.

Isabella Benifei, Luisa Rossi, Moreno Veschi che ricorda il suo impegno personale da consigliere regionale per costruire alla Spezia e non a Genova proprio quella Mediateca che oggi è una delle ancore di salvezza di un quartiere dove alle ultime elezioni il dato di astensione (il seggio è quello di Via La Marmora) è stato il più alto di tutto il Comune: “Promuoviamo iniziative che vadano oltre la campagna elettorale. Abbiamo ascoltato le questioni posteci dai cittadini: ci parlano di sicurezza e da questo punto di vista pensare all’ordine pubblico e alla rigenerazione urbana è una prima risposta. Altro tema quello della turistificazione che impoverisce la realtà comunitaria perché mantenere i rapporti sociali rimane il modo migliore per rispondere ad una società che vuole chiuderci nell’individualismo. Infine l’iniziativa culturale caduta rispetto al recente passato. Non dimentico un dato secondo cui in questo quartiere centinaia di famiglie hanno bisogno dell’assegno di alimentazione”. L’architetto Gianfranco Marinaro in Piazza Brin vive da una vita e non è la prima volta che infila gli occhiali e inforca la penna per buttare giù idee e proposte, anche se il mondo cambia davvero molto in fretta: “Siamo in un posto che è nato grazie al dibattito culturale dei primi anni 2000 e che portò alla rigenerazione e alla riqualificazione della piazza che versava da anni nel degrado. Oggi come allora lo scopo è porre attenzione su questa parte di città per promuoverne un rilancio. Dicono tutti che sia la più bella di Spezia? Allora bisogna mettere nero su bianco che ci sono determinate realtà e partire per un rilancio del tessuto, economico, sociale e commerciale”. Però nel frattempo chiudono saracinesche, i portici, quando va bene, sono desertificati: “La direttrice di Corso Cavour unisce il centro alla zona nord della città. I piani regolatori del passato che dal centro trecentesco andavano verso questa area hanno visto l’Umbertino nascere e arricchirsi di palazzi di pregio, secondo il gusto di quel tempo. Il liberty, insomma”. Da qui l’idea che già era stata ventilata in precedenti uscite pubbliche: “Questo non è un quartiere periferico, non si deve aver paura di venire in piazza Brin che deve ritrovare delle valenze che portano persone qui. Parlammo di grande centro, significa portare qui funzioni che invertano il declino. Un processo di valorizzazione mai veramente partito. Si deve costruire questo effetto città prima che sia troppo tardi”. Marinaro fa riferimento alla vicinanza della stazione ferroviaria che da elemento di svantaggio deve diventare punto di forza: “Sono convinto che viene così percepita perché si trova su un altro livello rispetto al quartiere. Ma penso che anche arsenale e università possano avere ricadute positive. Un tempo la gente veniva in su perché c’era qualcosa, ricordo iniziative partecipatissime come il mercato dei libri. E’ un luogo talmente bello che qui si possono ospitare eventi di caratura nazionale. Non si deve porre l’attenzione solo sulla sicurezza perché se la zona torna a quella socialità si porta dietro anche la sicurezza”.

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Un pubblico, dicevamo, molto attivo. Che non ha mancato di intervenire sia sulle parole di chi ha organizzato l’iniziativa sia per dire la propria “portata da casa”. Non sono mancate le voci scettiche sulla capacità concreta di portare a compimento le “famose” politiche di integrazione già tematizzate quattro lustri fa. Non sono semplici le ricette, lo dicevamo, se la questione sottende diversi aspetti e ognuno ha la sua sensibilità nell’affrontarli, sopportarli, digerirli e magari trasferirli a figli, nipoti. Integrare significa soprattutto condividere regole di comportamento, alimentarle giorno per giorno, tutti insieme, partecipando e promuovendo momenti di condivisione utili a risolvere i problemi, a stare meglio. Senza dimenticare la necessità pratica di non perdere ulteriormente servizi di vicinato, negozi per chi non può spostarsi oltre il quartiere perché anziano, solo o sprovvisto di mezzi, evitando aperture tutte troppo uguali o similari. Questioni di indirizzi pubblici ma anche meramente di interessi privati, che toccano tanti quartieri come l’Umbertino nelle città d’Italia e d’Europa. Un processo che inevitabilmente si riverbererà nelle prossime generazioni perché il mondo è in continuo cambiamento e quello che vale oggi non vale più tra dieci anni. Non esisteranno più le botteghe centenarie semplicemente perchè alcuni mestieri finiranno come stanno già finendo. E poi, per tornare al principio, c’è la questione del punto di vista, diverso tra palazzo e palazzo: “Alcune dell’Umbertino sono ricettacolo delinquenza, di spaccio di droga” – qualcuno ricorda -. Qualcun altro che magari abita a venti metri sente la pressione di chi passeggia con le bottiglie in mano e magari basta un attimo che scoppia una lite, pericolosa anche per chi passa di lì per caso. Resiste il centro anziani di Via Corridoni che raccoglie persone da tutto il nord cittadino. Partecipare per cancellare l’annosa cesura di Via Garibaldi come se Corso Cavour finisse lì e ne iniziasse un altro. “E questo fervore, questo stare nel quartiere e partecipare agli eventi che vengono organizzati, dovrebbe però partire proprio da chi la abita quella piazza, cosa che spesso è mancato”, qualcuno ricorda. Anche perché chi un tempo aveva energia ed età, oggi ha inevitabilmente i capelli bianchi.

Andrea Montefiori oltre che residente nel quartiere, è consigliere comunale e molte delle sollecitazioni del pubblico erano rivolte a lui, da trasferire nel consesso di Piazza Europa: “E’ stato uno scambio di idee molto utile. Dobbiamo continuare  mettere insieme proposte per il prossimo governo della città”. Montefiori ricorda l’assenza di un punto bancomat dopo la chiusura della filiale di Carispezia di alcuni anni fa e torna a ribadire le sue proposte: “Politiche fiscali per incentivare la residenza stabile nel quartiere e agevolazioni mirate per la diversificazione del commercio, oggi quasi scomparso e monocorde. Portare in piazza e nei cortili le iniziative della ludoteca e della mediateca, con attenzione anche ai tratti identitari del nucleo della città moderna. Agire con decisione sul decoro e sul rispetto delle regole, che devono essere conosciute e riconosciute da tutti come elemento di buona convivenza. Attivare, con risorse dedicate, mediatori culturali che facilitino integrazione ed inclusione, delle quali si parla sempre molto facendo poi molto poco e facendole percepire come sinonimo di ” fare quel che si vuole “, mentre in realtà servono per offrire a tutti un perimetro accettato e riconosciuto.
Attivare forme di partecipazione regolamentate dal consiglio comunale, come momento pubblico e di rappresentanza elettiva dei cittadini e della associazioni del territorio, con attività che siano ricondotte, inoltre, al principio di trasparenza”.





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