Visto che:
– La Direzione dell’Avvocatura Civica del Comune di Pisa ha recentemente chiesto al Consiglio Comunale di riconoscere la legittimità del debito fuori bilancio derivante dall’Ordinanza del Tribunale di Firenze nrg 474/2024 del 5 Marzo 2024
– Nel suo provvedimento, il Tribunale di Firenze ha ordinato al Comune di Pisa di iscrivere all’anagrafe un cittadino straniero che, trasferitosi in città, aveva chiesto la residenza ma aveva ricevuto un rifiuto dai competenti uffici anagrafici; i magistrati, riconoscendo l’infondatezza di tale rifiuto, hanno tra l’altro condannato l’Amministrazione al pagamento delle spese processuali;
– La vicenda risale al Gennaio 2021, quando il cittadino straniero in questione aveva chiesto di iscriversi al Registro Anagrafico della Popolazione Residente del Comune di Pisa ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 Maggio 1989, n. 223. Il richiedente era in possesso di regolari documenti di soggiorno, aveva preso in affitto una casa, e la Polizia Municipale aveva verificato la sua effettiva presenza nell’abitazione: c’erano dunque tutti gli elementi per procedere all’iscrizione anagrafica. Gli uffici, però, avevano sollevato una serie di obiezioni: in particolare, nel verbale di accertamento della Polizia Municipale veniva riferito che «come riportato dall’interessato, [il richiedente] è qui solo per acquistare la cittadinanza italiana»; sulla base di questa dichiarazione, l’Ufficiale di Anagrafe riteneva che la domanda di residenza fosse meramente strumentale, e non indicasse una reale volontà di vivere sul territorio
– I magistrati hanno chiarito però che non è compito dell’Amministrazione valutare le motivazioni soggettive dei richiedenti: chi vive stabilmente in un luogo ha diritto a prendervi la residenza, quali che siano le ragioni che lo hanno indotto a trasferirsi. Entrare nel merito di queste ragioni – osserva il Tribunale di Firenze – significa «introdurre un elemento valutativo, circa i motivi che hanno spinto il ricorrente a stabilire la sua dimora abituale a Pisa (…) che non spetta all’Amministrazione bilanciare». La residenza – ha spiegato in buona sostanza il Tribunale – è un diritto, non una «concessione» che gli uffici possono negare sulla base di considerazioni discrezionali.
Constatato che:
– Nel nostro ordinamento l’iscrizione ai registri anagrafici – disciplinata dal citato DPR 223/1989 – è in effetti la mera presa d’atto di una circostanza obiettiva, e non configura in alcun modo una sorta di «autorizzazione discrezionale al soggiorno» sul territorio di un Comune. Come noto, infatti, la residenza è definita dall’articolo 43 del Codice Civile, che si limita ad affermare che essa «è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale»
– L’iscrizione anagrafica, inoltre, è una vera e propria «porta di accesso» al godimento di alcuni diritti fondamentali, primo tra tutti il diritto alla salute. Come noto, infatti, solo chi è residente può avere un medico di famiglia, può iscriversi al Servizio Sanitario Nazionale, può accedere alle graduatorie ERP o avere un alloggio di emergenza. Negare l’iscrizione anagrafica significa escludere una persona o una famiglia dall’accesso a servizi essenziali per la dignità umana. Non per caso, la residenza è stata definita «il diritto ad avere diritti»;
– Proprio per tutelare questi diritti fondamentali, la normativa prevede delle forme di iscrizione anagrafica anche per i soggetti che non hanno una dimora abituale. In particolare, la legge 15 luglio 2009, n. 94 (cosiddetto «Pacchetto Sicurezza Maroni») ha introdotto una procedura specifica che consente alle persone senza fissa dimora di ottenere una residenza
Considerato, inoltre, che:
– Il provvedimento dei magistrati di Firenze è un campanello d’allarme che deve sollecitare tutta l’Amministrazione, a partire dal Consiglio Comunale fino alla Giunta e al Sindaco. Siamo di fronte al fatto che alcune categorie particolarmente vulnerabili – dai senza fissa dimora alle popolazioni rom, dai richiedenti asilo ai cittadini stranieri – faticano a ottenere l’iscrizione anagrafica nel nostro Comune;
– Pur nel pieno rispetto delle competenze tecniche degli uffici, e della loro separazione dai compiti politici che spettano agli organi elettivi, il Consiglio Comunale ha la facoltà di verificare il buon andamento della macchina amministrativa, e la sua rispondenza ai principi di equità e non discriminazione. E ciò anche perché il provvedimento del Tribunale di Firenze ha imposto un onere economico a carico dell’Amministrazione
Tutto ciò premesso e considerato, il Consiglio Comunale impegna la Prima Commissione di Controllo e Garanzia
ad avviare un percorso al riguardo partendo dall’audizione degli uffici competenti per: a) verificare le modalità con cui viene accertata la dimora abituale dei richiedenti la residenza; b) verificare che siano pienamente attuate le norme in materia di iscrizione anagrafica dei senza dimora, e – in particolare – che sia garantita la possibilità fissare la residenza in una via fittizia territorialmente non esistente ma equivalente in valore giuridico (Circolare Istat n. 29/1992)
Francesco Auletta – Diritti in comune: Una città in comune – Rifondazione Comunista
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