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Almasri punto per punto, trumpisti d’Europa, le risorse dell’Ucraina, il turismo ai tempi di TikTok, LuceĀ |
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di
Elena Tebano
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Un caso politico La decisione della Procura di Roma di indagare Meloni, Nordio, Piantedosi e Mantovano per il rilascio e il rimpatrio del generale libico Almasri – qui tutti gli aggiornamentiĀ del nostro sito – ĆØ una bomba che acuirĆ lo scontro tra governo e magistratura. In attesa dell’evolversi dell’inchiesta, si puĆ² valutare la vicenda sul piano strettamente politico. E dalla ricostruzione di Gianluca emergono le omissioni sia del governo sia dell’opposizione.
Trumpisti d’EuropaĀ Le parole d’ordine di Donald Trump stanno conquistando molti leader europei, cosƬ come successe con quelle di Ronald Reagan negli anni 80. Nel concreto questo, racconta Massimo Nava, porterĆ anche anche a un riavvicinamento della Ue alla Russia.
Le risorse ucraine LāUcraina ha riserve importanti di minerali strategici per i quali, spesso, i Paesi occidentali dipendono ancora dalla Cina, dalla Russia o dai loro satelliti. Federico Fubini spiega perchĆ© nel negoziato sulla tregua queste questioni economiche peseranno molto, accanto a quelle militari.Ā
Il turismo ai tempi di TikTok Lo scorso fine settimana Roccaraso, in Abruzzo, ĆØ stato preso d’assalto da 250 pullman con diecimila turisti provenienti da Napoli. Troppi per un paesino cosƬ piccolo. Ma il caso abruzzese ĆØ emblematico di come i social hanno cambiato le dinamiche turistiche.Ā
La Cinebussola Luce diĀ Luca Bellino e Silvia Luzi ĆØ un film anomalo, unĀ Ā«puzzle di emozioniĀ», piĆ¹ che una narrazione classica. Si regge tutto, scrive Paolo Baldini, sulla bravura e varietĆ espressiva di Marianna Fontana, che per calarsi nel personaggio ha lavorato in fabbrica studiandolo per quasi un anno.Ā
Buona lettura.
Se vi va, scriveteci:
Gianluca Mercuri gmercuri@rcs.it Luca Angelini langelini@rcs.it Elena Tebano etebano@rcs.it Alessandro Trocino atrocino@rcs.it
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Rassegna politica |
Cosa non dicono governo e opposizione: il caso Almasri punto per punto |
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Agricoltura
La presidente del Consiglio Giorgia MeloniĀ Ā ĆØ indagata dalla Procura di Roma per favoreggiamento e peculato per il rimpatrio del generale libico Osama Njeem Almasri, comandante della prigione di Mitiga, accusato dalla Corte penale internazionale di crimini di guerra e crimini contro l’umanitĆ . Insieme alla premier, sono indagati il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Si tratta insomma delle quattro persone piĆ¹ potenti d’Italia, e succede nel pieno di uno scontro politico senza precedenti tra governo e settori maggioritari della magistratura: senza precedenti, perchĆ© non si era mai arrivati cosƬ vicini alla riforma imperniata sulla separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti, che quegli stessi settori maggioritari considerano la messa sotto tutela del potere giudiziario da parte del potere esecutivo.
In questo clima arriva la notizia-bomba dell’indagine sui vertici del governo. Ne seguirĆ una tempesta politica di proporzioni enormi. Quello che puĆ² essere utile ĆØ ricapitolare cos’ĆØ successo e – in attesa dell’evolversi dell’inchiesta – osservare quali sono sul piano strettamente politico i punti deboli delle posizioni assunte da governo e opposizione.
- Anzitutto: riepilogo dei fatti Tutto comincia il 19 gennaio, quando Almasri viene arrestato in albergo a Torino, dove era arrivato il giorno prima dalla Germania con un’auto presa a noleggio, e dove aveva appena assistito alla partita Juventus-Milan (qui il racconto delle sue ore nel capoluogo piemontese): fatale la normale registrazione dei dati dell’ospite da parte della struttura, che hanno fatto scattare l’alert automatico sui computer della Digos.
- Il mandato della Corte Proprio sabato 18 gennaio – il giorno prima del suo arrivo in Italia – la Corte dellāAja aveva emesso un mandato d’arresto nei confronti di Almasri, dando seguito alla richiesta avanzata il 2 ottobre dal procuratore dell’organismo internazionale. Dopo l’arresto, il libico trascorre due notti nel carcere torinese delle Vallette.
- La scarcerazione e il rimpatrio Succede tutto il 21 gennaio. La Corte d’Appello di Roma non convalida l’arresto perchĆ© prima che fosse effettuato non era stato avvisato il ministro della Giustizia, titolare dei rapporti con la Cpi: questo cavillo ĆØ decisivo per capire tutta la vicenda.
- La versione della Cpi Almasri, ĆØ la posizione della Corte, Ā«ĆØ stato tenuto in custodia in attesa del completamento delle procedure necessarie per la sua consegna. Su richiesta e nel pieno rispetto delle autoritĆ italiane, la Corte si ĆØ deliberatamente astenuta dal commentare pubblicamente lāarrestoĀ». Fino al rilascio del 21 gennaio, avvenuto Ā«senza preavviso o consultazione con la CorteĀ».
- Il rimpatrio sprint Lo stesso giorno del rilascio, Almasri ĆØ stato ricondotto in Libia a bordo di un volo speciale dei servizi segreti italiani, di quelli utilizzati per ragioni di sicurezza e urgenza.
- La versione del governo A esporla al Senato ĆØ stato anzitutto il ministro Piantedosi, in questi termini: Ā«A seguito della mancata convalida dellāarresto da parte della Corte dāappello di Roma, considerato che il cittadino libico era a piede libero in Italia e presentava un profilo di pericolositĆ sociale, come emerge dal mandato di arresto emesso in data 18 gennaio dalla Corte penale internazionale, ho adottato un provvedimento di espulsione per motivi di sicurezza dello Stato. Il provvedimento ĆØ stato notificato allāinteressato al momento della scarcerazione e, nella serata del 21 gennaio, ha lasciato il territorio nazionaleĀ».
- Le parole della premier Meloni ha ribadito cosƬ la tesi di Piantedosi: Ā«Almasri ĆØ stato liberato su disposizione della Corte d’appello di Roma, non su disposizione del governo. Non ĆØ una scelta del governo. Quello che il governo sceglie di fare, invece, di fronte a un soggetto pericoloso per la nostra sicurezza, ĆØ espellerlo immediatamente dal territorio nazionale. In tutti i casi di detenuti da rimpatriare di soggetti pericolosi non si usano voli di linea anche per la sicurezza dei passeggeriĀ».
- Le cose stanno davvero cosƬ? Non proprio. Come ha scritto Giovanni Bianconi fin dall’inizio della vicenda, Ā«la volontĆ del governo italiano di ignorare il mandato di arresto del generale AlmasriĀ ĆØ svelata in una frase del procuratore generale di Roma: “Il ministro della Giustizia, interessato da questo ufficio in data 20 gennaio immediatamente dopo aver ricevuto gli atti dalla Questura di Torino, ad oggi non ha fatto pervenire nessuna richiesta in merito”. Qualunque “irritualitĆ ” dellāarresto del generale libico poteva essere sanata dal Guardasigilli, ma Carlo Nordio non ha ritenuto di farlo. Una decisione politica, evidentemente concordata con Palazzo Chigi che prima ha deciso di non convalidare lāarresto di Almasri e poi lāha riportato in Libia a bordo di un aereo dei servizi segreti italianiĀ».
- PerchĆ© ĆØ una decisione politica? PerchĆ© il governo ha temuto ritorsioni da parte libica, con un aumento pilotato della pressione migratoria. Il tutto, in un mese in cui gli sbarchi sono giĆ aumentati del 136% rispetto al gennaio 2024. Almasri ĆØ un personaggio di primo piano nell’apparato libico, in quanto comandante della polizia giudiziaria e a stretto contatto con le strutture preposte al contrasto di terrorismo e criminalitĆ . Le accuse della Cpi nei suoi confronti sono gravissime, ma il governo si ĆØ trovato di fronte a un bivio: o rispettare gli obblighi nei confronti della Corte o rischiare rappresaglie. Ha scelto la ragion di Stato con il pretesto di un cavillo. Se tutto questo abbia risvolti penali ĆØ tutto da chiarire. Il caso ĆØ anzitutto politico. Ma proprio dal punto di vista politico ha radici antiche.
- Cosa (non) dice l’opposizione Tutte le forze avverse a Meloni hanno attaccato il governo perchĆ© ha ignorato la Corte dell’Aja e liberato il presunto criminale. Quello che non dicono ĆØ che lo schema dell’accordo con i libici per trattenere i migranti non l’ha inventato Meloni. Lo ha ricordato Goffredo Buccini: Ā«Noi abbiamo con la Libia un Memorandum che risale al 2017. Tale accordo fu siglato dal ministro Pd Minniti quando si andava verso la proiezione-choc di 250 mila sbarchi in un anno: il Memorandum, con cui facevamo patti con le tribĆ¹ locali e la guardia costiera tripolina, impedƬ che lāItalia subisse un devastante tsunami di migrazioni e in un anno gli sbarchi calarono del 77%. Era discutibile sul piano etico? Lo era. ServƬ a evitare che esplodesse da noi un conflitto sociale? Certamente. Da allora il Memorandum non ĆØ mai stato contraddetto e, anzi, ĆØ stato rinnovato nel 2020 e nel 2023, quindi sotto governi di diverso segno. Il torturatore di Mitiga ĆØ probabilmente depositario di scomodi dettagli su quegli accordi oltre che controllore di un rubinetto umano non a caso riattivatosi nelle 48 ore della sua detenzione con mille sbarchi in un colpo solo. āDestra e sinistra, che per ragioni opposte ma convergenti sorvolano sul punto impancandosi in dispute morali o giuridiche, trattano gli italiani come fanciulliĀ».
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Rassegna europea |
Il Ā«trumpismoĀ» conquista lāEuropa e aiuta la Russia |
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Qualcuno ricorderĆ lāĀ«edonismo reaganianoĀ», la Ā«reaganomicsĀ», il primato dellāeconomia sulla politica, insomma il vento americano del presidente Ronald Reagan che soffiava in Europa negli anni Ottanta. La storia si ripete. Prospettive e contenuti diversi, o ancora da valutare, da quando soffia il vento di Donald Trump, ma ĆØ certo che il vento sta giĆ conquistando spiriti e cervelli. Soprattutto quelli dei leader politici. Altro che Ā«ponteĀ» Usa-Europa secondo lāauto candidatura di Giorgia Meloni. Qui si sta aprendo unāautostrada di idee, proposte, progetti che finirebbe per cambiare la natura stessa del modello e del sogno europeo. Green Deal, libertĆ sessuali, istruzione, migranti, rapporto con la Russia, riforme costituzionali, controllo dellāapparato giudiziario, ingerenze e condizionamenti sullāinformazione: il catalogo ĆØ questo, leggete un poā qua.
Il presidente del Rassemblement National, Jordan Bardella, ha proposto al presidente del Partito popolare europeo, Manfred Weber, leader nell’europarlamento della Cdu (il partito gran favorito alle elezioni tedesche di febbraio), di unire le forze per porre fine al Green Deal. In pratica, unāunione contro natura di destra ed estrema destra per affossare uno dei traguardi piĆ¹ significativi della recente storia europea. Esattamente come ha giĆ fatto Trump, cancellando gli Usa dagli accordi di Parigi sul clima.
Bardella, che ĆØ pure presidente del gruppo Patriots for Europe (Pfe) si rivolge anche ai co-presidenti del gruppo Europa delle Nazioni Sovrane (Esn) RenĆ© Aust e StanisÅaw Tyszka e allāomologo dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr) Mateusz Morawiecki. Inoltre propone che il divieto dellāUnione europea di vendere nuove auto a benzina e diesel entro il 2035 venga abbandonato del tutto.
Va ricordato che da tempo ambienti conservatori esprimono il timore che il Green Deal sia un freno allāeconomia. Il deputato dellāestrema destra francese Fabrice Leggeri ha dichiarato a Euractiv che i Patrioti e lāEcr sostengono pienamente la sospensione, e anche la destra Ā«morbidaĀ» del Ppe sta iniziando a Ā«svegliarsiĀ». Del resto, il primo ministro polacco Donald Tusk, presidente di turno del Consiglio dellāUnione europea, ha chiesto una Ā«revisione completa e molto criticaĀ» di tutte le leggi sul Green Deal. Anche alti esponenti del Ppe, tra cui il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis, hanno fatto commenti simili.
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Si piange sul cambiamento climatico, ma si vuole affossare il Green Deal, mentre il mantra che mette dāaccordo tutti ĆØ lāinvestimento in armamenti per la difesa europea, sui cui ha fortemente insistito Donald Trump. Concetto vago in termini programmatici, che per ora si traduce in importanti forniture americane. La Polonia ĆØ diventata il capofila dei Paesi che piĆ¹ investono nella difesa, avvicinandosi al 5 per cento del Pil. Tusk, nei giorni scorsi, ha rivolto un appello ai partner europei perchĆ© la difesa diventi una prioritĆ assoluta. Un appello in sintonia con i desiderata della Casa Bianca : Ā«Se oggi Trump parla della necessitĆ di assumersi maggiori responsabilitĆ per la propria sicurezza, consideriamola come una sfida positivaĀ», ha proseguito Tusk, evidenziando cheĀ Ā«solo un alleato puĆ² augurare al proprio alleato di essere piĆ¹ forteĀ».
Ma cāĆØ molto altro in pentola, su altri fronti. Tutti guardano alle elezioni tedesche, alla tenuta di una maggioranza impegnata a favore di Kiev che possa spingere l’Ue a controbilanciare un eventuale ritiro americano. Ma qui il miliardario Elon Musk ĆØ intervenuto pesantemente nella campagna elettorale, invitando i tedeschi a votare per il partito di estrema destra Alternativa per la Germania (Afd), le cui posizioni filo russe sono note. Friedrich Merz, leader della Cdu e favorito nei sondaggi, ha ipotizzato un accordo con Afd per favorire respingimenti dāimmigrati. In pratica, una crepa nella barriera contro lāestrema destra.
Il premier slovacco Robert Fico ha presentato una proposta di modifica della Costituzione. Le modifiche proposte includono la definizione di matrimonio come unione unica tra un uomo e una donna ā riconoscendo legalmente solo due generi ā e il divieto di adozione di bambini da parte di coppie omosessuali. La Costituzione slovacca stabilisce inoltre che Ā«gli atti giuridicamente vincolanti delle ComunitĆ europee e dellāUnione europea hanno la precedenzaĀ» sulle leggi nazionali. Ma secondo Fico, questo concetto dovrebbe essere seguito dalla clausola: Ā«Questo non si applica se questi atti giuridicamente vincolanti sono in conflitto con la Costituzione della Repubblica SlovaccaĀ».
Fico entra a pieno titolo nella galleria di leader che in modo surrettizio o plateale si stanno riavvicinando alla Russia con lāintento di interrompere il sostegno allāUcraina e mettere fine alla guerra. In pratica, un altro punto a favore di Trump. Sacrificata, come probabilmente accadrĆ , lāUcraina, resta da vedere chi pagherĆ il conto della guerra. Lāarrivo al potere dell’estrema destra filorussa in Austria ĆØ l’ultimo segnale in ordine di tempo.
Un altro allarme arriva dalla Romania, in pieno caos dopo le elezioni presidenziali. Ć nota la posizione del primo ministro ungherese Victor OrbĆ”n. Robert Fico minaccia di tagliare Ā«gli aiuti umanitariĀ» per i rifugiati, se Kiev non riprenderĆ il transito del gas russo. In Repubblica Ceca le cose potrebbero cambiare alle elezioni legislative d’autunno. I sondaggi prevedono un’ampia vittoria del populista Andrej Babis. La Bulgaria, un altro Paese dell’Ue e della Nato fondamentale per lāappoggio allāUcraina, ĆØ in crisi politica, con forze filorusse in ascesa. I croati hanno rieletto (con il 74 per cento dei voti) il presidente uscente Zoran Milanovic, considerato amico dei russi.
Alle posizioni politiche seguono i fatti, in un fuoco dāartificio di ipocrisie e false narrazioni di cui prima o poi anche la buona coscienza degli europei dovrĆ rispondere. Come denuncia un lungo rapporto di Foreign Policy, gli affari e gli scambi commerciali con la Russia da parte di aziende europee e americane non si sono affatto interrotti e non riguardano soltanto le fonti energetiche. In barba alle dichiarazioni di intenti e a roboanti conferme di sanzioni, i dati elaborati dalla Kyiv School of Economics mostrano che, al 2023, circa 800 multinazionali occidentali e di Paesi affini operavano ancora in Russia, o perchĆ© avevano deciso di rimanervi o perchĆ© continuavano a generare ricavi. Scorrendo i dati, emergono due fatti. Ā«In primo luogo, circa il 60% delle aziende globali che operavano in Russia prima dell’invasione su larga scala iniziata nel febbraio 2022 continuano a farlo. In secondo luogo, Germania, Stati Uniti e Francia sono di gran lunga i primi tre Paesi di origine delle imprese occidentali che mantengono una presenza in RussiaĀ».
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Come sostiene Agathe Demarais, editorialista di Foreign Policy e senior policy fellow sulla geoeconomia presso lo European Council on Foreign Relations, autrice di un libro bianco sulle sanzioni alla Russia, Ā«le aziende occidentali continuano a fare affari in Russia e aiutano Mosca a finanziare la guerra in Ucraina attraverso il pagamento delle imposte sulle societĆ russe. Non si tratta nemmeno di un investimento sano: le imprese occidentali non possono rimpatriare i profitti ottenuti in Russia e i beni che possiedono sul territorio russo non sono piĆ¹ realmente di loro proprietĆ Ā».
Nel 2022 e 2023, le imprese del G-7, dell’Unione europea e delle economie affini hanno generato circa 370 miliardi di dollari di entrate sul territorio russo. Nei primi due anni di guerra, le imprese occidentali hanno trasferito alle casse dello Stato russo piĆ¹ di 11 miliardi di dollari in tasse societarie, di cui un decimo ĆØ stato versato dalla banca svizzera Raiffeisen. I dati non sono ancora disponibili per il 2024, ma una stima approssimativa suggerisce che le aziende occidentali hanno probabilmente pagato altri 4-6 miliardi di dollari in tasse societarie, portando il totale a circa 16 miliardi di dollari incanalati verso il Cremlino dall’inizio dell’invasione. Ā«Due dati aiutano a contestualizzare questa cifra. In primo luogo, 16 miliardi di dollari sono sufficienti a Mosca per comprare 5.300 missili Iskander, 1.100 missili balistici Kinzhal o 320.000 droni ShahedĀ».
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Whatever It Takes |
Litio, titanio, uranio e grafite: le risorse dell’Ucraina che piacciono a Trump |
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![Ucraina, la nuova corso allāoro: litio, titanio, uranio e grafite (a basso prezzo) piacciono a Trump](data:image/gif;base64,R0lGODlhAQABAIAAAAAAAP///ywAAAAAAQABAAACAUwAOw==)
Fonte: Ministry of EnvironmentalĀ Protection and NaturalĀ Resources of Ukraine
Ci sono quei momenti fortuiti che ti aprono una finestra. A me ĆØ successo giovedƬ, quando Donald Trump ha iniziato a parlare dellāUcraina nel suo collegamento al World Economic Forum. Ero in sala, a Davos. Il presidente degli Stati Uniti voleva parlare della strage di militari e civili, dellāimportanza di far scendere il prezzo del petrolio per ridurre le entrate della Russia e obbligarla a negoziare un cessate-il-fuoco. Eppure, ha iniziato con una mezza frase che alludeva ad altro: Ā«Qui non parlo di risorse naturali, parlo di vite umaneā¦Ā». Ma perchĆ© la prima idea a transitare dalla testa di Trump era stata quella di Ā«risorse naturaliĀ»? Ho cercato di approfittare della presenza a Davos di tanti attori nel conflitto ucraino, di quelli che si muovono dietro le quinte. Ho capito che il negoziato sulla tregua, nella sua preparazione, si distribuisce su tre tavoli: uno sui temi militari, gli altri due su temi economici. E qui non tutto ĆØ perfettamente confessabile. Vediamo.
Da molti mesi il governo diĀ Volodymyr Zelensky sa di dover affrontare la realtĆ per comāĆØ: lāUcraina probabilmente non entrerĆ nella Nato fino a quando Vladimir Putin sarĆ in vita; non entrerĆ nellāUnione europea almeno per unāaltra decina di anni; e lāamministrazione Trump non la aiuterĆ , se non vede motivi concreti di interesse particolaristico e immediato per sĆ©. PuĆ² piacere o no, ma ĆØ cosƬ. Di qui la nuova strategia di Kiev. Oggi Zelensky non prova piĆ¹ tanto ad accelerare lāintegrazione con lāOccidente sulla base di trattati formali, ma di interessi tangibili; ai governi europei, ma soprattutto agli Stati Uniti, lāUcraina cerca di prospettare qualcosa che li alletti; qualcosa che parli allāaviditĆ di alcuni e alla disperata ricerca di soluzioni industriali di altri.
GiĆ , ma cosa? Vediamo nellāordine i tre tavoli, partendo da quello militare. Molto si gioca sulle Ā«garanzie di sicurezzaĀ» che lāUcraina chiede in caso di tregua, per non dover rischiare nuove aggressioni dopo quelle del 2014 e del 2022. Un eventuale contingente di interposizione lungo la linea di contatto fra i due eserciti sarebbe dunque lāelemento di base di una protezione credibile per il Paese. Su questo ho scritto da Davos per il Corriere negli ultimi giorni e mi limito ad aggiungere solo gli aspetti ancora non del tutto emersi. Di un contingente di pace in Ucraina hanno iniziato a parlare Emmanuel Macron e Donald Trump a Parigi il giorno dellāinaugurazione di Notre-Dame. La Francia ne sta discutendo in questa fase soprattutto con Regno Unito, Polonia e Germania (in questāordine). Ma nessun governo europeo oggi accetta un proprio impegno militare di peacekeeping in Ucraina, senza avere prima assicurazioni di poter contare alle spalle sul sostegno degli Stati Uniti ā almeno logistico, di armi e probabilmente aereo ā qualora la situazione sul terreno si complicasse.
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difficile da pignorare
Il costo di unāeventuale operazione di pace e delle garanzie allāUcraina ĆØ talmente alto che si sta tornando a parlare del sequestro delle riserve russe congelate per circa 250 miliardi di euro; ma anche su questo lāEuropa ĆØ divisa e lontana da un accordo, che infatti per ora non sembra probabile.
Intanto il fronte ucraino in Donbass ĆØ sotto pressione, il costo in vite umane da entrambe le parti ĆØ orrendo, il morale delle truppe di Kiev basso e alcune persone molto ben informate non escludono piĆ¹ possibili rotture in alcuni punti della linea difensiva, con rapide avanzate russe in certe aree. Anche per questo Putin per adesso non sarebbe disposto a discutere, se non una capitolazione di fatto: vuole ancora soggiogare lāUcraina, esattamente come il primo giorno di guerra; ma sembra che i suoi piĆ¹ stretti collaboratori non abbiano osato informarlo in modo chiaro delle crepe che si stanno aprendo nellāeconomia russa.
Con queste premesse sul piano militare, per niente semplici, sono aperti due tavoli che mirano a creare un accordo commerciale con Trump e integrare di fatto lāUcraina nelle economie occidentali.
Il primo dei due riguarda la produzione di armi e mezzi militari. In trentacinque mesi di guerra lāUcraina si ĆØ trasformata nellāindustria della difesa piĆ¹ attiva dāEuropa e a basso costo dāEuropa, arrivando a produrre ā da zero ā due milioni di droni da guerra lāanno, artiglieria, mezzi, missili a gittata medio-lunga. La totale assenza di vincoli sulla nuova industria militare, la febbrilitĆ e lāefficienza dei suoi produttori sono tali che cāĆØ unāintesa perchĆ© parte dellāultimo pacchetto di aiuti dellāUnione europea ā da quasi 40 miliardi di euro ā sia usato proprio per questo. Meglio dare agli ucraini i fondi per costruirsi prima da sĆ© parte delle proprie armi con meno spesa, che farli aspettare di piĆ¹ per poi inviare loro meno mezzi costruiti in Europa occidentale a costi piĆ¹ alti. Ma questo ĆØ solo il primo passo. Lāofferta di Kiev, soprattutto dopo unāeventuale tregua, ĆØ di costruire in Ucraina pezzi e componenti dei mezzi di difesa per gli eserciti europei e anche per gli Stati Uniti: droni, proiettili e tutto ciĆ² che giĆ oggi le imprese locali fanno per le forze di Kiev. Il vantaggio per i governi occidentali ā visti i loro budget sempre sotto pressione ā ĆØ di delocalizzare certe produzioni militari in un Paese vicino efficiente, alleato e a basso costo. Il vantaggio per lāUcraina sarebbe di entrare a occupare un ruolo di rilievo nelle catene di fornitura strategiche dellāEuropa e degli Stati Uniti. Sarebbe una forma concreta di integrazione nellāeconomia e nella politica dellāOccidente: ciĆ² per cui generazioni di ucraini lottano da almeno trentāanni. Da lƬ diventa piĆ¹ difficile essere ricacciati indietro o abbandonati nella morsa della Russia. E, da quanto capisco, questa idea viene presa molto sul serio in alcuni Paesi del G7.
Il terzo tavolo dei colloqui ĆØ perĆ² quello dove cāĆØ piĆ¹ movimento. LāUcraina ha riserve importanti di minerali strategici sui quali, spesso, i Paesi occidentali dipendono ancora dalla Cina, dalla Russia o dai loro satelliti. Fra questi:
- il berillio, finora prodotto solo da Cina, Kazakhstan e Stati Uniti e usato tra lāaltro in reattori e armi nucleari, strumenti di precisioni, propellenti missilistici, satelliti e veicoli aerospaziali;
- il litio, di cui la Cina ĆØ il terzo produttore mondiale, lāUnione europea ĆØ quasi del tutto sprovvista ma ĆØ indispensabile fra lāaltro per le batterie di accumulo, lāindustria nucleare, il fotovoltaico, i computer e gli smartphone;
- la grafite, sempre piĆ¹ usata nelle batterie, nellāaerospazio, dellāindustria meccanica e cosƬ concentrata nella produzione che la Cina controlla il 77% del mercato mondiale
- il titanio, oggi controllato da Cina, Russia e Kazakhstan da soli quasi per lā80% del mercato mondiale; eppure, indispensabile per industrie come aerospazio e aeronautica, cantieri navali, auto, strumenti medicali.
- lāuranio, fondamentale per il settore nucleare ma per il quale lāEuropa dipende ancora da Kazakhstan, Uzbekistan e Russia.
E poi ancora oro, zirconio, tantalo, cobalto e naturalmente gas naturale.
Le quantitĆ provate di litio, titanio e uranio in Ucraina sono segreto di Stato. Ma sul litio il Paese sembra avere un terzo delle risorse europee e il 3% di quelle mondiali; sul titanio lāUcraina ĆØ il primo Paese dāEuropa e, malgrado la guerra, ha il 6% della produzione mondiale concentrata in regioni lontane dal fronte; sulla grafite il governo sostiene di avere riserve per 343 milioni di tonnellate, fra le prime cinque al mondo (sempre ben lontane dal fronte di guerra). E cosƬ via. Zelensky e le persone attorno a lui oggi hanno fretta di mettere allāasta le licenze di sfruttamento dei giacimenti perchĆ© ā ancora una volta ā cercano di legare lāUcraina attraverso di esse agli interessi occidentali. Cercano di integrarla in concreto e attrarre investimenti. A una riunione a Davos ho sentito dire al viceministro dellāEconomia ucraino Oleksiy Sobolev: āSe aspettate e esitate a investire nelle nostre risorse naturali, lasciate spazio ai vostri concorrentiā.
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Di certo francesi, tedeschi, in parte canadesi e soprattutto gli americani si stanno giĆ muovendo. Parigi ĆØ potenzialmente interessata allāuranio per le centrali atomiche e al titanio per la filiera aerospaziale di Airbus (ma vuole verificare le consistenze dei depositi con esperti propri). Si capisce cosƬ anche lāuscita di Trump, che al solo pensare allāUcraina ha subito citato le ārisorse naturaliā. A Davos ho visto un ammiraglio in pensione della marina americana, Micheal Hewitt, con evidenti contatti nellāestablishment repubblicano a Washington e oggi attivissimo sui minerali ucraini attraverso la sua azienda Ip3 International. Diceva, a Davos, Hewitt: Ā«I rapporti economici (grazie ai minerali, ndr) creano la connessione con lāAmerica e valgono molto di piĆ¹ che sconfiggere PutinĀ». E ancora: Ā«Parleremo dellāUcraina fra 15 anni come dellāArabia Saudita oggi: il suo uranio sarĆ fondamentale per lāindustria nucleare che alimenterĆ i data center per lāintelligenza artificiale negli Stati Uniti. SarĆ parte del dominio energetico. Il Paese sarĆ un interesse nazionale vitale per lāAmerica e questo conta piĆ¹ che vincere la guerraĀ».
Beā, credo che vincere questa guerra conti ancora molto, in veritĆ . Resta poi da capire quante delle risorse di cui si parla siano realmente sfruttabili. Ma se lo fossero e arrivassero investimenti da Occidente, sarebbe una svolta per il meglio. Non fosse che mi restano due riserve.
La prima riguarda lo spirito che avverto soprattutto nei tedeschi e negli americani, sulle risorse ucraine: ritengono di avere un diritto acquisito al loro sfruttamento, per le decine o centinaia di miliardi di dollari o euro che hanno impegnato in questi anni per il Paese; di fatto sarebbe quasi un risarcimento. Il secondo dubbio ĆØ legato al primo, perchĆ© entrare in piena guerra nelle aste per licenze e cessioni dei giacimenti significa volerlo fare a un prezzo molto sotto al valore reale delle risorse. Con investimenti per centinaia di milioni di dollari si possono ottenere depositi da decine o centinaia di miliardi.
Sconsiglierei. E non solo perchĆ© suona cinico, una spartizione delle spoglie, approfittare della debolezza attuale del governo di Kiev. La storia post-sovietica insegna: quando le privatizzazioni diventano svendite a favore di chi puĆ², seguiranno solo sventure. I minerali ucraini vanno pagati al loro valore, non una grivnia di meno.Ā Ā
Questo articolo ĆØ apparto in origine nella newsletter del Corriere della Sera Whtever it takes, a cura di Federico Fubini. Per iscriversi, cliccare qui.
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Rassegna social(e) |
L’assalto a Roccaraso, gli influencer e il turismo al tempo dei social |
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Lāassalto dello scorso fine settimana a Roccaraso, quando nel paesino abruzzese che conta 1.400 abitanti e permette lāaccesso agli impianti sciistici dellāAremogna sono arrivati 250 autobus dalla Campania con oltre diecimila persone, sembra poco piĆ¹ di un fatto folcloristico, che ha fatto scalpore soprattutto per le immagini della folla sulla neve. In realtĆ ĆØ un esempio eclatante del turismo di massa ai tempi dei social e delle sue illusorie promesse di rendere a portata di tutti i lussi nati per pochi.
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Procedura celere
Per capirlo bisogna partire da domenica, quando a Roccaraso arrivano ā secondo una stima del sindaco ā circa 250 pullman con 10-12 mila persone. Il fenomeno non ĆØ nuovo, e infatti il Comune vieta ai mezzi pesanti di arrivare in paese. Ā«E allora i visitatori, a frotte, vengono scaricati sulla statale 17, dove si creano code e caos inenarrabili, con blocchi, lunghissime attese, rischi per la viabilitĆ e per le personeĀ» ha spiegato il sindaco Francesco Di Donato al sito Abruzzo Web Turismo.
Gli autobus arrivati questo fine settimana erano molti di piĆ¹ del solito, cosƬ tanti che era praticamente impossibile muoversi, sia in auto che a piedi. E per tornare a Napoli hanno impiegato sei ore. PerchĆ© i turisti sotto accusa sono proprio quelli provenienti da Napoli. In unāintervista a Simona Brandolini sul Corriere il sindaco Di Donato ha detto che non si tratta di ārazzismoā ma di buon senso: Ā«Roccaraso accoglie e vuole accogliere sempre piĆ¹ turisti, ma sciatori civili e corretti. Le persone che vengono a Roccaraso con le case o in albergo portano benessere e hanno i servizi. Che aumenteremo sempre piĆ¹. Ma il sistema Roccaraso non ĆØ in grado di reggere lāassalto di chi viene solo la domenica. Non possiamo mettere mille bagni chimici in una stazione sciistica. Io sto per strada, queste persone non hanno la pazienza, si innervosiscono, non gliene frega niente delle macchine che arrivano. Prima o poi si rischia lāincidente. Lo dico con fermezza: devono affrontare questo fenomeno come se fosse una partita di calcioĀ» (il riferimento ĆØ alla prefettura e al servizio dāordine che viene organizzato quando in zona cāĆØ il ritiro del Napoli). I turisti dellāassalto invece non erano nĆ© sciatori, nĆ© disposti a spendere in servizi e alberghi, tantomeno proprietari di case. Sempre il sindaco: Ā«Agenzie campane spingono per viaggi mordi e fuggi a Roccaraso, con lāaiuto di influencer, e si creano caos indicibili perchĆ© tocchiamo numeri ingestibiliĀ».
La maggior parte dei pullman arrivati questo fine settimana a Roccaraso partivano da Napoli e in particolare da Secondigliano. I media locali hanno riportato le pubblicitĆ sui social che offrivano gite in giornata con partenza alle 6, con pranzo al sacco compreso, per 30 euro. A fare la differenza, perĆ², secondo tutte le cronache, ĆØ stato il richiamo degli Ā«influencerĀ». Una settimana prima Roccaraso cāera stata Rita De Crescenzo, tiktoker da un milione e 700 mila follower. Libero.it la descrive cosƬ: Ā«Nasce il 10 agosto 1979 a Napoli e crescendo la sua infanzia non ĆØ delle piĆ¹ semplici. Quando ha solo 12 anni rimane incinta e il padre del bambino ĆØ un uomo del clan dei Contini, un gruppo della Camorra. Nel 2017 la donna si ritrova in un guaio con la legge e anni dopo, una volta raggiunto il successo, parla apertamente con i propri fan dellāaccaduto spiegando āSono stata arrestata con lāaccusa di spaccio di droga ma ne sono uscita assoltaā. Diventa nota su internet intorno al 2020 quando litiga su TikTok con una signora e il suo video di risposta in cui dice āCe la fai a combattermi? Mettiti la fascia in fronte e scendi in campo. Svergognataā diventa virale. Da questo episodio nel 2021 trae la sua prima hit, la canzone Ma te vulisse fa na gara e ballo? che su YouTube supera le 7 milioni di visualizzazioni. Diventa cosƬ molto seguita su TikTok e anche su Instagram e la carriera come musicista la porta a esibirsi in concerto cantando brani come Ma chi site e CameriereĀ».
De Crescenzo ĆØ una moderna maschera napoletana: accento marcato, lunghi capelli neri corvini, trucco pesante, labbra prominenti. Il video su Instagram in cui si rotola con il figlio nella neve di Roccaraso hanno una didascalia a lettere maiuscole che ĆØ da sola un melodramma: Ā«Kekko a mamma… scusa per tutto quello che hai passato non ero io… spero che mi hai perdonata e che oggi mi vedi una mamma cambiata ti amo figlio mioĀ». Il 21 gennaio ha pubblicato vari video, compresi quelli in cui riprende il figlio Ā«sciare per la prima voltaĀ».
Rita De Crescenzo (Instagram)
Nel milione e mezzo dei suoi follower cāerano molte persone che come il figlio di Rita De Crescenzo non avevano mai sciato e neppure mai visto la neve. E cosa sono 30 euro per vedere la neve per la prima volta? Ce li hanno anche i turisti che non sono nĆ© sciatori, nĆ© clienti dāalbergo nĆ© proprietari di casa. Che per forza di cose non sanno niente di come si sta sulle piste, perchĆ© in montagna non ci sono mai stati. E che forse sono abituati alla prepotenza che regna in molte strade di Secondigliano. Solo che la promessa Ā«low costĀ» (la parola piĆ¹ usata nelle cronache da Roccaraso) dei social ĆØ per definizione illusoria, perchĆ© si basa sui grandi numeri. E i grandi numeri sono incompatibili con lāesperienza esclusiva del turismo Ā«altoĀ» che fanno desiderare.
A Roccaraso questo cortocircuito ĆØ andato in scena allāennesima potenza grazie al moltiplicatore della Ā«napoletanitĆ Ā». Ma ĆØ sempre piĆ¹ frequente allāepoca dei social: post e content creator (spesso pagati per fare pubblicitĆ ) attirano sempre piĆ¹ persone in luoghi sempre piĆ¹ decontestualizzati, conosciuti solo attraverso una foto o un video. Per poi scoprire che il contesto intorno a quella foto o quel video non puĆ² reggere cosƬ tanti numeri. E il paradiso promesso diventa un inferno.
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La Cinebussola |
Luce, le ferite dell’assenza (e una prova magistrale di Marianna Fontana) |
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Si avverte un vuoto, una sofferenza multitasking, una solitudine tracimante nellāesistenza della ragazza senza nome di Luce, il film di Silvia Luzi e Luca Bellino proposto a Locarno 2024, ora nelle sale con Barz And Hippo, prodotto da Donatella Palermo per Bokeh Film, Stemal Entertainment, Rai Cinema. La ventenne senza nome vive sola con una gatta, Molly, e lavora come operaia in una fabbrica di pellami a Solofra, Avellino. Beve, fuma, adora sentire sulle mani le onde del mare. Ha poche amiche e un rapporto difficile con gli uomini: ĆØ diffidente, chiusa a riccio, vittima di un evidente disagio che il film lascia imprecisato. Poi un giorno, a rompere quella bollaĀ di malessere, arriva attraverso il cellulare una voce nebbiosa. Ā«Chi parla?Ā». Ā«Sono ioĀ».
A chi appartiene quella voce che sa tutto della ragazza, la lusinga e la rimprovera. Ā«Mi piace parlare con te. Parlare ĆØ tuttoĀ». Ć forse il padre che riprende un contatto interrotto anni prima? Si tratta di un semplice stalker? O lāuomo dialoga dallāAldilĆ ? Da alcuni dettagli si intuisce che potrebbe essere un detenuto in cerca di redenzione. Le conversazioni convergono su una rabbia comune. Lāuomo si perde in malinconie. Poi ĆØ duro. Talvolta piange, spesso si scusa. La giovane, prima riluttante, si lascia andare: i colloqui diventano unāossessione. Quando ĆØ lei a richiamare, lui la redarguisce: Ā«Non farlo mai piĆ¹!Ā».
Storia di comprensioni tardive, di fatica a riconoscersi. Poi il vuoto lentamente si colma e la ragazza senza nome trova il coraggio per andare avanti verso quella luce che il titolo del film promette. Non importa da dove venga quella voce e neanche a chi appartenga. Bellino e Luzi fanno di questa vaghezza un punto di orgoglio. Il loro ĆØ un puzzle di emozioni piĆ¹ che una narrazione classica per date, fatti e antefatti, che inevitabilmente guarda a La voce umana di Jean Cocteau.
La struttura ĆØ teatrale, claustrofobica, arrotondata nel tragitto tra la fabbrica e il modesto bilocale della protagonista. I due registi usano un dialogo centellinato. La cinepresa a mano, alla Cassavetes, s’incolla ai primissimi piani. Ć il cinema delle comunicazioni interrotte, del chiasso digitale che copre il cigolare delle coscienze. Resta un sostanziale senso di irrisolutezza: il racconto non ha origini nĆ© un punto di arrivo. Ć un inno alla forza delle parole per rinascere. Marianna Fontana, lanciata da Edoardo De Angelis con Perez, Vieni a vivere a Napoli e Indivisibili, nonchĆ© protagonista di Capri-Revolution di Mario Martone, ĆØ unāinterprete davvero sorprendente per efficacia e varietĆ espressiva: si tiene il film addosso dalla prima allāultima sequenza, trasformandolo in una parabola / metafora inquietante sugli affetti perduti o da riconquistare. Per interpretare la ragazza tradita dal destino, a quanto pare, ha lavorato con turni stressanti in una vera fabbrica, studiando il personaggio per quasi un anno. La voce profonda di Tommaso Ragno ĆØ il suo degno contraltare (e la sua rete di protezione).
LUCE di Luca Bellino e Silvia Luzi (Italia, 2024, durata 95ā, Barz And Hippo) con Marianna Fontana e Tommaso Ragno Giudizio: 3 Ā½ su 5 Nelle sale
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