«Migranti a Guantanamo», poi il dietrofront sul blocco dei fondi federali. Sfide e primi stop del tycoon

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Troppa confusione, troppe conseguenze non previste, una forte resistenza. A poco più di una settimana dall’insediamento alla Casa Bianca, Donald Trump, che in questi giorni ha firmato una raffica di ordini esecutivi mostrando sempre il pugno duro, è costretto a fare il primo dietrofront. Ieri, l’ufficio del budget ha infatti annunciato la decisione di revocare l’ordine emanato lunedì con cui venivano congelati temporaneamente sovvenzioni e prestiti federali. A rivelare per primo il ripensamento del presidente è stato il Washington Post, entrato in possesso del memorandum distribuito alle agenzie federali. La decisione della Casa Bianca aveva infatti sin dalle prime ore gettato il Paese nel caos, per la vastità dei programmi coinvolti, ma anche per una comunicazione molto vaga. A essere toccati, più o meno tutti i settori, dalla sanità, alla scuola, alla sicurezza, agli aiuti esteri e quelli sociali, come la distribuzione del cibo alle persone in necessità.

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L’INTERVENTO

Quasi subito i procuratori generali di ventidue stati a guida democratica hanno fatto causa, sostenendo che il blocco annunciato non fosse legittimo. Nelle stesse ore, poco prima che entrasse in vigore, il congelamento era stato sospeso fino a lunedì dal giudice distrettuale Loren L. AliKhan. La Casa Bianca però, nel darne l’annuncio, ha voluto sottolineare che rimangono in piedi gli ordini esecutivi che mirano a sospendere tutti i programmi di diversità e inclusione all’interno delle agenzie federali. Durante una conferenza stampa, ieri il presidente Trump ha dato la colpa di tutta la confusione vissuta dal Paese in queste ore ai media che hanno – dice – riportato informazioni sbagliate riguardo alla sospensione dei programmi pensionistici e quelli della sanità, come il Medicare e Medicaid, per gli anziani e le persone in necessità. Programmi che in realtà, ha spiegato, non facevano parte del congelamento, nonostante già nel pomeriggio di ieri il portale di Medicaid fosse chiuso. Nella conferenza stampa di ieri, il presidente, sul tema immigrazione, ha anche annunciato che sarà presto aperto un centro per migranti a Guantanamo, che potrà contenere circa 30mila persone che vivono illegalmente negli Usa. Ma il suo intervento davanti alla stampa è stata soprattutto un’opportunità per il presidente di annunciare la prima legge del suo secondo mandato. Si tratta della Laken Riley Act, chiamata così per ricordare una studentessa di infermieristica di 22 anni uccisa in Georgia lo scorso anno per mano di un immigrato venezuelano che si trovava negli Stati Uniti senza documenti. La legge impone la detenzione e poi successivamente il rimpatrio di tutte le persone “undocumented” accusate di furto o crimini violenti anche prima che vengano condannate dai tribunali. La legge, che il Congresso, a maggioranza repubblicana ha passato anche con l’appoggio di alcuni democratici, è stata criticata dagli attivisti, preoccupati che queste misure possano privare i migranti del diritto a un giusto processo. «Abbiamo raggiunto un livello record di contenimento dell’immigrazione negli Usa», ha detto Trump, «Nessuno tenta di entrare».

I DIRITTI

E le associazioni sono sul piede di guerra legale anche su un altro fronte, quello dei diritti dei transgender. Due gruppi a difesa della comunità hanno infatti intentato una causa martedì per bloccare l’ordine esecutivo firmato da Trump il giorno prima che vieta ai militari transgender di servire nelle forze armate. Era una decisione che il presidente aveva già preso durante il suo primo mandato e che ora ristabilisce dopo che Biden l’aveva ribaltata subito dopo il suo insediamento nel 2021. Ma la guerra ai transgender, in nome del ritorno della logica binaria di due soli sessi in America, è totale. Quarantotto ore fa, con un altro ordine sono stati vietati i trattamenti medici di affermazione di genere per tutti gli adolescenti che hanno meno di 19 anni, spiegando di voler proteggere «giovani vulnerabili» dalle «mutilazioni e sterilizzazione dei medici». Anche in questo ultimo caso i medici e gli attivisti hanno protestato, spiegando che ancora una volta la politica cerca di mettersi in mezzo alle decisioni private che devono prendere le famiglie con i dottori. Si tratta di cure, denunciano, che in molti casi possono salvare la vita di questi adolescenti, il cui futuro ora è, ancora una volta, appeso all’incertezza.

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