Recenti studi archeologici hanno rivelato come i tatuaggi realizzati nelle culture precolombiane possano spesso competere, se non addirittura superare, per precisione e complessità le tecniche moderne. In particolare, un’analisi dettagliata condotta su oltre cento resti umani appartenenti alla cultura Chancay, che fiorì lungo la costa centrale del Perù tra il 900 e il 1533 d.C., ha permesso di osservare linee di tatuaggi sottilissime, realizzate probabilmente con strumenti avanzati per l’epoca, come aghi ricavati da cactus o ossa animali affilate. Un altro elemento è quello cromatico. Perché i tatuaggi del passato avevano colorazioni vivaci?
La “Dama de Cao” e i tatuaggi dell’élite
Il più noto esempio di resti umani mummificati con tatuaggi ben conservati appartiene a una donna di alto rango della cultura Moche, conosciuta come la “Dama de Cao”. Questo reperto ha contribuito a sviluppare la teoria secondo cui i tatuaggi nell’antico Sud America fossero riservati principalmente ai rappresentanti delle classi sociali elevate.
“Sulla base di questi studi, è stata adottata una tesi generale secondo cui i tatuaggi erano riservati principalmente ai rappresentanti delle classi sociali più alte, sebbene fossero relativamente comuni in tutto il Sud America preispanico”, ha dichiarato Judyta Bąk, etnologa e archeologa della Facoltà di Storia dell’Università Jagellonica.
Conservazione e fattori di degrado
La conservazione dei tatuaggi precolombiani varia notevolmente, da motivi perfettamente visibili e ben delineati a tracce quasi impercettibili.
“Molti fattori influenzano la loro condizione. Il processo di creazione dei tatuaggi gioca sicuramente un ruolo importante, inclusa la precisione dei disegni e dei pigmenti utilizzati, che potrebbero aver avuto un impatto sulla loro durata e resistenza ai processi di degradazione”, ha spiegato Bąk. “Inoltre, il tempo trascorso dalla loro realizzazione e le condizioni ambientali hanno avuto un impatto fondamentale sulla conservazione della pelle e sulla visibilità del pigmento.”
Tecniche innovative: l’uso della fluorescenza stimolata dal laser (LSF)
Per approfondire lo studio dei tatuaggi antichi, il progetto internazionale a cui ha partecipato Judyta Bąk ha utilizzato una tecnica innovativa: la fluorescenza stimolata dal laser (LSF). Questa metodologia è stata applicata per la prima volta nello studio dei tatuaggi antichi. Lo studio è stato pubblicato su Pnas.
“Ad oggi sono stati esaminati con il metodo LSF 100 resti mummificati delle culture Chancay e una dozzina circa delle culture Paracas, Lima e Ychma,” ha affermato la studiosa.
Il metodo LSF consente di ottenere immagini estremamente dettagliate dei tatuaggi conservati su pelle mummificata. “Il meccanismo di base di questa tecnologia è l’uso di emissione fluorescente, che permette di illuminare selettivamente la superficie della pelle, rivelando dettagli dei tatuaggi difficili da osservare con metodi tradizionali. Grazie a questa tecnica, è possibile vedere le linee originali dei tatuaggi, la loro struttura e il livello di avanzamento della loro esecuzione,” ha aggiunto l’archeologa.
Il caso dell’Uomo Tatuato di Huacho
Tra gli esempi più emblematici esaminati durante il progetto si distingue l’“Uomo Tatuato di Huacho”, i cui resti presentano numerosi tatuaggi distribuiti su quasi tutta la superficie corporea.
“I modelli includono sia forme semplici che scene figurative più complesse. Confrontando i tatuaggi dell’uomo di Huacho con altri esempi della cultura Chancay, si può supporre che il loro numero e la loro complessità indichino il ruolo speciale di quest’uomo nelle strutture sociali di questa cultura,” ha sottolineato Judyta Bąk.
Strumenti e tecniche avanzate
Uno degli aspetti più sorprendenti emersi dalla ricerca riguarda la precisione delle linee dei tatuaggi, alcune delle quali larghe solo 0,1-0,2 mm. Queste linee sottilissime suggeriscono l’utilizzo di strumenti estremamente affilati, presumibilmente un singolo ago di cactus o un osso animale affilato.
“Le linee così sottili riflettono il fatto che ogni punto di inchiostro è stato posizionato a mano con grande precisione,” ha spiegato la ricercatrice. “Il livello di dettaglio e precisione è risultato uguale o addirittura superiore a quello riscontrato su ceramiche, tessuti e arte rupestre.”
Tatuaggi come arte complessa e simbolo culturale
I tatuaggi più frequenti raffigurano motivi geometrici e zoomorfi. Tuttavia, molti campioni presentavano solo macchie amorfe dai bordi sfocati, mentre in alcuni casi erano ancora visibili linee sottili e ben definite.
“I tatuaggi sono una delle forme d’arte più complesse riscontrate nella cultura Chancay fino ad oggi e costituiscono parte del nucleo culturale ed estetico della società,” ha concluso Bąk. “Lo studio dimostra un livello di complessità artistica nel Perù precolombiano più elevato del previsto.”
Pigmenti compatti e vividi: un’eredità del passato
Nel mondo antico, i tatuatori usavano materiali naturali che, per quanto talvolta rudimentali, garantivano risultati cromatici duraturi e brillanti. Questi pigmenti derivavano spesso da ossidi di metallo, terre colorate e carbone vegetale. Inoltre, la compattezza cromatica di alcuni tatuaggi antichi è dovuta all’assenza di sofisticate diluizioni e additivi chimici presenti nei pigmenti moderni, che tendono a sbiadire più rapidamente sotto l’effetto della luce solare e del metabolismo cutaneo.
Pigmenti del passato? Vividi ma pericolosi
In epoche passate (fino a tempi relativamente recenti), venivano utilizzate alcune sostanze oggi vietate per i tatuaggi, in quanto tossiche o potenzialmente cancerogene. Questi pigmenti erano spesso di origine minerale o metallica e offrivano colori estremamente vividi e duraturi. Tra i principali:
- Cinabro (solfuro di mercurio): utilizzato per ottenere un rosso intenso e brillante. Tuttavia, il mercurio è altamente tossico per l’organismo.
- Blu di cobalto: garantiva una tonalità vibrante di blu, ma il cobalto è associato a reazioni allergiche gravi e potenziali effetti cancerogeni.
- Verde di arsenico (noto anche come verde di Scheele o verde di Parigi): forniva un verde vivido, ma l’arsenico è estremamente velenoso.
- Giallo di cadmio: offriva un giallo intenso e duraturo, ma il cadmio è altamente tossico e cancerogeno.
- Bianco di piombo: utilizzato per schiarire i toni, ma il piombo è neurotossico e cumulativo nel corpo umano.
La modernità e la tutela della salute
Con l’avvento delle normative sanitarie, molte di queste sostanze sono state vietate e sostituite con pigmenti sintetici più sicuri ma meno stabili. I colori moderni tendono spesso a sbiadire più rapidamente e a perdere quella compattezza cromatica che contraddistingueva i tatuaggi antichi. Anche il processo stesso di realizzazione del tatuaggio, oggi più delicato per evitare traumi alla pelle, influisce sulla resa estetica.
L’effetto vintage dei tatuaggi antichi
Un altro aspetto rilevante è l’invecchiamento naturale dei tatuaggi antichi, che spesso mostra un’estetica armoniosa, con linee che si sfumano in modo quasi pittorico, conferendo loro un fascino unico. I pigmenti minerali, resistenti al tempo, si ossidavano in modo omogeneo, mantenendo una bellezza che molti tatuaggi moderni, basati su pigmenti sintetici, faticano a replicare.
In definitiva, la scelta moderna di privilegiare la sicurezza rispetto alla vivacità cromatica ha senza dubbio limitato la gamma estetica dei tatuaggi, rendendo quelli antichi un esempio suggestivo di come arte e chimica possano intrecciarsi, lasciando tracce indelebili sulla pelle e nella storia.
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