Il numero di giovani è stabile negli ultimi 10 anni, ma il declino demografico è alle porte

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Il numero dei giovani presenti in Veneto è rimasto quasi stabile negli ultimi dieci anni; più precisamente, è calato di poco: 5.500 unità in meno, ovvero il -0,6%. Il dato riguarda la popolazione nella fascia di età tra i 15 e i 34 anni, che è passata dalle 989.127 unità del 2014 alle 983.679 del 2024. Osservando la tendenza complessiva dell’Italia si vede che le regioni del sud mostrano una variazione molto negativa, mentre al nord va meglio (anche a causa della migrazione interna). Alcune regioni (Liguria, Trentino Alto Adige, Lombardia ed Emilia Romagna) segnano una variazione positiva, mentre altre registrano un leggero calo: il Veneto, appunto, ma anche il Piemonte e la Val d’Aosta.

L’ufficio studi della Cgia, che ha raccolto i dati, fa presente che nelle regioni del nord il calo della natalità finora è stato compensato dall’arrivo di giovani provenienti dal sud e, soprattutto, dagli stranieri. Le previsioni, però, non sono rassicuranti: il crollo delle nascite farà sentire in suoi effetti negativi in tutto il Paese, e quindi anche nel Veneto la popolazione giovanile è destinata a ridursi in misura importante.

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Nelle province

Le province venete che hanno registrato le contrazioni più importanti della platea giovanile sono state Rovigo (-5.855, pari al -12,8%) e Belluno (-1.012 unità, il -2,6%). Quelle che mostrano dati migliori sono la provincia di Treviso (+1.073 unità, pari al +0,9%) e l’area metropolitana di Venezia (+972 giovani, equivalenti al +0,6%). Verona è stabile (+0%), Padova e Vicenza hanno perso poche unità.

Le priorità: scuola, università e formazione

Quando si analizza la fascia giovanile della popolazione, sottolinea la Cgia, emergono due aspetti preoccupanti: il tasso di occupazione e il livello di istruzione sono inferiori alla media europea. «Nei prossimi decenni queste criticità potrebbero avere ripercussioni gravissime sul mondo imprenditoriale – scrive l’associazione -. Già da qualche anno avvertiamo il grido di allarme sollevato dagli imprenditori veneti: le aziende incontrano sempre maggiori difficoltà nel reperire personale qualificato; questo sia per la mancanza di candidati idonei che per l’insufficienza delle competenze delle persone chi si presentano ai colloqui. Il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro è sempre più evidente e richiede scelte politiche urgenti; investendo, in particolare, molte più risorse nella scuola, nell’università, nella formazione professionale».

Nel 1943 +170% di nascite rispetto a oggi

I dati delle nascite si possono confrontare anche con quelli di 80 anni fa perché si basano sempre sulle dichiarazioni registrate agli uffici anagrafe. Il confronto tra i nati vivi del 1943 e quelli del 2023 è sorprendente: nel pieno della seconda guerra mondiale, le nascite in Veneto furono pari a 82.504, oltre il 170% in più rispetto alle 30.438 registrate nel 2023. Va notato che, se nel 1943 il Veneto aveva 1,1 milioni di abitanti in meno rispetto ad oggi ma registrava 52mila nascite in più, non si può sostenere che la denatalità degli ultimi anni sia attribuibile alla mancanza di servizi o all’insufficienza di aiuti alle giovani famiglie. «Certo, questi aspetti sono rilevanti – fa presente Cgia – ma è altrettanto vero che 80 anni fa, con il Paese in guerra,  le condizioni di vita e le prospettive future erano decisamente peggiori rispetto a quelle attuali».

Il ruolo dell’immigrazione

L’immigrazione è utile, anche se non può costituire l’unica risposta al declino demografico; a condizione, sostiene la Cgia, di essere in grado di preparare adeguatamente le persone che intendono entrare in Italia. Come ha avuto modo di sottolineare anche il Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro), il nostro Paese dovrebbe prevedere delle corsie preferenziali nell’assegnazione delle quote di ingresso riservate a coloro che, nel proprio paese d’origine, abbiano frequentato un corso di lingua italiana e ottenuto una qualifica professionale. Alle imprese italiane, invece, spetterebbe il compito di garantire a questi extracomunitari un’occupazione stabile e fornire un aiuto concreto nella ricerca di un alloggio.

Il crollo nel sud

Dei 747.672 giovani in meno registrati nell’ultimo decennio (2024-2014) ben 730.756 (pari al 97,7% del totale) sono riconducibili al Mezzogiorno. Altri 119.157 si riferiscono al Centro, mentre il Nord ha ottenuto un buon risultato, in parte ascrivibile alla presenza degli stranieri. Sempre tra il 2014 e il 2024 la popolazione tra i 15 e i 34 è aumentata di 46.821 unità nel Nordest e di 55.420 nel Nordovest.  A livello provinciale, invece, le contrazioni più importanti hanno interessato la Sud Sardegna (-25,4%), Oristano (-23,4), Isernia (-21,5), Reggio Calabria (-19,6) e Catanzaro (-19,3). Delle 107 province monitorate, solo 26 hanno registrato un saldo positivo. Spiccano in particolar modo i risultati ottenuti a Gorizia (+9,7%), Trieste (+9,8), Milano (+10,1) e Bologna (+11,5).



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