Sette motivi per cui Donald Trump non viene per nuocere

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Vuole chiudere con le guerre, ridurre il potere cinese e liberarci dal «woke». Siamo sicuri che sia lui a sbagliare?


Dunque, il mondo è in pericolo dopo l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca e il suo discorso, definito «inquietante» da tanti? Proviamo a ragionare con la mente sgombra e i piedi per terra, partendo dalla realtà, oltre le opposte retoriche. Veniamo da un biennio in cui abbiamo rischiato davvero la guerra mondiale, con due laceranti conflitti che hanno insanguinato il crinale tra Oriente e Occidente, a nord e a sud. Con una serie di effetti a cascata, tra corsa agli armamenti, crisi energetiche, gas alle stelle, perdita di ruolo e di peso dell’Europa, collasso delle relazioni internazionali, odio rinfocolato del mondo arabo-islamico verso l’Occidente e Israele. Insomma siamo stati vicini al conflitto mondiale come non succedeva dai tempi della crisi di Cuba, più di 60 anni fa (e anche allora, per la cronaca, c’era un presidente «buono», e dem, alla Casa Bianca, John F. Kennedy e perfino un comunista buono, e ucraino, al Cremlino, Nikita Krusciov). Oggi questo doppio conflitto è in via di risoluzione e tutti riconoscono che l’avvento di Trump ha sbloccato la situazione. Ma il racconto ufficiale è il contrario: stiamo perdendo la pace (!) perché arriva lui, il guerrafondaio. Trump è aspro e urticante, antipatico anche nel tono della voce, spavaldo e spaccone. L’opinione corrente è che con lui si abbatteranno sul mondo le Sette Piaghe bibliche. Andiamo a vedere nel merito.

1) Trump ha aperto pericolose rivendicazioni a Panama, in Groenlandia, in Canada, al confine col Messico, un po’ ovunque. In realtà Trump non ha mai minacciato interventi militari ma ha caldeggiato liberi pronunciamenti popolari, acquisizioni commerciali, negoziati politici e diplomatici. Il neopresidente negozia così: spara alto e grosso, per avviare una trattativa e ottenere risultati concreti, nel passaggio delle navi dal canale a Panama, nel controllo delle risorse – altrimenti a rischio «cinese» – in Groenlandia, nel riposizionamento del Canada, dopo la fallimentare esperienza di Justin Trudeau, non solo sul piano dell’ideologia woke.

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2) Trump segue Elon Musk invocando Marte e l’intelligenza artificiale: ma non il dio della guerra bensì il pianeta da conquistare. Un’auspicabile conversione delle spese militari in impresa spaziale. Investirà poi molto sull’Ia che certo è un terreno pericoloso: ma fino a ieri lamentavamo il ritardo e l’assenza del potere statale in un campo così cruciale, lasciato ai privati, e ora ci lamentiamo di un intervento mirato?

3) Trump imporrà dazi pesanti non solo ai vicini, Canada e Messico, per costringerli a presidiare le frontiere. Ma anche al resto del mondo, a partire dall’Europa. Rendiamoci conto che la globalizzazione oggi giova alla Cina e all’Asia, non coincide più con gli interessi occidentali, europei e americani. Oggi è necessario proteggersi, avere scudi e filtri nel commercio mondiale, tutelare le nostre economie. È un capitolo spinoso, quello dei dazi, ma con Trump si deve negoziare, trovare un punto di convergenza. Dazi chiari amicizia lunga.

4) Lo stop agli immigrati clandestini, il blocco delle frontiere, la revoca dello «ius soli». Può piacere o non piacere, si possono discutere nel merito i singoli provvedimenti e non amare i toni ostili che usa. Ma da un verso corrispondono al mandato elettorale ricevuto, è stato votato per portare avanti quel programma. Dall’altro verso si deve capire che l’Occidente non è in grado di accogliere flussi migratori imponenti, altrimenti rischia di sfasciarsi trascinando il mondo intero nella rovina. Si devono affrontare con realismo i temi dell’immigrazione e la sicurezza delle frontiere, non con la retorica dell’inclusione e dell’accoglienza. In chiave di sicurezza si spiega anche il ripristino della pena di morte; può piacere o no, ma questa è già legge in molti Stati americani, rientra nel loro dna.

5) Liberare i social, internet e la stampa dalle griglie della censura, dichiarare guerra all’ideologia woke, è un preciso impegno che Trump ha assunto col popolo americano, largamente stanco del politically correct, della cancel culture e dei divieti che limitano la libertà di opinione. Il fatto che Zuckerberg e gli altri magnati del web si siano prontamente adeguati al nuovo corso è visto come un segno di regime; ma non vi sfiora il dubbio che l’essersi in precedenza adeguati all’indirizzo dem e aver imposto censure e vigilanze sia stato un segno di regime? La differenza è che in questo caso si tolgono i divieti mentre allora venivano imposti.

6) Ribadendo che i sessi sono due, maschile e femminile, Trump torna alla realtà di sempre, dice una cosa vera e scontata, ma che veniva rimessa in discussione dall’ideologia lgbtq+ e transgender. Un conto è assicurare a tutti il diritto di vivere seguendo i propri orientamenti sessuali e le proprie scelte, purché non a danno di altri; un altro è rimettere in discussione il certo e l’evidente, la storia dell’umanità dalle origini e cancellare la natura, la procreazione, le differenze. Il coraggio dell’ovvietà.

7) Trump, dicono, dichiara guerra all’Europa, vorrebbe usare Giorgia Meloni per sfasciarla. Più sfasciata di così l’Europa non è possibile. La guerra in Ucraina ci ha messi in ginocchio, siamo tornati al traino della Nato e degli Stati Uniti, abbiamo leadership fragili, governi in bilico, senza legittimazione popolare. Non riusciamo a far valere il nostro peso; e ora attribuiamo al neoeletto Trump la colpa di boicottare l’Europa. Via, non siate ridicoli.





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