Maxi-premio degli Stati Uniti allo scienziato pugliese Angelo Tafuni

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Un grande successo oltre oceano e un grande amore… dei paesi suoi. L’altamurano Angelo Tafuni è un giovane talento nel campo dell’Ingegneria meccanica ed aerospaziale che in America, dove vive e insegna, ha appena vinto un premio alla Ricerca della Fondazione Nazionale della Scienza degli Stati Uniti del valore di 560 mila dollari. Inoltre, proprio negli Usa, ha avuto la ventura di conoscere colei che è diventata sua moglie, la brillante Carlotta Mummolo che è ingegnere come lui ed è pugliese come lui, essendo nata a Bari. Una storia permeata dalla potenza del fato che, qualche anno fa, finì addirittura su «Engineering.nyu.edu» la rivista del Politecnico Tandon di New York, la gloriosa istituzione (fondata nel 1854) nella quale i due progetti di carriera, sono diventati un progetto di vita.

Complimenti professore, un gran risultato anche in considerazione del fatto che deve ancora compiere 40 anni. È giovanissimo.

«Giovanissimo? Tutto è relativo – risponde scherzando – Ho due bambini, uno ha 8 mesi e l’altro 5 anni, e bhe… mi sento sessantenne. Ci si sente più vecchio quando si hanno figli».

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Vuol ricapitolare, in breve, la sua formazione?

«Ho iniziato gli studi a Bari con la laurea triennale in Ingegneria meccanica al Politecnico di Bari e mi è sempre piaciuta l’idea di fare un’esperienza all’estero. Così ho fatto l’Erasmus in Olanda. Sono stato per poco meno di un anno all’Università di Eindhoven dove ho fatto studi specialistici. Rientrato a Bari, mi sono iscritto alla specialistica a Ingegneria meccanica, trascorrendo un anno presso l’Università americana affiliata, nell’ambito di un accordo di double degree, cioè doppia laurea. E ho scelto l’Università di New York che si trova a Brooklyn. Lì ho conseguito la specialistica e poi… e poi non sono più tornato. Era il 2012 e ho avuto un’offerta di dottorato dalla stessa Università e son rimasto lì. Anzi, per la verità, siccome non avevo ancora terminato la specialistica in Italia, per qualche tempo facevo il pendolare al contrario. Dagli Usa, tornavo in Italia, davo qualche esame per completare la specialistica al PoliBa e ripartivo per New York. Così ho consguito la specialistica durante il dottorato in America».

Una bella fatica.

«Sì. Però a me piace portare a termine i progetti che intraprendo. Poi la stessa Università americana mi ha offerto una posizione di Visiting Professor in Ingegneria meccanica e aerospaziale. È un posto ti permette di avviare la carriera accademica, ma diciamo non in maniera definitiva, è a tempo determinato, è il primo gradino della carriera accademica. Però ho accettato e ho iniziato a guardarmi intorno, ben sapendo che sarebbe stato molto difficile. Già è difficile trovare per uno solo, e noi eravamo in due. Avevamo il problema che qui chiamano del “two-body”».

Cioè?

«Durante il dottorato ho condiviso questa esperienza con la mia attuale moglie che ha fatto, più o meno, lo stesso mio percorso accademico. È italiana, di Bari, si chiama Carlotta Mummolo e, quindi, dovevamo trovare un lavoro per entrambi e, possibilmente, nello stesso posto. Abbiamo mandato tanti cv, anche in Nevada. Alla fine, nel 2018, siamo riusciti, quasi magicamente, ad avere un posto di lavoro a 8 miglia da Manhattan, a Newark. Il New Jersey Institute of Technology ha riposto fiducia in entrambi e ci ha assunti, a me nel Dipartimento di tecnologia dell’ingegneria, mentre Carlotta nel Dipartimento di ingegneria biomedica».

E ora arriva questo premio importante.

«Sì. È molto particolare perché ha un importo rilevante, che ti viene dato per fare ricerca, ma è anche prestigioso. Diciamo che viene dato come riconoscimento per far avanzare la carriera di un docente che non è ancora “senior”. La Fondazione Nazionale della Scienza degli Stati Uniti è un ente governativo e il premio mette i vincitori nella condizione di avere una carriera brillante. È un biglietto da visita importante, ti mette in una cerchia ristretta di accademici. E, infatti, tutti ambirebbero ad averlo, a poterlo inserire nel proprio curriculum».

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Ora quali sono i suoi progetti?

«Per prima cosa ci tengo a dire che, oltre al lavoro, sono fortemente interessato a tramandare le nostre radici e tradizioni pugliesi nell’area metropolitana di New York. Lo faccio tramite un’associazione che si chiama “We are Puglia”. L’abbiamo fondata prima della pandemia con una serie di professionisti più o meno della mia età e che vivono a New York. Facciamo vari eventi, dalla presentazione di libri agli eventi enogastronomici, ai concerti, gli spettacoli. È una cosa alla quale tengo molto e, infatti, sono anche presidente di questa organizzazione ed essa fa parte della Federazione dei pugliesi di New York, presieduta da John Mustaro».

Ma, quindi, la Puglia nel suo “orizzonte” che ruolo ha?

«È sempre casa mia e ci vengo frequentemente. Ho anche alcuni rapporti di collaborazione con docenti del PoliBa. Non ho mai interrotto il legame, anzi forse lo sento ancor di più adesso. Se vogliamo fare previsioni future… non lo so. Adesso c’è la carriera che va avanti in America e c’è questo Premio, che dura 5 anni e ci sarà molto lavoro interessante da fare. Non escludo nulla. Diciamo che non posso farne a meno».

Di cosa?

«Di passare tempo in Puglia, di stare con i miei cari. Non posso farne a meno di una terra che, se vogliamo, mi ha dato tutto».



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