Composizione negoziata della crisi di impresa e piano liquidatorio

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Dopo un avvio difficile, la composizione negoziata della crisi di impresa (“CNC”) è destinata ad affermarsi sempre di più nel panorama dei risanamenti di impresa, anche grazie all’introduzione, nel D.Lgs. 14/2019 (“CCII”), da parte del D.Lgs. 136/2024 (“Correttivo-ter”), della “transazione fiscale”, di cui al comma 2-bis, dell’articolo 23, CCII (si veda il contributo pubblicato sul numero di Euroconference NEWS dell’8 novembre 2024).

Dall’ultimo osservatorio semestrale di Uniocamere, pubblicato lo scorso 14.11.2024, emerge, infatti, che il totale delle istanze per la CNC, a partire dal 15.11.2021, ammonta a 1.860, vale a dire 823 in più rispetto a quelle censite a novembre 2023, con una crescita incrementale nei primi 3 trimestri del 2024, rispetto al medesimo periodo del 2023, del 57%. Una particolare crescita del numero delle istanze è stata registrata nel corso dell’ultimo mese di osservazione, presumibilmente proprio grazie alle misure di favore previste dal Correttivo-ter, pubblicato in G.U. lo scorso 27.9.2024.

Ma una delle questioni, tuttora irrisolte, che potrebbe contribuire ad una ulteriore diffusione della CNC, riguarda la possibilità di proporre una soluzione di risanamento di tipo liquidatorio, ovvero che non contempli la continuazione dell’attività di impresa, nemmeno mediante la cessione del complesso aziendale in funzionamento (continuità indiretta).

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

Il caso potrebbe essere quello di una società che ha cessato la propria attività di impresa, o intende cessarla a breve, in quanto la ritiene non profittevole e diseconomica, ma che ha beni la cui liquidazione non consente di pagare integralmente i creditori sociali. I soci sono disposti ad intervenire finanziariamente ma anche con dette risorse aggiuntive l’impresa non è in grado di soddisfare interamente i creditori, per cui è necessario proporre uno stralcio. Vi sono debiti per imposte e relative sanzioni e interessi per cui la possibilità di non pagare integralmente l’Erario passa necessariamente per una procedura e la società reputa che lo strumento più snello, tempestivo e con minori costi per proporre un simile piano di liquidazione con pagamento parziale dei debiti, rispetto ad altri istituti di regolazione della crisi, sia proprio la CNC, confidando di raggiungere in tale contesto specifici accordi con i creditori (compreso l’Erario).

Sulla possibilità che un simile caso di piano liquidatorio con stralcio dei debiti sia ammissibile nell’ambito della CNC la giurisprudenza dei tribunali che sono stati chiamati a confermare le misure protettive richieste dalle imprese si presenta nettamente divisa.

La prima pronuncia degna di nota è quella del Tribunale di Bergamo (ordinanza 15.3.2022) riguardante il caso di una società immobiliare che intendeva liquidare parte degli immobili di proprietà, così da consentire un accordo a saldo e stralcio nei confronti degli istituti di credito di cui era debitrice e la rateizzazione dei crediti erariali e di quelli per Imu. Secondo il tribunale si trattava di un piano sostanzialmente liquidatorio, in quanto non accompagnato da alcuna concreta, quand’anche embrionale, ipotesi di risanamento funzionale alla prosecuzione dell’attività di impresa e una soluzione di tipo liquidatorio non è ammissibile quale possibile positivo esito della procedura di negoziazione assistita, a norma dell’allora vigente articolo 11, commi 1, 2 e 3 lett. a), D.L. 118/2021. Solo in caso di esito negativo delle trattative per il risanamento è contemplata la possibilità di ricorre alla procedura liquidatoria di concordato semplificato. La soluzione liquidatoria non potrebbe, dunque, essere prospettata ab origine quale unico mezzo per addivenire al soddisfacimento dei creditori.

Dello stesso avviso il Tribunale di Ferrara (ordinanza 21.3.2022), secondo il quale un piano meramente liquidatorio, basato sulla liquidazione dell’attivo ed il pagamento falcidiato dei creditori, non presupponendo la ripresa dell’attività, difetta del presupposto per l’accesso alla procedura, e cioè la ragionevole possibilità di risanamento dell’impresa.

In tempi successivi il Tribunale di Perugia (decreto 15.7.2024, n. 299) ha invece osservato come nella disciplina della composizione negoziata, ancora più con l’attuale articolo 12, comma 2, CCII (che contempla il trasferimento dell’azienda o di rami di essa), vi siano diversi elementi a supporto della possibilità di prevedere al suo interno un piano liquidatorio (totale o parziale). Tali elementi sono rappresentati, in primis, dalle modalità di calcolo del “test pratico”, ai sensi del D.M. 28.09.2021, secondo le quali l’importo complessivo del debito da ristrutturare deve essere ridotto sia dei proventi della cessione dei cespiti dell’impresa (immobili, partecipazioni, impianti e macchinari oltre che di ramo di azienda) che dell’eventuale stralcio ipotizzabile con i creditori. Altro elemento a supporto di detta tesi sarebbe rappresentato dalla possibilità di accedere alla CNC anche da parte delle imprese insolventi, sebbene in presenza di concrete prospettive di risanamento, nell’ambito del quale può ricomprendersi tanto quello perseguito tramite la prosecuzione (totale o parziale) dell’attività di impresa, quanto il risanamento dell’”esposizione debitoria dell’impresa” attuato tramite la soddisfazione dei creditori anche con i proventi della liquidazione dell’attività.

Pure il Tribunale di Mantova (ordinanza 4.12.2024) ha ritenuto la CNC di per sé astrattamente compatibile anche con un piano di natura sostanzialmente liquidatoria, ovvero con lo status di liquidazione. La pronuncia riguardava un piano che prevedeva la continuità limitata a 2 anni, al solo fine di completare le commesse in corso di esecuzione, dopo di che si sarebbero liquidati gli asset aziendali non più necessari, utilizzando il ricavato di tali vendite, unitamente alla finanzia esterna apportata dai soci, per pagare i creditori.

Invece, altra parte della recente giurisprudenza (Tribunale Pavia, 8.7.2024; Tribunale Torre Annunziata,  24.1.2024; Trib. S.M. Capua Vetere, 13.1.2025), ricollegandosi alla citata pronuncia del Tribunale di Bergamo, ha negato la compatibilità della CNC con un piano liquidatorio, ovvero che non contempli alcuna prosecuzione, anche indiretta, dell’attività di impresa.

Dette posizioni sono principalmente basate sulla considerazione che l’articolo 23, C.C.I.I., rubricato “Conclusione delle trattative”, non prevede alcuna soluzione “liquidatoria” come sbocco, ab origine, delle trattative della composizione negoziata, ma solo soluzioni in continuità (diretta o indiretta). Le soluzioni liquidatorie, come, in particolare, il concordato semplificato, devono ritenersi accessibili solo nel caso di impossibilità di risanamento attraverso una delle soluzioni “primarie” individuate dall’articolo 23, a seguito di fallimento delle trattative (comunque condotte secondo buona fede).

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 

Queste tesi paiono destinate ad essere superate con l’avvento del Correttivo-ter del Codice della crisi, anche se questo non affronta direttamente il tema, ma vi sono comunque alcuni interventi che sembrano rafforzare la compatibilità della CNC con piani liquidatori.

Innanzi tutto, è modificato l’articolo 12, comma 1, C.C.I.I., nel senso di confermare che può accedere allo strumento in esame l’imprenditore commerciale o agricolo che si trova nelle situazioni, di cui articolo 2, comma 1, lett. a), e b), C.C.I.I., ovvero non solo in stato di crisi ma anche in quello di “insolvenza”.

Ma soprattutto viene modificata la citata disposizione, di cui all’articolo 23, C.C.I.I., andando ad eliminare la condizione che legava il passaggio dalle soluzioni “primarie” della CNC, di cui al comma 1 (contratto con i creditori, convenzione di moratoria, accordo con i creditori), a quelle “alternative”, di tipo giudiziale, di cui al comma 2 (piano attestato di risanamento, accordo di ristrutturazione dei debiti, concordato semplificato, concordato preventivo).

Infatti, non è più previsto che le soluzioni di cui al comma 2, siano percorribili solo all’esito negativo delle trattative per addivenire ad una delle soluzioni tra quelle di cui al comma 1, sancendo così un pieno principio di alternatività nella scelta del percorso da intraprendere che sconfesserebbe quelle tesi che sostenevano la necessità di perseguire prima le soluzioni “tipiche” (di continuità), per poi accedere a quelle alternative di tipo “giudiziale” (che possono anche essere di tipo liquidatorio).

Pertanto, già in sede di accesso alla composizione negoziata si potrà da subito ipotizzare una soluzione basata, ad esempio, su un piano di ristrutturazione dei debiti o su un concordato preventivo, istituti che, come è noto, possono prevedere anche un piano meramente liquidatorio.

La relazione al Correttivo-ter precisa che la modifica è diretta a confermare che anche gli eventuali sbocchi “giurisdizionali” vanno considerati come risultati positivi della composizione la quale, rispetto ad essi, è chiamata a svolgere un “ruolo preparatorio tale da garantire ristrutturazioni più rapide ed efficienti”.

Si ribadisce, pertanto, che la CNC è una sorta di “contenitore” nell’ambito del quale l’impresa, in sede “protetta” e con l’assistenza professionale dell’esperto, può proporre le più svariate soluzioni per addivenire al risanamento (da intendersi non solo della propria attività economica, ma anche della propria situazione debitoria) e ciò dovrebbe essere perseguibile anche con soluzioni di tipo liquidatorio, se più rapide ed efficienti rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale.

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

Pur essendo comprensibili le ragioni dirette ad evitare un uso abusivo, o semplicemente dilatorio, della CNC, a parere di chi scrive il contrasto all’abuso non può essere perseguito restringendo il campo di applicazione della procedura, bensì affrontando caso per caso le soluzioni di risanamento proposte dalle imprese in crisi che vi accedono.

Qualora, infatti, anche un piano meramente liquidatorio, magari assistito da finanza esterna, appaia effettivamente e concretamente idoneo ad assicurare ai creditori un soddisfacimento superiore rispetto ad una procedura di liquidazione giudiziale, non si vede perché il relativo interesse dei creditori non possa essere considerato degno di tutela anche nell’ambito di una composizione negoziata.

In tal senso valgono le considerazioni finali del citato provvedimento del Tribunale di Perugia, secondo il quale se il valore dei beni da liquidare, insieme ad eventuali altri attivi disponibili, accompagnato da uno stralcio dei debiti, consente di predisporre un piano potenzialmente accettabile da parte dei creditori (o comunque che possa apparire come ragionevole punto di partenza di una trattativa) non dovrebbe esservi motivo di impedire lo svolgimento della trattativa nella sede protetta della CNC.

In particolare, il piano liquidatorio dovrebbe essere migliorativo per tempi e/o valore rispetto ad una liquidazione giudiziale, ipotesi spesso facilmente verificabile tenuto conto anche della durata limitata delle trattative della CNC e, invece, delle lungaggini, inefficienze e incertezze della liquidazione giudiziale.

Per contro, lo stato di liquidazione dell’impresa richiedente protratto da tempo e l’esiguità del valore dei beni da liquidare e dell’attivo disponibile rispetto al debito complessivo dell’impresa costituiranno elementi da considerare ai fini di valutare se il ricorso alla CNC sia effettivamente da considerarsi “abusivo”, ovvero meramente “dilatorio”.



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