Meno terreni agricoli per gli allevamenti, meno carne da consumare. È questa la direzione tracciata dal governo britannico nel nuovo piano per la gestione del suolo, presentato dal segretario di Stato per l’ambiente, l’alimentazione e gli affari rurali Steve Reed. Dimezzare i pascoli per proteggere la natura e ridurre le emissioni di carbonio, con la prospettiva di un futuro in cui gli inglesi mangeranno meno carne e gli agricoltori saranno incentivati a diversificare la produzione.
Meno terreni agricoli, meno carne
Il progetto prevede una riduzione di oltre il 10 per cento delle terre agricole in Inghilterra entro il 2050, con una particolare stretta sui pascoli degli allevamenti. «Parlerò con i consumatori delle scelte che stanno facendo lì. Sappiamo che dobbiamo sviluppare una strategia alimentare», ha dichiarato Steve Reed sul quotidiano inglese The Guardian, lasciando intendere che il governo punterà sull’informazione per orientare le abitudini alimentari dei cittadini. L’idea è che, fornendo strumenti per scegliere consapevolmente, le persone finiranno per consumare meno carne in modo autonomo, senza necessità di imposizioni. Secondo il governo, il ripensamento dell’uso del suolo non può prescindere dalla sostenibilità: i terreni più soggetti a inondazioni saranno sottratti all’agricoltura intensiva e destinati alla riforestazione o alla creazione di aree umide. «In futuro probabilmente non è una buona idea continuare a coltivare colture in campi come quello, perché il tuo investimento verrà distrutto. Ma che grande posizione, forse, per piantare più vegetazione, più alberi, per aiutare a ridurre le inondazioni in un’area urbana vicina» ha spiegato il ministro.
Più produttività, meno estensione
Nel nuovo modello agricolo ipotizzato dal governo, la parola chiave è efficienza: ridurre la superficie coltivata, ma aumentare la produttività per compensare la perdita di spazio. Un obiettivo che il governo intende perseguire con incentivi e linee guida basate su studi dettagliati dell’uso del suolo. Sono state prodotte mappe che individuano le aree più adatte all’agricoltura intensiva e quelle che, invece, dovrebbero essere tutelate per il loro valore ambientale. Alcune zone arabili saranno sacrificate per favorire il recupero dei fiumi, con la piantumazione di alberi per filtrare gli inquinanti prima che raggiungano le acque.
Agricoltori divisi
La proposta ha suscitato reazioni contrastanti nel mondo agricolo. Da un lato, c’è chi accoglie con favore l’idea di un’agricoltura più sostenibile e diversificata. Martin Lines, amministratore delegato del Nature friendly farming network (un’organizzazione guidata tutta da agricoltori), sostiene che è necessario superare la visione dicotomica tra produzione e tutela dell’ambiente: «Dobbiamo riconoscere che la maggior parte della nostra terra può fornire su più fronti, salvaguardando la produzione alimentare, mitigando il cambiamento climatico e proteggendo la natura».
Dall’altro lato, la National Farmers Union (Nfu) teme che il nuovo piano possa mettere ulteriormente in difficoltà gli agricoltori britannici, già provati da costi in aumento e condizioni climatiche avverse. «Negli ultimi 18 mesi, l’industria agricola del Regno Unito ha subito un duro colpo. Prezzi delle materie prime al minimo in alcuni settori, una riduzione dei pagamenti diretti, uno dei periodi più umidi degli ultimi decenni e un bilancio brutale fornito da questo governo. Tutti hanno lasciato il segno e hanno messo la produzione alimentare locale sotto una grave pressione» ha dichiarato Tom Bradshaw, presidente della National Farmers Union, mettendo in guardia dal rischio che l’Inghilterra diventi sempre più dipendente dalle importazioni di cibo.
L’annuncio del piano ha riacceso il dibattito su quanto il governo sia realmente impegnato nella lotta al cambiamento climatico. I gruppi ambientalisti temono che la crescita economica venga ancora una volta anteposta agli obiettivi climatici fissati entro il 2050 e alla transizione ecologica, ma Reed ha difeso con forza la strategia del progetto: «Questo è un governo che è assolutamente impegnato a proteggere e ripristinare la natura», conclude il ministro.
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