Giorgia Meloni non si presenterà nemmeno oggi in Parlamento per riferire sul caso Almasri. La decisione, che segue le polemiche dei giorni scorsi, ha scatenato l’ira delle opposizioni, che accusano la premier di voler sottrarsi al confronto istituzionale su una vicenda che rischia di avere ripercussioni politiche, giudiziarie e internazionali.
Caso Almasri, Meloni diserta anche oggi l’Aula fra le ipotesi: il segreto di Stato
Nel frattempo, da Palazzo Chigi trapela un’altra mossa destinata a far discutere: la possibilità di apporre il segreto di Stato sulla gestione dell’ex generale libico, arrestato in Italia e rimpatriato con una procedura lampo. Se confermata, la scelta impedirebbe alla magistratura di accedere a documenti e testimonianze chiave, complicando ulteriormente le indagini.
Una strategia che, secondo l’opposizione, avrebbe un solo obiettivo: proteggere il governo dalle conseguenze politiche e giudiziarie di un’operazione altamente controversa.
Segreto di Stato: lo scudo di Palazzo Chigi
L’ipotesi di ricorrere al segreto di Stato, uno degli strumenti più potenti a disposizione del governo, alimenta lo scontro istituzionale. Regolato dalla legge n. 124 del 2007, il segreto di Stato può essere imposto dal presidente del Consiglio per proteggere informazioni ritenute sensibili per la sicurezza nazionale, le relazioni diplomatiche e la difesa dello Stato.
Nel caso di Almasri, il governo potrebbe utilizzarlo per impedire la divulgazione di dettagli sull’operazione che ha portato al suo arresto e alla successiva espulsione, bloccando così l’accesso a documenti chiave da parte della magistratura.
Ma la scelta arriva in un momento di forte contraddizione: mentre Palazzo Chigi valuta il segreto sul caso Almasri, ha deciso di revocarlo su dossier del passato, come il rapimento di Abu Omar, l’imam di Milano sequestrato nel 2003 in un’operazione della CIA con la collaborazione dei servizi segreti italiani.
Questo doppio standard solleva interrogativi: perché sigillare il dossier Almasri e al tempo stesso declassificare operazioni legate alla guerra al terrorismo?
Le accuse dell’opposizione: “Meloni scappa”
La mancata presenza della premier in Parlamento è stata accolta con indignazione dalle opposizioni, che da giorni chiedono chiarimenti sull’espulsione dell’ex generale libico.
“Meloni continua a evitare il confronto e scappare dalle sue responsabilità”, attacca Elly Schlein, segretaria del PD. “Prima rifiuta di venire in Aula, ora pensa di imporre il segreto di Stato per seppellire la vicenda. Ma il Parlamento e la magistratura non si faranno mettere il bavaglio”.
Anche Giuseppe Conte (M5S) critica duramente il governo: “Non si può pensare di nascondere sotto il tappeto una questione così grave. Almasri era ricercato per crimini contro l’umanità e l’Italia lo ha rimandato in Libia in poche ore. Serve trasparenza, non insabbiamenti”.
A schierarsi contro l’ipotesi del segreto di Stato sono anche Italia Viva e Azione, che denunciano il rischio di un precedente pericoloso: “Se si accetta che un governo possa usare il segreto per proteggere scelte discutibili, si apre la strada a un abuso sistematico dello strumento”.
Tensioni con la magistratura e l’Europa
L’eventuale imposizione del segreto di Stato potrebbe trasformare il caso in uno scontro aperto tra il governo e la magistratura. Le procure che indagano sull’espulsione di Almasri potrebbero trovarsi nell’impossibilità di acquisire prove, rallentando o addirittura bloccando le inchieste.
La magistratura potrebbe a quel punto valutare un ricorso alla Corte Costituzionale, contestando la legittimità del segreto di Stato su un caso di possibile violazione del diritto internazionale.
Nel frattempo, anche l’Unione Europea osserva con attenzione. Bruxelles ha già chiesto chiarimenti sulle modalità del rimpatrio di Almasri e potrebbe aprire un dossier sul rispetto dello Stato di diritto in Italia.
Libia e interessi geopolitici: cosa si vuole nascondere?
Al centro della vicenda c’è anche la delicata questione delle relazioni tra Italia e Libia. Il governo di Meloni ha intensificato la cooperazione con Tripoli per il controllo dell’immigrazione, rafforzando gli accordi già siglati in passato per bloccare le partenze verso l’Europa.
Almasri, in Libia, è stato una figura di rilievo nel sistema repressivo dei centri di detenzione per migranti. Il suo rimpatrio solleva dunque il sospetto che il governo italiano abbia voluto evitare tensioni con le autorità libiche, garantendone il rientro senza che fosse sottoposto a un procedimento internazionale.
L’apposizione del segreto di Stato blinderebbe ogni possibile legame tra l’operazione Almasri e gli equilibri geopolitici con la Libia, impedendo alla magistratura e all’opinione pubblica di conoscere i dettagli dell’operazione.
Ma il rischio per Meloni è che la strategia le si ritorca contro: più il governo prova a chiudere il caso, più l’opposizione e la magistratura faranno di tutto per riaprirlo.
Una crisi politica senza fine
Il caso Almasri è ormai un nodo politico che Palazzo Chigi non riesce a sciogliere. Meloni evita il Parlamento, ipotizza il segreto di Stato e alimenta tensioni con magistratura e opposizioni.
Ma questa strategia potrebbe avere effetti collaterali devastanti. Se il governo sceglierà di blindare il dossier, si troverà presto a fronteggiare un’ondata di contestazioni, sia a livello nazionale che internazionale.
Il rischio? Che il caso Almasri diventi un boomerang per l’esecutivo, trasformandosi nel più grande scontro istituzionale dell’era Meloni.
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