Stefano Cinquemani, docente della Scuola di formazione e presidente veneto del sindacato Snami: «Il 50% dei giovani preferisce la dipendenza e l’altro 50% la libera professione»
Divide molto i diretti interessati la proposta di riforma della medicina generale presentata da Forza Italia e che prevede, per i neo assunti, non più la convenzione con il Sistema sanitario nazionale ma la sottoscrizione di un contratto di dipendenza. E relativo passaggio da un impegno di un’ora di ambulatorio ogni 100 assistiti, con la possibilità di dedicare il resto del tempo alla libera professione, all’obbligo di coprire 38 ore settimanali, almeno 18 delle quali da dedicare alle Case di Comunità, ai Distretti e ad altre attività stabilite dall’Usl di riferimento. Se i camici bianchi della «vecchia guardia» preferiscono mantenere l’attuale regime, i giovani si spaccano a metà, come emerge da un sondaggio condotto da Stefano Cinquemani, presidente regionale dello Snami, sigla di categoria. «Insegno alla Scuola di formazione in Medicina generale, il corso triennale organizzato dalla Regione — rivela Cinquemani — e proprio per capire cosa pensano i giovani colleghi in formazione ho avviato questo sondaggio. Il risultato mi ha un po’ sorpreso, perché gli interpellati si sono divisi esattamente a metà: il 50% preferisce la dipendenza e l’altro 50% la libera professione».
Quali sono le motivazioni di chi appoggia la riforma?
«I giovani che prediligono la dipendenza la considerano prima di tutto una sicurezza, perché non devono cercarsi gli assistiti, nè pagarsi l’ambulatorio, le spese vive, il personale amministrativo e infermieristico. Non sono costretti a trovare un sostituto quando sono assenti, ma hanno ferie, malattia e maternità pagate. E possono contare suu un orario fisso, che non diventa infinito tra 1500/1800 pazienti, emergenze, burocrazia, messaggi, posta e telefonate da smaltire».
E chi invece preferisce la convenzione come lo spiega?
«L’attuale tipo di contratto consente di affiancare l’attività concordata con l’azienda sanitaria di riferimento alla libera professione, da gestire come si crede. Questa formula garantisce maggiore libertà di scelta e una fonte di entrata in più, a meno che un medico non sia massimalista e allora è difficile fare altro».
Sono emerse perplessità comuni?
«Beh sì, in primo luogo sul tipo di contratto, che dev’essere uguale per tutti, e poi sui reali benefici di diventare dipendenti del Servizio pubblico e sulla retribuzione».
Il progetto di legge prevede «il passaggio da un sistema remunerativo fisso/variabile fondato sulla quota capitaria ad un sistema di retribuzione fissa/variabile basata sulle ore di attività». Tutti i medici percepiranno «un corrispettivo analogo di retribuzione base e una parte variabile del compenso, complessivamente pari almeno al 30%».
«Questo sulla carta, però nessuno ha risposto a una domanda che effettivamente tutti ci facciamo: in quale ente previdenziale andrà a finire il neoassunto con il nuovo sistema? All’Enpam, al quale oggi tutti i medici di famiglia appartengono, o all’Inps?».
Lei è favorevole alla riforma?
«Sì, come Snami non siamo contrari al passaggio alla dipendenza, ma appunto bisogna considerare e risolvere queste incognite».
Ne sono emerse altre?
«Sì. Adesso tanti giovani colleghi lavorano per le Medicine di gruppo, gli ambulatori in cui sono associati più camici bianchi, e vengono impiegati per coprire le zone critiche, di montagna, del Polesine, del Veneziano. Una volta che passeranno alle dipendenze, come faranno a prestare servizio nelle Case di Comunità e anche nelle aree disagiate? Il tempo materiale non c’è, tanto è vero che già adesso molti sindaci sono talmente disperati da offrirci ambulatori e spazi gratuiti pur di garantire alla popolazione di paesi remoti il medico di famiglia».
Succede anche a lei?
«Certo, lavoro per una Medicina integrata a Chiampo, nel Vicentino, e i due colleghi giovani si occupano della montagna. Come faremo se li perderemo? Gli assistiti ci mettono 45 minuti a raggiungere la prima Casa di Comunità. Dovremo andarci noi, lasciando però sguarnite le case di riposo?».
La soluzione quale potrebbe essere?
«Introdurre la dipendenza dopo aver risolto questi nodi».
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