«Indagare la Cpi». Il governo all’assalto dei giudici dell’Aja

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Aveva annunciato la richiesta di chiarimenti alla Corte penale internazionale, potrebbe essere costretto a fornirle. Il nome del ministro della Giustizia Carlo Nordio – che mercoledì scorso aveva presentato un’informativa alla Camera sul caso Elmasry – è finito infatti all’interno di un fascicolo depositato all’Aja su impulso di un cittadino sudanese. Insieme a quello del guardasigilli figurano anche i nomi della presidenza del Consiglio Giorgia Meloni e del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. «Ostacolo all’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma», è questa l’accusa contenuta nella denuncia presentata da un rifugiato alla Corte e resa pubblica dal quotidiano Avvenire.

IN REALTÀ si tratta solo di un esposto promosso da un uomo che fin dal 2019 collabora con i giudici dell’Aja in qualità di testimone diretto delle torture subite nelle prigioni libiche per mano del generale Elmasry. «Una denuncia in sé non è rilevante per la Cpi», spiega Marina Castellaneta, docente di Diritto internazionale all’università statale di Bari. «L’articolo 70 dello Statuto di Roma, citato nell’esposto, riguarda lo svolgimento del procedimento, non la materia della cooperazione con la Corte che potrebbe riguardare il caso italiano».

EPPURE, è bastata una denuncia depositata da un privato cittadino, che probabilmente non avrà alcun seguito, per riaccendere lo scontro tra governo italiano e Cpi. L’artiglieria sui magistrati scatta già nel primo pomeriggio di ieri. E sono le figure più in vista dell’esecutivo a dare la linea ai parlamentari di maggioranza che a ruota rilasciano dichiarazioni. A partire dal guardasigilli Nordio, che il giorno prima aveva rivendicato la scelta del rimpatrio di un presunto boia raggiunto da mandato di cattura internazionale, cavillando su possibili inesattezze e vizi di forma nella richiesta d’arresto: «Io credo che ormai a questo mondo tutti indaghino un po’ su tutto. Noi abbiamo fiducia nella giustizia umana, o meglio, io postulo la giustizia divina proprio perché quella umana spesso è fallibile, però accontentiamoci di quella che abbiamo e vediamo come va», ha detto ironico il ministro, ospite di Un giorno da pecora, dando per scontato l’avvio di un’indagine in realtà inesistente. Sarà colpa dell’inglese. Ma le sue parole sono niente a confronto di ciò che poco dopo riesce a dire il vicepremier, nonché ministro degli Esteri, Antonio Tajani. «No comment», esordisce il leader di Forza Italia, facendo sperare che la premessa venga rispettata. Ma poi la lingua si scioglie: «Ho già molto riserve sul comportamento della Corte su questa vicenda. Forse bisogna aprire un’inchiesta sulla Corte, bisogna avere chiarimenti su come si è comportata. L’atto inviato all’Italia era nullo, condivido al 100 per cento quello che ha detto il ministro Nordio», aggiunge Tajani, seppellendo sotto il peso delle sue parole la legittimità di un organismo di giustizia internazionale nato a Roma.

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SARÀ UN PRIMO PASSO verso l’abiura dello statuto del Tribunale dell’Aja? «Uno Stato può anche decidere di uscire dalla Corte penale internazionale», spiega Marina Castellaneta, «ma sarebbe poco conveniente perché la stessa Ue richiede l’adesione alla Cpi degli Stati membri come parametro di valutazione sul rispetto dello stato di diritto». Ma se rompere è impossibile, bersagliare i giudici è obiettivo alla portata, optando per una soluzione all’italiana: alzare i decibel su una notizia senza alcun fondamento (l’apertura di un’inchiesta) per ridicolizzare una «organismo bizzarro» (a Gasparri quel che è di Gasparri) invece di entrare nel merito della questione Elmasry.

IL POLVERONE è talmente inspiegabile da costringere la Cpi stessa a intervenire per spazzare via la polvere: «Secondo lo Statuto di Roma, qualsiasi individuo o gruppo di qualsiasi parte del mondo può inviare informazioni (che la Cpi definisce “comunicazioni”) al procuratore della Cpi. L’Ufficio del procuratore non commenta tali comunicazioni». Tradotto: è arrivata una semplice denuncia, ma di che state parlando? Ma ormai la tarantella è partita. «Le parole pronunciate da Nordio hanno aperto uno scontro senza precedenti con la Cpi, frutto delle contraddizioni del governo e della scelta che Meloni non ha avuto il coraggio di spiegare», dice a metà pomeriggio la segretaria del Pd Elly Schlein. E c’è già una data da segnare sul calendario: l’11 febbraio, quando il caso Elmasry approderà anche all’Europarlamento. A Strasburgo si discuterà di come «proteggere il sistema di giustizia internazionale e le sue istituzioni». Un dibattito promosso dal gruppo della Sinistra, con particolare attenzione al caso italiano.



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