Il Parlamento europeo apre un dibattito sulla giustizia internazionale – Euractiv Italia

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Il Parlamento europeo ha inserito in calendario per martedì 11 febbraio a Strasburgo un dibattito sulla “protezione del sistema di giustizia internazionale e le sue istituzioni, in particolare la Corte penale internazionale e la Corte internazionale di giustizia”, secondo quanto si evince dall’agenda finale della plenaria della prossima settimana.

L’opposizione italiana, rappresentata da Movimento 5 Stelle e Sinistra Italiana, intende sfruttare l’occasione per portare in Europa del rimpatrio da parte del governo italiano del generale libico Nijeem Osama Almasri, a capo delle operazioni delle Forze speciali di deterrenza (RADA) presso la prigione allestita nell’aeroporto militare di Mitiga, contro il quale la CPI ha emesso un mandato di arresto internazionale per crimini contro l’umanità lo scorso 25 gennaio.

Inizialmente, questi gruppi avevano richiesto un dibattito specifico, accompagnato da una dichiarazione della Commissione UE, sul “mancato rispetto di un mandato di arresto della Corte penale internazionale: il rilascio e la scorta in Libia di Osama Njeem Almasry”. Tuttavia, durante i negoziati tra i gruppi politici del Parlamento europeo, il testo è stato reso più generico, eliminando ogni riferimento diretto al generale libico.

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Nonostante ciò, l’opposizione italiana non arretra. “Il caso Almasri approda anche al Parlamento europeo. Pur senza citarlo esplicitamente, è stata approvata la nostra richiesta, avanzata dal gruppo The Left, per un dibattito sulla protezione del diritto internazionale e sulle prerogative della Corte penale internazionale”, affermano in una nota congiunta gli eurodeputati del M5S, Danilo Della Valle e Gaetano Pedullà.

“Il governo Meloni sta tentando di scaricare tutte le colpe della scarcerazione del boia libico sulla CPI, quando invece ne ha deliberatamente ignorato le richieste. Il dibattito è previsto per martedì sera e porteremo in aula anche il caso Netanyahu: il suo mandato di cattura internazionale deve essere eseguito senza tentennamenti dagli Stati firmatari dello Statuto di Roma, che sono obbligati a rispettarne le decisioni”, concludono.

Il governo prova a difendersi sul caso Almasri, ma l’opposizione insorge

Giornata cruciale per il governo sul caso di Osama Njeem Almasri, il comandante della polizia giudiziaria libica rimpatriato dall’Italia nonostante un mandato di arresto della Corte penale internazionale (Cpi) per crimini contro l’umanità. Mentre l’esecutivo prova a chiarire la vicenda, …

Nessuna indagine ufficiale della Corte penale internazionale

Parallelamente al dibattito politico, emergono notizie contrastanti sul coinvolgimento della Corte penale internazionale nella vicenda. La CPI ha chiarito che, al momento, “non c’è alcun fascicolo” di indagine sull’operato del governo italiano per “ostacolo all’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma” in relazione alla vicenda del generale Almasri.

L’ipotesi di un’indagine, smentita poco prima dallo stesso governo, era stata avanzata dal quotidiano Avvenire, che aveva riferito dell’esistenza di una denuncia ricevuta dall’Ufficio del Procuratore e trasmessa al cancelliere e al presidente del Tribunale internazionale. Il documento, secondo il giornale, menzionerebbe i nomi della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, del ministro della Giustizia Carlo Nordio e del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. La segnalazione sarebbe stata inoltrata dai legali di un rifugiato sudanese che, già nel 2019, aveva denunciato agli investigatori internazionali le torture subite, insieme alla moglie, per mano del generale libico durante la loro detenzione in Libia.

Fonti del governo italiano, interpellate dall’ANSA, smentiscono l’apertura di un’indagine formale contro l’Italia. Secondo le stesse fonti, il procuratore della CPI non ha ufficialmente trasmesso la denuncia del cittadino sudanese né al registrar né ai giudici. Si tratterebbe, piuttosto, di una semplice segnalazione via email all’ufficio del procuratore, che riceve quotidianamente numerose comunicazioni, ognuna delle quali viene valutata e, solo se ritenuta fondata, può dar luogo a un procedimento. Questo processo richiede mesi e, solitamente, rimane riservato a meno che non sia il denunciante stesso a renderlo pubblico, come sembra essere accaduto in questo caso.

Sulla questione è intervenuto anche il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che ha minimizzato le indiscrezioni su un’indagine della Cpi. “Credo che a questo mondo tutti indaghino un po’ su tutto. Noi abbiamo fiducia nella giustizia umana. Postulo la giustizia divina proprio perché quella umana è spesso fallibile, ma accontentiamoci di quella che abbiamo e vediamo come va”, ha dichiarato a Un giorno da pecora.

Il ministro ha ribadito l’importanza del rispetto delle procedure giuridiche, sottolineando che non si può giustificare la violazione delle regole in nome della punizione di un criminale. “Vorrei che ogni persona che ha commesso un reato fosse giudicata e, se ritenuta colpevole, condannata con una pena eseguita secondo le regole e le procedure. Ieri si è detto che Almasri era un torturatore, indipendentemente dal mandato errato della CPI. Ma se seguiamo questo criterio, neanche il tribunale di Norimberga avrebbe senso: i tribunali esistono per far rispettare le regole. L’idea che un torturatore debba essere punito in quanto tale, senza il rispetto delle regole, significa delegittimare l’esistenza stessa dei tribunali internazionali”.

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Alla domanda se gli dispiaccia che, per un errore procedurale, un presunto torturatore come Almasri non sia stato giudicato, Nordio ha risposto: “Certo che mi dispiace”.

Il governo valuta una richiesta di chiarimenti alla CPI

Nel frattempo, il ministero della Giustizia potrebbe formalizzare nei prossimi giorni una richiesta ufficiale di chiarimenti alla Corte penale internazionale sulle incongruenze relative al mandato di arresto del generale Almasri. La notizia, riportata sempre dall’ANSA, conferma che il governo italiano vuole fare luce sulle procedure adottate dalla Corte.

Intanto, anche il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha espresso forti riserve sull’operato della CPI.  “No comment sulla CPI, ma ho molte riserve sul comportamento della Corte in questa vicenda. Forse bisognerebbe aprire un’inchiesta sulla Corte per chiarire il suo operato”, ha dichiarato Tajani dal porto di Ashdod, in Israele, dove si trovava per la consegna degli aiuti italiani nell’ambito del progetto Food for Gaza.

Il ministro ha ribadito il pieno appoggio al collega Nordio: “Confermo che l’atto inviato all’Italia era nullo e condivido al 100% l’operato del ministro della Giustizia”.



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