speranza o azione? – Chiesa di Verona

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Venerdì 7 febbraio è stata inaugurata ufficialmente la Scuola di pace e nonviolenza.

Salone dei vescovi a Verona gremita, a cui vanno aggiunti alcuni studenti da tutta Italia in collegamento da remoto, per questo momento storico, che raccoglie e rilancia l’eredità di Arena di pace 2024, quando papa Francesco ha incontrato 12 mila persone nell’anfiteatro romano all’insegna di “Giustizia e pace si baceranno”.

Dopo l’introduzione di don Renzo Beghini, direttore della Scuola insieme a Massimo Valpiana, e i saluti istituzionali di Jacopo Buffolo, assessore alla Memoria Storica e Diritti Umani del Comune di Verona e di Stefano Vallani, presidente del Consiglio comunale di Verona, le parole del vescovo Domenico Pompili hanno dato l’avvio e l’orizzonte, prima della Lectio magistralis del prof. Giuliano Pontara.

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Giovani e da tutta Italia gli iscritti alla Scuola di pace e nonviolenza, per la quale sono ancora aperte le iscrizioni. Info dal sito ufficiale.

Riportiamo per intero il discorso del Vescovo:

Si può ancora sperare nella pace? La domanda che apre questa lectio magistralis, nonché il percorso della “Scuola di pace” e nonviolenza che insieme alla Rassegna dei “Poeti sociali” è l’effetto dell’Arena di pace 2024 vissuta con papa Francesco, stimola una riflessione inevitabilmente complessa e articolata.

Innanzitutto, dobbiamo chiederci: quale pace? Come suggerisce nei suoi scritti lo stesso prof. Pontara, il termine “pace” racchiude molteplici significati, visioni e pratiche che meritano un’analisi approfondita. E anche la domanda del titolo – Si può sperare nella pace? – ne genera subito altre: la pace è oggetto di speranza o di azione? Va sognata o difesa combattendo? E se consideriamo la speranza autentica come intrinsecamente legata alla pace, come questa certezza modifica il nostro modo di parlare, di pensare, di agire e anche di credere? Sappiamo bene che il contesto culturale contemporaneo tende a svilire la speranza, riducendo la pace a stereotipi: pacifismo ingenuo, buonismo, incapacità di affrontare i conflitti, utopie a buon mercato.

E mentre le caricature proliferano, assistiamo all’escalation della violenza, all’acquisto e alla vendita delle armi, alla continua legittimazione politica dell’aggressività come soluzione dei problemi. A questo si aggiungono il degrado ambientale, una gestione inadeguata delle migrazioni, spesso conseguenze di guerre, persecuzioni e povertà estrema, ma anche di continue pratiche di esclusione verso soggetti che il potere qualifica come vite che non contano.

Pontara ha sempre sostenuto l’ingiustificabilità della guerra. Per lui, la nonviolenza va oltre il semplice rifiuto delle armi e delle reazioni brutali: è opposizione alla violenza strutturale del capitalismo sfrenato e ingiusto, all’oppressione in tutte le sue forme, alla manipolazione mediatica delle coscienze, alle tante intolleranze di questo mondo. Già Gandhi aveva mostrato con la sua stessa vita, che i piani sono interconnessi. In un suo testo del 2006 – L’antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo – la nonviolenza gandhiana non è una passività che diventa complicità con il male lasciato essere, ma una visione del mondo e una prassi intessute di proposte positive, una strategia di trasformazione dei conflitti con metodi costruttivi per realizzare una società del benessere di tutte e di tutti, ma anche di tutto, per ricordarci del nostro pianeta. Come osservava Kant, pur nell’incertezza sulla effettiva realizzabilità della pace perpetua, dobbiamo «agire come se fosse una cosa reale» e «operare per la sua fondazione».

È anche questa la nostra responsabilità di adulti verso le generazioni future. Questa lungimiranza e questo sguardo su chi ancora deve nascere sono oggi fondamentali. Il nostro ospite ha dedicato un libro sull’etica e le generazioni future, scritto nel 1995 e aggiornato recentemente, per renderlo un testo capace di reale impatto sul presente. Le nostre scelte attuali, infatti, influenzano il destino di chi verrà dopo di noi: possiamo determinare non solo quanti esseri umani vivranno nel mondo e quali saranno, ma anche la qualità della loro vita. Anche questo è costruire la pace.

Questo è il momento di essere realisti, ma con uno sguardo profetico che è tipico dei giovani a cui questa Scuola è particolarmente indirizzata. Si tratta – come suggerito dal presidente Mattarella nel suo Messaggio di fine anno del 2022-, infatti di: “leggere il presente con gli occhi di domani”. Non ci resta che cominciare e dare avvio alla Scuola di pace.

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L’intera serata sarà trasmessa su Telepace giovedì 13 alle 20.30.

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