Chi ha ucciso Alina Cossu? La 21enne strangolata e gettata in mare a Porto Torres

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Un corpo abbandonato ai flutti fra le acque del Golfo dell’Asinara, davanti al bancone di roccia di Abbacurrente, a quattro chilometri dall’abitato di Porto Torres. È l’ultimo drammatico atto della breve vita di Alina Cossu, studentessa 21enne uccisa nel settembre del 1988 da un assassino rimasto nell’ombra fino a oggi.

VIOLENZA CIECA

Era il 10 settembre 1988 quando Alina Cossu, studentessa universitaria 21enne, venne trovata morta ad Abbacurrente. Il corpo della ragazza, scomparsa la sera prima, venne trovato in acqua da due pescatori. Inizialmente si pensò a un suicidio, fu il medico legale a capire che la giovane era stata strangolata prima di essere gettata in mare, sulla sua fronte il segno di un calcio sferrato con una scarpa da barca. Secondo l’anatomopatologo, i traumi concentrati soprattutto sul volto e sulla testa raccontavano di un’aggressione avvenuta in un ambiente ristretto, forse all’interno di un’auto.

La ragazza, che lavorava come cameriera presso il bar-pasticceria Acciaro, in pieno centro cittadino, aveva terminato il turno alle 21 del 9 settembre informando il titolare che sarebbe rientrata a casa. Poi, invece, venne inghiottita dalla notte.

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La vicenda, negli anni, ha suscitato un’importante eco mediatica. La trasmissione televisiva Chi l’ha visto? ha dedicato diversi approfondimenti alla storia di Alina e la famiglia, da oltre 35 anni, continua a rivolgere appelli a chi sa o ha sentito qualcosa. Tante le chiamate anonime arrivate in casa Cossu da parte di fantomatici testimoni la cui attendibilità non è mai stata verificata a pieno.

36 ANNI DI SOSPETTI: L’OPERAIO

Fin da subito le indagini si concentrarono su un operaio 27enne, che venne arrestato dopo tre anni di indagini nel 1992. L’uomo, le cui presunte attenzioni sarebbero state respinte dalla vittima nei mesi precedenti il delitto, possedeva una Fiat Ritmo Bianca. Un’auto dello stesso modello era stata vista da alcuni testimoni la notte dell’omicidio nei pressi della scogliera di Abbacurrente. Un pacchetto di sigarette Marlboro, le stesse fumate dall’operaio, venne trovato sulla scogliera. Alcuni amici dell’allora 27enne, inoltre, avrebbero raccontato che all’indomani del delitto presentava graffi sul collo. Indizi troppo deboli per poterlo tenere in carcere, così, pochi mesi dopo l’arresto, fu prosciolto.

LA CENA FRA AMICI

Nel 2008, la Procura di Sassari raccolse una segnalazione e riprese in mano le carte indagando su un circolo privato situato in via Adelasia, a poca distanza dal bar Acciaro. All’interno del locale, la sera della scomparsa, si teneva una cena fra amici. Un ottico, un vigile urbano e due pensionati presenti alla cena finirono nel registro degli indagati. Secondo il pm sapevano qualcosa che non avevano rivelato nella prima fase delle indagini. Dopo approfonditi esami ed analisi, l’inchiesta venne ancora archiviata.

IL MEDICO

Sempre nel 2008, nel mirino degli inquirenti finì una quinta persona. Un medico di Sassari, conoscente della vittima, si presentò dai carabinieri per esami del tutto etranei al caso Cossu. L’omicidio della ragazza venne tirato in ballo nel corso del confronto con i militari e il medico raccontò di aver avvicinato la ragazza nei giorni precedenti la scomparsa. Gli investigatori vollero approfondire la questione e così partì un nuovo filone di indagine che, ancora una volta, si rivelò un vicolo cieco.

L’OTTICO

Nel 2012, gli inquirenti ricevettero la fotografia del negozio dell’ottico indagato quattro anni prima con scritto sopra “Alina”. Un messaggio che riaccese l’attenzione sulla cena fra amici nel circolo privato. Gli inquirenti si riattivarono in quella direzione e nel luglio del 2013 l’ottico si suicidò, forse non sopportando il peso dei sospetti, gettandosi da una finestra dell’Ospedale civile di Sassari dove era ricoverato.

Alcuni mesi più tardi, il magistrato Gianni Caria, titolare dell’inchiesta, dispose la riesumazione del corpo di Alina nella speranza di rinvenire tracce di Dna significative. Fu l’ennesimo buco nell’acqua.

Da allora, nessuna novità è emersa su un caso i cui misteri acuiscono il dolore e il senso di ingiustizia di chi ha amato Alina e non si è ancora arreso alla condanna del non sapere e della mancata verità.



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