Filosofia, design e sostenibilità della moda scandinava

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Oggi, come ieri e forse come per sempre in futuro il concetto di “coolness” rimane qualcosa di sfuggente o, meglio, qualcosa che si può riconoscere solo quando la si vede. E definire cosa sia cool, o piuttosto trovarlo, è una delle grandi ossessioni della moda di oggi – non parliamo della grande moda commerciale e aziendalizzata, ma di tutti quei brand che a diversi livelli del mercato operano indipendentemente e, slegati da risultati trimestrali e obiettivi di crescita continua, sanno svilupparsi organicamente. Uno di questi brand è Berner Kühl, brand danese nato nel 2020 che ha rapidamente conquistato i cuori non solo dei fan della moderna scuola del normcore scandinavo, ma anche quelli dei fashion insider di mezza Europa. In occasione della scorsa Copenhagen Fashion Week, abbiamo incontrato il founder del brand, Frederik Berner Kühl, che ci ha raccontato la nascita del suo progetto ma soprattutto il suo futuro. Parlando delle sue origini, Frederik racconta: «Mi sono bruciato un po’ lavorando in questo settore fin da giovanissimo. Ho avuto molte responsabilità fin dall’inizio, ed è stato molto divertente, ma anche molto impegnativo. Non era il carico di lavoro a pesare, ma quello creativo: collezione dopo collezione, senza tregua». Questa pressione lo ha portato a fermarsi, trascorrendo un periodo a Firenze per completare un Master. «Durante quell’anno, il desiderio di creare è tornato lentamente. Ho iniziato a chiedermi come sarebbe stato il mio progetto personale, dopo aver lavorato per altri. E si è trasformato nella più grande ossessione della mia vita». Berner Kühl non è nato per riempire un vuoto di mercato o rispondere a una particolare esigenza. Come racconta il designer: «Ho analizzato il mercato e ho visto uno spazio estremamente congestionato, con molta competizione. Era tutt’altro che un’impresa facile. Ma credo di essere stato abbastanza ingenuo da credere che, se ciò che facevo fosse stato abbastanza buono, avrebbe trovato il suo posto. E così è iniziata la fatica».  

Una delle filosofie centrali del marchio è quella di «ridefinire i codici e le connotazioni legate a un’industria della moda in costante cambiamento». Questo si traduce in un ritmo di produzione più lento e in una maggiore attenzione alla qualità: «Non subiamo pressioni esterne che ci costringano a fare le cose in un certo modo. Cerchiamo di fare le cose come vogliamo. A volte funziona, a volte no. Ma dobbiamo provare e dire alle persone che dovrebbero comprare meglio, invece di comprare di più».  Berner Kühl produce solo due collezioni all’anno, un ritmo che Frederik definisce comunque impegnativo: «Provenendo da un passato in cui ero costretto a fare fino a otto collezioni all’anno, ho deciso che avrei rallentato. Quando dedichiamo tempo ed energie alla creazione di un singolo prodotto, funziona. E non dobbiamo necessariamente sostituirlo con qualcosa di nuovo la stagione successiva. Crediamo che funzioni ancora». Questa filosofia si riflette anche nella scelta dei fornitori. «Lavoriamo con quattro dei nostri principali fornitori fin dal primo giorno e continuiamo a migliorare con loro ogni stagione. È per noi un punto non negoziabile: prenderci il tempo necessario per fare almeno quella parte nel modo giusto». Anche la sostenibilità è parte integrante del processo creativo: «Facciamo cose semplici, pensate per durare a lungo. Non cambiamo tutto da una stagione all’altra. Il settore della moda è tra i più inquinanti, ma è un dilemma quando ami davvero qualcosa e non puoi fare a meno di creare. Circa il 30-40% della collezione è realizzata con tessuti deadstock. Non è perfetto, perché supporta i grandi player che acquistano troppo e poi si affidano agli altri per usare gli avanzi, ma è comunque meglio che comprare nuovi materiali».  

Una delle grandi domande, per chi si trova di fronte alle sue collezioni, riguarda l’identificazione precisa del vibe del brand. Lavorando di fino sulla reinterpretazione di classici, con i prodotti che funzionano che vanno a incrementare cumulativamente una proposta che, di collezione in collezione, si arricchisce di un certo accento, di un nuovo dettaglio di design o anche di un certo tipo di tessuto (spesso anche raro) la proposta del brand pare molto normale a prima vista. Ma basta osservare il taglio deciso e moderno delle sue camicie, che sono un po’ la specialità di Berner Kühl, o dei pantaloni per trovarci una mescolanza di grinta e nonchalanche che non hanno nulla di classico o di noioso, anzi. È quella forse l’essenza della coolness: un senso di padronanza e controllo mai teso, quasi rilassato in realtà, che non vuole impressionare, ma inevitabilmente finisce per farlo. Il cliente del brand «è qualcuno che ama scoprire un capo mentre lo indossa, vedere come si comporta e cambia con l’uso», secondo il founder e designer. «Una persona curiosa, che non vuole necessariamente essere parte di un ingranaggio, ma piuttosto impostare la propria agenda». Il design di Berner Kühl si concentra sulla semplicità – una semplicità che, come sottolinea Frederik, può essere ingannevolmente complessa: «Ci limitiamo sempre quando progettiamo. Iniziamo con un disegno o un prototipo e poi rimuoviamo elementi, cercando di raggiungere il cuore di quel prodotto. La versione più pura di quel capo. Potrebbe sembrare semplice, ma la semplicità può essere molto complessa. Funziona o diventa noiosa. È un equilibrio sottile». I materiali sono il punto di partenza per ogni collezione: «Le stoffe diventano il nostro storytelling. Quando iniziamo a progettare, i materiali iniziano a interagire tra loro, e da lì nasce la griglia della collezione». La scelta dei colori e la qualità delle stoffe contribuiscono a rendere i capi senza tempo. «Per noi, senza tempo significa qualcosa che non dobbiamo cambiare completamente in uno o due anni. Qualcosa che può essere migliorato, ma non necessariamente trasformato».  

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Tra i pezzi preferiti della collezione attuale, Frederik cita i pantaloni in pesante suede italiano abbinati a una maglia a maniche lunghe mercerizzata e a un cardigan in lana cotta: «I colori stanno benissimo insieme e il contrasto tra le texture dei tessuti è molto intrigante». Un altro look che ricorderemo è un completo total black composto da un raincoat in cotone prodotto in Scozia, pantaloni in lana pura Super 120 e un pullover in cashmere mongolo: «Un perfetto equilibrio tra business e casual», come lo definisce il designer.  Tutti capi dal fascino sommesso, per così dire, ma non meno efficace: la purezza delle loro linee e l’ingegno nascosto nella loro architettura ne rendono la compostezza desiderabile. Non è una sorpresa, dunque, se la fama (e le vendite) del brand si stiano espandendo al di fuori dei confini natii. «Stiamo iniziando a collaborare con negozi meravigliosi in tutto il mondo», ci ha detto Frederik, «e vogliamo continuare quel viaggio. Non abbiamo fretta di diventare grandi. Ci piace essere piccoli e poter dire di no a certe cose. È un sogno svilupparsi lentamente e migliorare sempre».  

 

 



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