Un piano per l’abitare: «Antidoto al caro affitti»

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CREMA – Un progetto tutto nuovo, che si rifà in parte ad un’analoga iniziativa del passato, per cercare di dare una risposta al sempre maggior numero di persone che ha problemi nel trovare un alloggio in affitto. Lo promuovono Caritas e Acli che puntano ad intercettare i privati che preferiscono non affittare piuttosto di imbarcarsi in una ricerca di inquilini con il rischio poi di trovarsi sorprese: dagli affitti non pagati ai danni all’abitazione.

I casi di questo tipo potrebbero essere svariate decine, se non addirittura centinaia. Di conseguenza ci sarebbero alloggi che nel giro di qualche settimana potrebbero tornare disponibili, a prezzi accessibili, rispetto a quelli degli affitti attuali sul mercato privato. Il progetto Abitare, punta proprio a sbloccare questi appartamenti ‘dormienti’, per cercare di tamponare le difficoltà di famiglie a basso reddito nel trovare una sistemazione. 

«Ormai – sottolinea Alberto Fusar Poli di Acli – c’è una fascia sempre più ampia di popolazione che non ha le risorse economiche per reperire un’abitazione in affitto nel territorio cremasco. Il problema sono innanzitutto i costi di quello che è disponibile. Il prezzo medio al metro quadrato è ormai esploso: a gennaio siamo arrivati a una media di 10,35 euro al mese al metro quadrato. A ottobre era 9,82 euro a gennaio 2024 9,54 euro».

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Caritas e Acli ogni giorno hanno a che fare con famiglie e singoli che chiedono un aiuto economico per pagare l’affitto o le bollette, in modo da riuscire a trovare una casa nel mercato privato, «Cerchiamo di affrontare l’emergenza con questo progetto che si basa su un concetto, provare a costruire un legame fiduciario tra inquilini e proprietari – prosegue Fusar Poli —: l’idea era già emersa nel 2011, adesso la rilanciamo. Ci rivolgiamo ai proprietari che hanno appartamenti non utilizzati che possono essere immessi sul mercato nel breve termine, senza particolari interventi di riqualificazione. Ovviamente anche a parrocchie, enti pubblici e privati. Insomma, tutti coloro che hanno case in buone condizioni. Dall’altra parte ci rivolgiamo a inquilini paganti, che potrebbero sostenere regolarmente un canone, ma non agli attuali prezzi di mercato. Persone che escono da situazioni di accoglienza e nuclei vulnerabili». 

E Margherita Brambilla di Caritas aggiunge: «Pensiamo ad una gestione degli appartamenti che veda nostri educatori affiancare gli inquilini. Ciò può portare a più sentimenti di sicurezza e a una maggiore conoscenza dell’altro, con una conseguente diminuzione della paura e della diffidenza. Si tratta di un’opportunità per i proprietari, per chi ha timore di trovarsi di fronte problemi, trovando la garanzia di una buona gestione della casa e di un puntuale versamento del canone, avendo noi come figure di mediazione».

«Grazie alla presenza di un fondo diocesano di garanzia — specifica Brambilla — possiamo dare ulteriori certezze al proprietario. Quest’ultimo sottoscrive il contratto a canone moderato con noi, mentre l’inquilino firma il contratto di servizio che prevede il pagamento del canone e un accompagnamento educativo. Una commissione avrà la responsabilità della gestione del fondo di garanzia e della valutazione delle unità abitative, degli inquilini e dei progetti. Poi ci sarà un’equipe che seguirà gli inquilini integrata con servizi sociali e il resto della rete che già li sostiene». Per chi volesse mettere a disposizione un alloggio e avere tutte le informazioni sull’iniziativa, basta scrivere una e-mail a: abitare@caritascrema.it.

AREA OMOGENEA IN PRIMA LINEA

L’iniziativa di Acli e Caritas trova una sponda e un sostegno nell’Area omogenea cremasca. Il presidente Gianni Rossoni e il resto dei sindaci hanno accolto con grande attenzione il progetto: «Come Area omogenea – sottolinea il sindaco di Offanengo – e anche su input dell’Associazione nazionale comuni italiani siamo pronti a fare la nostra parte come amministratori comunali. C’è la massima disponibilità, a partire anche dalla revisione normativa rispetto all’urbanistica».

Gli enti locali e anche quelli superiori faticano a realizzare abitazioni popolari non avendo fondi. «Non è più il tempo dell’edilizia pubblica come 50 o 60 anni or sono – prosegue Rossoni –, il costo economico non è più compatibile con le risorse economiche. Ma come Comuni possiamo aiutare a fare partire questa agenzia, facendo la nostra parte anche come garanti. Inoltre abbiamo l’opportunità di raccogliere tramite i sindaci le disponibilità di immobili pubblici non più abitati, per capire come poterli sfruttare. Non sarà facile trovare appartamenti da privati che possano essere convinti a darli in affitto all’interno di questo progetto, ma possiamo mettere in campo il servizio di assistenza sociale degli enti locali, che ben conosce le realtà delle persone in difficoltà economica e sociale. Piena disponibilità dunque da parte del territorio per far partire questa idea. È l’anno del Giubileo, l’anno della speranza».

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