Non hanno colpe i ragazzini che indossano la maglia del Taranto

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di Vittorio Galigani

La contestazione dei tifosi ionici (erano solo in 47 a Potenza), nei confronti della proprietà del club rossoblu, ha origini remote. Le intemperanze, per certi versi comprensibili (non giustificabili però), si manifestano, ormai, con regolarità ciclica, da mesi, partita dopo partita, a tutte le latitudini. Su tutti i campi dove il Taranto è chiamato a giocare si accende la miccia della contestazione

Bruttissime le immagini dei poliziotti che, in tenuta anti sommossa, a fine partita con il Sorrento, “proteggono” il rientro negli spogliatoi dei “ragazzini” del Taranto. L’ennesima caduta d’immagine del campionato italiano di terza serie. La fotografia della fragilità manageriale della “gestione” Marani. La dimostrazione di un colloquio precario (assente?) tra i responsabili dell’Ordine Pubblico ed il management della Lega Pro. Basta pensare a cosa sarebbe successo se uno dei petardi, lanciato dagli spalti, fosse scoppiato tra le gambe di uno di quei giovanissimi calciatori. Sarebbe allora opportuno, considerati i comportamenti, negare l’autorizzazione alle prossime trasferte.

Certo. Perché la contestazione dei tifosi ionici (erano solo in 47 a Potenza), nei confronti della proprietà del club rossoblu, ha origini remote. Le intemperanze, per certi versi comprensibili (non giustificabili però), si manifestano, ormai, con regolarità ciclica, da mesi, partita dopo partita, a tutte le latitudini. Su tutti i campi dove il Taranto è chiamato a giocare si accende la miccia della contestazione. Un messaggio oltremodo deciso per far comprendere, ai veri responsabili di una disfatta annunciata, il malessere e la delusione di una tifoseria tra le più calorose ed appassionate d’Italia da sempre.

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Certo. Ma la domanda è: quel manipolo di “ragazzini”, tecnicamente ancora impreparati e muscolarmente ancora acerbi, mandati in campo spregiudicatamente e con scarsa responsabilità sulla loro integrità fisica, che colpe possono avere? Nessuna. Infatti, pur in presenza di un rendimento scadente, chi non vorrebbe realizzare un sogno? “Fregiarsi” del merito di aver esordito, in età infantile (perché questo è il concetto), in un campionato professionistico? Magari, per alcuni, con la maglia della squadra della propria città.

Le responsabilità? Senza dubbio di una Società approssimativa. “Accerchiata” ed oberata da problemi di natura finanziaria e sportiva. Di non risultati, di sostenibilità. Abbandonata a se stessa e lasciata in “pasto” a pseudo collaboratori. Sprovveduti e digiuni di professionalità e conoscenza del sistema calcio. Con un allenatore sui generis (Murgia) che, in sala stampa, si azzarda in commenti ridicoli. Soltanto lui, sul 6 a zero, ha infatti visto dei miglioramenti nel gruppo.

Che dire poi di quei genitori? Degli irresponsabili. Permettere il confronto dei loro “Gen Z”, in età di sviluppo, opposti a avversari ultratrentenni, con anni di campionati sulle gambe. Con l’aggravante, ove fossero reali i “chiacchiericci” di paese su alcuni di loro che, per favorire la “carriera” dei propri virgulti, “sostengono” concretamente, la sopravvivenza della Società. Falliti loro, nelle intenzioni, più di quei ragazzini, ai quali viene negata una crescita tecnica assistita e graduale.

Con una riflessione. I tifosi del Taranto, esasperati, non vanno più in trasferta per incoraggiare la maglia e quel poco che è rimasto della squadra, ma per manifestare, ovunque, la loro contestazione (alla proprietà). Con cori, lancio di petardi e danni agli impianti. Questo accade da tempo. É proprio necessario, allora, lasciare libero sfogo a questo manifestazioni, o è preferibile intervenire drasticamente?

Sulle responsabilità della Società, meglio stendere un velo pietoso. Perché rimane sempre più difficile comprendere il progetto distruttivo di Massimo Giove e della ristretta schiera degli scappati di casa che, imperterriti, lo “assistono” in quella lenta, ridicola e sconcertante agonia.

Di un bel tacer non fu mai scritto. Bisogna allora aprire una finestra sui comportamenti dei funzionari (o presunti tali) del Taranto F.C. 1927. Ha fatto scalpore, negli ambienti sportivi cittadini, una recente dichiarazione, polemica, rilasciata da Rinaldo Zerbo, a una testata tarantina.

“Capuano e Lucchesi hanno fatto un disastro, Giove si è fidato. Il resto del disastro è arrivato questa estate quando è stato chiamato come DG Fabrizio Lucchesi…”  questo solo uno stralcio di quanto dichiarato, più ampiamente, dal nuovo direttore generale (o presunto tale, in quanto mai presentato ufficialmente) del  Taranto. Frasi ed accuse pesanti, gratuite. Quando, stante la precaria situazione attuale del club, non se ne sentiva alcuna necessità.

La reazione dell’ex direttore generale della Roma non si è fatto attendere. Con una istanza, presentata al Consiglio Federale FIGC, Fabrizio Lucchesi ha chiesto l’autorizzazione ad adire alle vie legali nei confronti di Zerbo, reo di averlo diffamato ai sensi dell’ articolo 595 del codice penale (ne custodiamo copia).

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Gli ufficio preposti della Federcalcio dovranno ora accertare se Rinaldo Zerbo è realmente tesserato di F.C. Taranto 1927 (qualche piccolo dubbio lo nutriamo) in caso negativo la sua posizione potrebbe assumere risvolti diversi. Bisogna precisare che Fabrizio Lucchesi era arrivato a Taranto in estate, chiamato da Massimo Giove, con un compito (di liquidatore) ben preciso. Assolto quanto richiestogli e verificate le negatività oggettive (finanziarie e di mercato) ha salutato, togliendo il disturbo senza tanto clamore. La polemica accesa, a distanza di tempo, da Rinaldo Zerbo, non ha pertanto motivo di esistere, né è suffragata da elementi certi. Non è rimpallando le responsabilità che si risolvono i problemi.

Se poi Zerbo possiede la “bacchetta” magica si faccia pure avanti. E faccia in fretta che il 17 febbraio è vicinissimo e potrebbe rappresentare la “dead line” insormontabile. Gliene saremo sempre grati.



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