Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati: «Basta con la narrazione che riguarda le correnti. Da cittadino mi sento più tutelato oggi che con le carriere separate»
Il cellulare di Cesare Parodi, neo presidente dell’Associazione nazionale magistrati squilla sul Frecciarossa che, da Roma, lo riporta a Torino dove si occupa di fasce deboli e codici rossi in qualità di procuratore aggiunto. Quasi sempre si tratta di chiarire, precisare, confermare. Già in mattinata, inseguito dai cronisti, aveva voluto puntualizzare in via preliminare quel che pensa dell’incontro (da stabilire) con Giorgia Meloni: «Sarà un’occasione per spiegare una volta di più con chiarezza, fermezza, lucidità e senza nessun cedimento le nostre ragioni». Nessun cedimento dunque. Eppure Parodi dice di sé: «Sono un mite uomo delle istituzioni». Basso profilo, insomma.
Presidente. le leggo questa affermazione battuta sabato sera dalle agenzie di stampa, subito dopo la sua elezione: «Accolgo con favore la richiesta di un incontro e auspico che da subito posso riprendere un sano confronto sui temi che riguardano l’amministrazione della Giustizia». Parole della premier Giorgia Meloni. Le ritiene incoraggianti?
«Non posso, oggettivamente, considerarlo un dato negativo, quantomeno sotto il profilo umano. Si tratta di un’affermazione interessante ma naturalmente aspettiamo l’incontro che dovrà esserci».
Quando?
«Non ho ancora una data ma posso dire che andrò per portare una difesa dei magistrati e non, attenzione, in quanto corporazione. Vorrei che superassimo una certa narrazione».
Nella serata di sabato lei ha subito voluto chiarire un aspetto che vi perseguita come un maleficio. La questione delle correnti. «Non siamo la Banda Bassotti» ha sottolineato in primis. La percezione di una magistratura invischiata nel correntismo fino a che punto vi danneggia e ferisce?
«Molto. Viene da più parti questa idea delle toghe impegnate a portare acqua al mulino delle correnti, una rappresentazione alla stregua di associazioni criminali. Ora: d’accordo che in passato vi sono stati soggetti che hanno approfittato di questo per affermarsi, ma non si può mescolare le degenerazioni con l’ordinaria realtà della nostra professione».
Stiamo assistendo a uno scontro senza precedenti fra l’esecutivo e il procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi. Ora c’è una denuncia dei Servizi in merito. Cosa ne pensa?
«Non voglio esprimere una posizione personale sostituendomi alla giunta. Posso però definirlo come l’ennesimo episodio di una difficoltà istituzionale sulla quale è urgente un chiarimento».
Il suo collega Giuseppe Tango non è stato nominato alla presidenza benché il più votato. È parte di una normale dialettica?
«Giuseppe Santalucia è stato un eccellente presidente pur avendo riportato meno voti di altri…».
Separazione delle carriere. Il suo pensiero?
«Da cittadino mi sento maggiormente tutelato con l’attuale assetto che non con le carriere separate».
Lei ha condiviso la protesta dell’anno giudiziario? Ci riferiamo all’uscita delle toghe dall’aula al momento in cui i rappresentanti di governo prendevano la parola…
«Quella forma di protesta decisa dall’Anm è stata diversa dal solito ma corrispondente alla difficoltà del momento. Si tratta di un dissenso condivisibile ma superabile. A margine vorrei dire che Anm deve essere la casa di tutti, anche i non iscritti».
Il procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri batte sulla inadeguatezza degli strumenti con i quali la pubblica amministrazione si trova a combattere una criminalità che ormai utilizza l’intelligenza artificiale. Concorda?
«Credo abbia ragione e serve parlare anche di questo con il governo. Siamo pronti a fare quella che i napoletani chiamano ‘a nuttata per affrontare tutto questo».
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