L’operazione “ultimo baluardo” decapita il clan fondato dagli eredi di Mascitelli a Pomigliano

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Due clan che si sono contesi il controllo degli affari illeciti, estorsioni e spaccio di stupefacenti in primis, nel comune di Pomigliano D’Arco, a partire dal 7 novembre del 2023: i Cipolletta su un versante, i Ferretti sull’altro. Negli ultimi mesi, settimane, giorni, in particolare, “le stese” e i raid intimidatori si registravano quotidianamente. Una situazione che ha portato all’insorgenza di un vero e proprio allarme sociale. Un incubo che ha avuto inizio quando la compagine capeggiata da Salvatore Ferretti ha deciso di aggredire il territorio per imporre la propria egemonia, entrando immediatamente in contrasto con gli altri clan operanti nella stessa zona. Dopo la dissoluzione del clan Foria, la città scoperta e ben si presta alle incursioni dei gruppi criminali intenzionati a colmare il vuoto di potere. “Un’area ad altissima densità di camorra, dove nessuno può realmente sentirsi al sicuro”, la descrivono così gli inquirenti, Pomigliano D’Arco.

In questo clima matura l’ascesa del clan Ferretti, sotto la guida del pluripregiudicato Salvatore Ferretti che con la leadership e il carisma derivante dall’esperienza criminale accumulata è riuscito rapidamente a creare il suo sodalizio camorristico, prettamente intenzionato a conquistare il controllo delle attività estorsive e delle piazze di droga, imporre a pusher e gestori di piazze di droga di rifornirsi esclusivamente mediante i canali del clan neonato e contrastare gli altri focolai camorristici già presenti nel comune di Pomigliano D’Arco, la cittadina che mirava a conquistare.

Un territorio appetibile, considerando l’ampio volume d’affari, ma anche lo scenario “sguarnito” che rendeva la zona facilmente conquistabile, assodata l’assenza di un clan egemone. Proprio per questo motivo, quando il clan Ferretti ha fatto irruzione sulla scena, si è scontrato fin da subito con il clan dei “napoletani”, alias i Cipolletta portando all’insorgenza di una vera e propria guerra di camorra che si può definire conclusa senza vincitori né vinti, alla luce del provvedimento odierno che ha portato all’arresto di diversi soggetti affiliati ad entrambe le organizzazioni criminali.

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“Vi devo sterminare tutta la famiglia”, “Io vengo fino dentro la 219 e vi scanno”, “Vi stermino a tutti quanti, vi porto finiti”. Sono alcune delle frase più eloquenti pronunciate dal boss Salvatore Ferretti durante le fasi più concitate della faida con i Cipolletta.

Determinante per l’ascesa del clan Ferretti la figura di Bruno Mascitelli detto ‘o canotto, classe 1964, camorrista di lungo corso, nonché boss conosciuto e temuto a Pomigliano D’Arco, comune dove il suo clan ha militato a lungo. Non a caso, il neonato clan Ferretti decide di imporre la propria supremazia sul territorio facendo leva sul nome di Mascitelli, soprattutto con l’intento di ottenere risultati migliori in termini di estorsioni. In questo clima prendono il via una serie di estorsioni a tappeto in vista delle festività natalizie del 2023, ai danni di commercianti e imprenditori della zona. L’atto con il quale il clan rifondato sulla reputazione camorristica di Mascitelli debutta nel contesto malavitoso pomiglianese. Dal suo canto, lo status di detenuto impediva a Mascitelli di disporre di un’autonomia tale da rinunciare a un’alleanza con Ferretti, comunque in grado di garantirgli dei vantaggi economici.

“Lo zio è l’ultimo guappo di questa città, dopo non c’è più nessuno. I napoletani ci mangiano. Se ci sta lo zio, ci rispettano e va accudito”, la frase più eloquente che riassume la caratura camorristica di Mascitelli, seppure detenuto, unitamente la forte carico di aspettative che il neonato gruppo criminale riponeva nel boss recluso. Una figura camorristica di primo ordine e riconosciuta come tale soprattutto tra le strade di Pomigliano, in particolar modo in riferimento al giro delle estorsioni e allo spaccio di droga. ‘O canotto è una figura nota negli ambienti camorristici anche della periferia orientale di Napoli. Nel 2016 fu vittima di un agguato a Volla, contestualmente al tentato omicidio del boss Luigi De Micco, reggente dell’omonimo clan operante a Ponticelli, frutto dell’accordo con i clan alleati di Napoli est che intendevano estromettere i cosiddetti “bodo” per appropriarsi del controllo degli affari illeciti. Soprattutto tra le strade di Ponticelli, Mascitelli era riuscito a consolidare la sua caratura camorristica, entrando in contrasto anche con i fratelli D’Amico i cosiddetti “fraulella” del rione Conocal di Ponticelli.

Determinanti anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Giuseppe Sarno definisce Bruno Mascitelli “un mercenario che nel tempo si avvicina a chiunque potesse offrirgli del guadagno.”

Un altro ex Sarno, poi passato dalla parte dello Stato, Caniello Carmine, lo indica come il referente del clan Sarno che tra il 2003 e il 2004 fu nominato dal boss Luciano Sarno referente del clan a Casalnuovo.

Gianluca Ianuale lo descrive come “un soggetto scaltro e privo di scrupoli, seppure detenuto, viene ritenuto l’alleato ideale da Salvatore Ferretti”.



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