Il futuro della Striscia di Gaza, secondo Netanyahu, รจ delineato nelle immagini diffuse lo scorso maggio 2024 dal quotidiano israeliano The Jerusalem Post. Si tratta di illustrazioni inquietanti, distopiche e, allo stesso tempo, rivelatorie, perchรฉ piรน esplicite del piano โFrom Crisis to Prosperity โ Plan for the Transformation of Gaza Stripโ, pubblicato dallโUfficio del Primo Ministro.
Il progetto mira a reintegrare Gaza nellโeconomia regionale attraverso ingenti investimenti infrastrutturali, separandola da Israele ma collegandola al resto del mondo tramite un corridoio marittimo verso Cipro e un passaggio terrestre verso lโEgitto. Gli Emirati investiranno nella ricostruzione e in progetti tecnologici, mentre il piano prevede mega-progetti come la megalopoli โNeomโ in Arabia Saudita. Sarร creata una zona di libero scambio tra Gaza, Israele ed Egitto, con focus su risorse naturali, energie rinnovabili e produzione di veicoli elettrici, per rendere il territorio competitivo con la produzione cinese a basso costo.
Le immagini generate dallโIA, che raffigurano il futuro di Gaza 2035 come simbolo di progresso e prosperitร , con grattacieli futuristici, spiagge idilliache e infrastrutture avveniristiche, diventano una comunicazione politica che mescola la retorica della rinascita con una strategia di controllo di raro cinismo. Uno scenario che ignora deliberatamente il prezzo umano, culturale e politico di questa โtrasformazioneโ. La visione di Netanyahu, trasmessa attraverso queste rappresentazioni, sembra dire: โEcco come potrebbe essere Gaza, se solo fosse sotto il nostro controlloโ. Un messaggio che maschera un sottotesto di colonialismo urbano e culturale, in cui lโimmagine stessa diventa una forma di violenza simbolica: cancella il presente doloroso per sostituirlo con una narrazione che non appartiene ai cittadini del territorio. La ricostruzione proposta รจ paradossale: mostra unโutopia progettata non dagli stessi abitanti della Striscia, ma da chi ha contribuito alla sua distruzione.
Dopo 15 mesi di bombardamenti, Gaza รจ ridotta a 400 kmq di macerie. LโUnesco ha confermato il danneggiamento di decine di luoghi di culto, edifici di interesse storico e artistico, depositi di beni culturali, monumenti, musei, siti archeologici, scuole, biblioteche e universitร . Quartieri rasi al suolo, infrastrutture essenziali distrutte e migliaia di vite spezzate testimoniano la devastazione. ร impossibile non cogliere la correlazione tra la distruzione sistematica del territorio โ dove sono sepolti capitale umano, patrimonio spirituale e identitario โ e le immagini della futura Gaza ricostruita โ dal nulla โ come una qualsiasi smart city. Non si puรฒ non notare la coincidenza con le recenti e controverse dichiarazioni di Trump, che vede in Gaza unโopportunitร immobiliare, considerandola la futura โriviรจreโ del Medio Oriente.
Le parole sono importanti. Se non si puรฒ parlare di genocidio a Gaza โ come esclude Gianni Oliva, storico e saggista, che avverte contro lโuso fuorviante delle parole โ รจ certamente urbicidio, โassassinio della cittร โ. Il termine, coniato negli anni โ90 dallโarchitetto e urbanista Bogdan Bogdanoviฤ, definisce lโazzeramento intenzionale del patrimonio storico, artistico e architettonico di una cittร , con lโintento di mutilare e cancellare lโidentitร cittadina e comunitaria, distruggendo una cultura urbana e una rete di relazioni e attivitร .
Roxana Waterson ci ricorda che โlโarchitettura non riguarda solo la possibilitร di un riparo, ma la creazione di uno spazio simbolico e sociale che รจ specchio e modello della visione del mondo dei suoi costruttori e abitantiโ. La storia ci insegna che la ricostruzione di una cittร che non tiene conto delle identitร locali รจ destinata al fallimento. Gaza rischia di diventare un simulacro privo di anima, uno spazio progettato per chi lo guarda da lontano, non per chi lo abita. Finchรฉ la pace e la ricostruzione non saranno guidate dai diritti e dalle aspirazioni della popolazione, ogni promessa di prosperitร rimarrร una scenografia vuota e inquietante quanto le sue rovine.
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