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L’idrogeno rappresenta una parte importante del futuro dell’energia pulita, un vettore capace di velocizzare e risolvere diverse criticità legate alla transizione ecologica. La sua combustione non produce CO2, ma solo vapore acqueo, rendendolo un candidato ideale per decarbonizzare i settori “hard to abate”, ovvero quelli in cui è più difficile abbattere le emissioni di CO2 e che richiedono parecchia energia.

Tuttavia, non tutto l’idrogeno è sostenibile e ciò dipende interamente dal metodo con cui viene prodotto. Se per esempio è ottenuto tramite processo di elettrolisi alimentato da fonti rinnovabili, come il fotovoltaico, il suo impatto ambientale è minimo e avremo di fronte quello che viene definito “idrogeno verde”. Si tratta di una fonte che potrebbe svolgere un ruolo cruciale nell’accumulo energetico, trasformando i surplus di elettricità prodotta da rinnovabili in una riserva strategica da utilizzare quando il sistema energetico lo richiede. Purtroppo, però, oggi solo il 5% dell’idrogeno prodotto nel mondo è “verde”, il 95% viene infatti generato a partire dai combustibili fossili (per i tre quarti dal gas, il resto dal carbone). E questo nonostante l’ondata di annunci degli ultimi anni che ha investito il settore dell’idrogeno verde. Annunci che, dunque, non hanno avuto grande seguito. A sottolinearlo è lo studio “The green hydrogen ambition and implementation gap” pubblicato il 19 gennaio su Nature, che ha monitorato 190 progetti sull’idrogeno verde annunciati a livello globale dal 2021 al 2023. 

Un settore in ritardo

Gli autori dello studio hanno rilevato negli anni presi in esame un tasso di successo, cioè di realizzazione dell’impianto, estremamente basso a livello globale. Dei 4,3 gigawatt (GW) di nuova capacità previsti, solo 0,3 GW sono stati effettivamente installati e resi operativi. Parliamo in sostanza solo del 7% delle infrastrutture annunciate. Ancora più preoccupante è poi il fattore “ritardo”: nessuno dei progetti annunciati nel 2021 è stato completato nei tempi previsti, cioè entro il 2023. Di questi l’86% ha subito ritardi significativi, mentre il 14% è stato addirittura abbandonato.

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Nonostante le difficoltà, lo scenario di lungo periodo viene comunque giudicato promettente dallo studio. Il numero di progetti annunciati al 2030 è infatti quasi triplicato negli ultimi tre anni, con 422 GW di capacità annunciata. Tuttavia, senza una solida politica di carbon pricing – che consiste nel fissare un prezzo per il carbonio – affiancata a questi progetti (da cui possono arrivare nuove risorse da investire nell’idrogeno verde), sarà difficile trovare i soldi per realizzarli: serviranno 1,3 mila miliardi di dollari di sovvenzioni, cifra ben al di sopra delle risorse attualmente stanziate.

Le sfide per il futuro dell’idrogeno verde

L’evoluzione del settore negli ultimi anni ha mostrato due tendenze opposte. Da un lato, il breve periodo è stato caratterizzato da aspettative ridimensionate, dall’altro, a partire dal 2024, le nuove proposte progettuali hanno registrato una crescita significativa, trainata in particolare dall’Europa, che guida il mercato con la quota più alta di capacità annunciata entro il 2030, seguita da Australia e Sud America.

Ci sono però tre ostacoli che mettono a rischio la realizzazione su larga scala dell’idrogeno verde. Il primo è l’aumento dei costi di produzione, legato all’incremento dei prezzi delle apparecchiature e dei finanziamenti. Solo gli stack (un componente chiave di un elettrolizzatore) sembrano destinati a una rapida riduzione dei costi, mentre il resto della filiera rimane economicamente “impegnativo”. Il secondo ostacolo è l’assenza di “accordi off-take. Si tratta di contratti a lungo termine per l’acquisto dell’idrogeno prodotto, una condizione che riflette, dunque, una scarsa propensione del mercato a investire in una fonte di energia giudicata ancora costosa. 

Il terzo elemento critico coinvolge la classe politica. Mancano infatti politiche di supporto al settore e, in generale, una regolamentazione più chiara. 

Secondo i ricercatori, per superare queste difficoltà è necessario un approccio politico più strutturato. Una strategia efficace dovrebbe combinare misure di stimolo alla domanda con una progressiva transizione dai sussidi ai meccanismi di mercato. Nel breve periodo, ciò permetterebbe di ridurre il rischio per gli investimenti iniziali, indirizzando l’idrogeno verde verso le applicazioni più strategiche. Nel lungo periodo, invece, la competizione con altre soluzioni di decarbonizzazione dovrebbe essere gestita dal mercato, garantendo così un impegno stabile verso la mitigazione del cambiamento climatico e favorendo una crescita del settore.

In sostanza, l’idrogeno verde ha il potenziale per svolgere un ruolo cruciale nel processo di transizione, ma la sua diffusione globale dipenderà dalla capacità di superare gli ostacoli finanziari, regolatori e tecnologici. Solo così i progetti annunciati potranno diventare una realtà. 

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