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C’è una sorta di «arma nucleare» che l’Unione europea ha a sua disposizione, per rispondere ai dazi che Donald Trump ha in parte già varato su acciaio e alluminio, e a quelli che minaccia di applicare in futuro anche su altri prodotti. In gergo tecnico si chiama Strumento Anti-Coercizione (ACI l’acronimo in lingua inglese). Consente alla Commissione Europea di mobilitare un vasto arsenale di misure (dazi, restrizioni quantitative alle importazioni, e altre sanzioni) come ritorsione a quelle che vengono definite «azioni coercitive» da parte di Paesi terzi.
A Bruxelles diverse fonti hanno indicato che potrebbe essere utilizzato per la prima volta nel contesto delle relazioni commerciali tra l’Ue e gli Stati Uniti. Attenzione, però: questo significa rispondere a Trump con una sorta di «guerra totale». Perciò, mentre i tecnici di Bruxelles lo mettono sul tavolo – forse anche per esercitare una pressione negoziale su Trump – in diverse capitali europee l’uso di questa «arma nucleare» viene considerato eccessivo, inopportuno, quindi politicamente impraticabile, e alla fine improbabile. Ma in cosa consiste esattamente questa «arma nucleare», quali sono le condizioni per usarla? Qui sotto vi propongo una sintesi di questo strumento giuridico, importante e poco noto all’opinione pubblica (anche perché recente).
Ho ricavato la maggior parte di queste informazioni dalla scheda che un grande studio legale internazionale, Crowell & Moring, ha diffuso ai suoi clienti. Questo la dice lunga sul fatto che le grandi imprese – e i professionisti che le assistono, avvocati o lobbisti – stanno cercando di valutare la natura dei rischi a cui va incontro la relazione Usa-UE.
Il nuovo Strumento Anti-Coercizione sarà presto messo alla prova, in particolare per garantire l’applicazione del Digital Services Act, la normativa che non piace né ai colossi americani di Big Tech né all’Amministrazione Trump.
Come ha risposto storicamente l’Ue all’aumento della pressione economica degli Stati Uniti? Sebbene dazi e protezionismo Usa siano destinati a intensificarsi con questo presidente, il ricorso a tali misure non è una novità. Durante il primo mandato di Trump, gli Stati Uniti ebbero diverse dispute commerciali con l’UE. In particolare, gli Stati Uniti imposero allora un gran numero di dazi sull’acciaio e sull’alluminio europei, nonché su alcuni altri prodotti provenienti da singoli Stati membri.
L’Ue rispose riorganizzando il proprio quadro normativo e adottando leggi adeguate alla nuova realtà geopolitica (come il Regolamento sui Sussidi Esteri, lo Strumento Anti-Coercizione, e altri). Inoltre fece ricorso a risposte commerciali tradizionali, avviando ricorsi legali presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO l’acronimo inglese) in risposta ai dazi su acciaio e alluminio e ai dazi sulle olive spagnole imposti durante la prima amministrazione Trump, e imponendo dazi di riequilibrio o reciprocità sui prodotti statunitensi. Quei conflitti transatlantici sfociarono in un accordo tra l’UE e gli Stati Uniti sotto la presidenza Biden, che dovrà essere riesaminato a marzo 2025 da entrambe le parti e che potrebbe riaccendere le tensioni.
Di fronte alle nuove azioni della seconda Amministrazione Trump, la domanda chiave è come reagirà l’Ue e se sarà in grado di farlo in modo efficace. Molti esperti in Europa hanno chiesto una risposta unitaria da parte dell’Ue e hanno avvertito il pericolo che gli Stati membri agiscano in modo indipendente. Lo Strumento Anti-Coercizione (ACI) dell’UE potrebbe fornire un meccanismo per una risposta generale dell’Ue alle politiche commerciali di Trump, sia sotto forma di sanzioni che di dazi.
In breve, l’ACI fornisce un quadro giuridico per una risposta centralizzata e strutturata dell’UE alla «coercizione» da parte di paesi terzi, attraverso mezzi diplomatici e, in caso di insuccesso, mediante eventuali contromisure ritenute necessarie. L’ACI stabilisce che uno dei suoi obiettivi è garantire che le sue risposte siano sempre in stretta conformità con la legalità interna e internazionale.
L’ACI è recente, venne adottato alla fine del 2023 come parte della strategia di autonomia strategica aperta dell’UE – una politica commerciale in vigore dal 2021. All’epoca della sua adozione molti pensavano che fosse diretto soprattutto a proteggere l’Europa nei confronti della Cina. Si era già in un periodo di crescente minaccia coercitiva nei confronti degli Stati membri e delle imprese europee, ma per lo più da parte di Pechino. La Commissione lo presenta «un deterrente» contro la coercizione da parte di paesi terzi.
Come funzionerebbe lo Strumento Anti-Coercizione? Una volta deciso di utilizzarlo, la Commissione avvierebbe un’indagine per determinare se una misura di un paese terzo possa essere considerata coercizione economica ai sensi dell’ACI. Se fosse identificata una coercizione, la Commissione presenterebbe una proposta al Consiglio dell’UE per un atto di esecuzione, che verrebbe adottato e modificato dagli Stati membri con il sistema di voto a maggioranza qualificata. Il Consiglio è l’organo politico che riunisce i governi dei 27 Stati membri.
In tal modo, gli Stati membri manterrebbero il controllo sull’uso dell’ACI. Ciò significa che eventuali disaccordi tra gli Stati membri potrebbero di fatto impedirne l’utilizzo. Ad esempio, un voto negativo di Francia e Germania potrebbe bloccare l’adozione di un atto ACI.
Quali misure di risposta possono essere adottate con l’ACI? Una volta invocato, apre alla Commissione un’ampia gamma di misure di risposta, tra cui:
– Aumento dei dazi doganali;
– Restrizioni alle importazioni o esportazioni;
– Esclusione dalla partecipazione agli appalti pubblici;
– Sospensione degli obblighi internazionali in settori come proprietà intellettuale, assicurazioni, banche e chimica.
In questo processo decisionale quale ruolo possono avere le imprese europee? L’ACI prevede la consultazione degli stakeholder in più fasi. Gli operatori economici possono presentare richieste alla Commissione affinché esamini se una misura di un paese terzo sia coercitiva. Inoltre, la Commissione può invitare le parti interessate a fornire informazioni per determinare la natura coercitiva delle misure.
Le misure di risposta devono essere proporzionate ed efficaci, evitando impatti negativi sugli attori dell’Ue. Pertanto, il parere delle imprese europee sarà determinante in ogni fase della procedura.
Ma lo Strumento Anti-Coercizione alla fine sarà utilizzato? L’ACI definisce la «coercizione» in termini ampi, coprendo qualsiasi misura di un paese terzo che influisca sul commercio o sugli investimenti al fine di esercitare una pressione e un condizionamento sulle decisioni dell’UE o di uno Stato membro.
Alla luce di questa definizione e della pressione politica, secondo lo studio legale Crowell & Moring «gli Stati membri dell’UE esamineranno attentamente il potenziale utilizzo dell’ACI per proteggere gli interessi dell’UE in risposta a nuove politiche statunitensi. Tuttavia, per essere efficace, l’ACI dovrà dimostrare di avere un effetto deterrente sufficiente e sarà un banco di prova per l’autonomia strategica dell’UE e per l’unità politica tra gli Stati membri».
È appunto la ragione per cui, mentre a Bruxelles se ne parla molto, in alcune capitali nazionali lo si considera un arsenale nucleare da tenere… in disarmo.
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