Le imprese chiedono un altro rinvio di tre mesi sulle assicurazioni contro i disastri climatici


L’obbligo dovrebbe scattare dal 31 marzo, già slittato di tre mesi grazie al decreto Milleproroghe. Ora – come riporta Il Sole 24 Ore – a pochi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto attuativo sulle assicurazioni obbligatorie per le imprese contro le calamità e le catastrofi naturali, Confindustria scende in campo e chiede una ulteriore proroga di novanta giorni.

La norma era prevista dalla legge di bilancio. Secondo l’associazione degli imprenditori, però, ci sarebbero ancora troppi aspetti da chiarire sull’applicazione. Con il rischio che, soprattutto nella prima fase quando ancora la copertura non si è diffusa, le aziende si trovino a pagare premi esosi, fino a decine di migliaia di euro anche per le realtà piccole, se situate in regioni più esposte alle calamità.

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«Il decreto attuativo è stato pubblicato il 28 febbraio. Fino a quella data noi siamo rimasti all’oscuro del contenuto del provvedimento», spiega Angelo Camilli, vicepresidente di Confindustria con delega per il credito, la finanza e il fisco. «È stato introdotto un obbligo per legge di assicurazione nel caso di calamità e catastrofi naturali come alluvioni, frane e terremoti. Quando c’è un obbligo per le imprese non è mai positivo. In base a quanto previsto un’impresa può anche decidere di non stipulare queste polizze. Ma ci sono una serie di conseguenze talmente importanti che nei fatti diventa un obbligo. Quest’obbligo comporterà sicuramente maggiori oneri per le aziende, al quale però deve corrispondere un maggiore impegno dello stato in termini di prevenzione. Altrimenti si tratterà solo di una tassa aggiuntiva sulle imprese che, però, non risolverà le cause della fragilità del nostro territorio. È vero che alla base dell’obbligo c’è la necessità di garantire il principio di mutualità: se tutte le imprese stipulano le polizze si ridurranno i premi assicurativi e saranno sostenibili anche per le aziende maggiormente esposte al rischio. Capiamo la motivazione tecnica».

L’idea dietro l’obbligo delle assicurazioni contro i disastri climatici è quella di ridurre gli oneri a carico dello Stato, in termini di rimborsi ai cittadini in caso di calamità, e di garantire la continuità aziendale. Mentre le assicurazioni, come prevede una norma recente, avranno l’obbligo di liquidare immediatamente il 30 per cento del danno.

I rappresentanti di Confindustria raccontano al Sole 24 Ore di aver presentato al ministero per le Imprese la richiesta di chiarimenti «su un articolato elenco di aspetti, alcuni molto tecnici, altri più preoccupanti». Tra le informazioni mancanti, ci sarebbe il «livello dei premi», «quale sarà la contrattualistica» e «quali saranno gli impegni chiesti alle imprese in caso di investimenti per la mitigazione dei rischi».

Per questi motivi Confindustria torna a chiedere una proroga almeno di novanta giorni. «Auspichiamo che il ministero possa avviare una serie di tavoli di lavoro per fare chiarezza, anche se la proroga è assolutamente indispensabile», ribadisce il vicepresidente. «Uno degli aspetti che preoccupa di più è la prospettiva che l’azienda priva di copertura non possa più accedere a qualsiasi forma di agevolazione o di incentivo pubblico. Abbiamo fatto richiesta che tra questi strumenti non rientrino le agevolazioni fiscali e contributive; dal decreto attuativo non è chiaro se siano incluse o meno e secondo noi andrebbero escluse. Anche le misure che riguardano il lavoro, come ad esempio la superdeduzione per i neoassunti, gli strumenti che riguardano il Sud e le misure introdotte con l’ultima legge di bilancio andrebbero escluse».

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Su questo scenario incombe, poi, la prospettiva che la norma possa avere avere da subito impatto sull’accesso al credito. «L’impatto sul sistema produttivo sarebbe devastante», dice Camilli.

Il faro è puntato sui meccanismi che porteranno alla determinazione dei premi da pagare. «Le prime imprese che andranno a stipulare la polizza dal primo aprile, quando ancora il meccanismo della mutualità non ci sarà, rischiano di pagare premi molto cari», spiega Camilli al Sole. «Non abbiamo idea di quale entità saranno i premi. Dai primi segnali che arrivano dalle associate sappiamo che si potrà trattare di cifre molto elevate anche per attività produttive di dimensioni contenute, soprattutto per le aziende che si trovano nelle zone più a rischio».

Si parla di svariate migliaia di euro, anche per realtà piccole. «In questo caso avremmo bisogno di conoscere quanto possono incidere i costi delle misure di messa in sicurezza che la compagnia assicurativa può chiedere all’impresa per mitigare i rischi. In tal caso non ci sarebbe solo un premio da pagare, ma anche investimenti da fare e questo in una fase decisamente difficile del contesto economico. Avevamo chiesto un aiuto attraverso la leva fiscale nel caso di ulteriori investimenti per la messa in sicurezza, ma non abbiamo avuto risposta», dice il vicepresidente di Confindustria.

Altra proposta avanzata da Confindustria è quella di destinare il gettito fiscale derivante dai ricavi per le polizze assicurative a investimenti per la messa in sicurezza del territorio. «Se in alcuni territori non ci saranno investimenti per la messa in sicurezza, come ha più volte evidenziato il presidente Orsini, le imprese possono fare scelte di ubicazione in funzione di questo, e ciò innescherebbe un processo di desertificazione industriale di determinate aree», dice Camilli. «Non chiediamo una proroga per eludere il tema. È una norma approvata nella legge di bilancio, va applicata. Non siamo soddisfatti di un obbligo, ma se serve per avere una mutualità e quindi una riduzione dei premi, va bene. Però ci deve essere chiarezza nell’applicazione, mentre al momento non abbiamo alcuna risposta».



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