“Che ne sarà di noi?”

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Reggio Emilia, 12 febbraio 2025 – “Cosa ne sarà domani dei dipendenti?”. Scongiurato il pericolo di feriti che per fortuna non si sono registrati, la priorità ora sono i posti di lavoro. A chiederlo a gran voce sono i sindacati a supportare gli operai che fin dalle prime luci dell’alba si sono accalcati davanti ai cancelli del sito produttivo di via Due Canali in cui sono andati in fumo lo stabilimento di Inalca oltre al magazzino di Quanta Stock&Go. Balla il futuro di quasi 400 persone in tutto il polo, tra assunti diretti e appalti.

“Il nostro primo pensiero va a loro – chiosa Federico Leoni, segretario Filt Cgil che segue la categoria della logistica e dei trasporti e quindi della situazione di Quanta – Questo è un polo importante sia imprenditorialmente distinguendosi con grandi numeri sia per i lavoratori che ora vannio riprotetti e salvaguardati. Chiediamo di attivare il prima possibile gli ammortizzatori sociali. La preoccupazione per il futuro del sito c’è, ma auspichiamo che tutto possa ripartire per il meglio”. Al suo fianco anche Salvatore Coda, segretario Flai Cgil, la categoria degli alimentaristi e dunque di Inalca: “Abbiamo già avviati i primi contatti per instaurare un dialogo con la proprietà per una cassa integrazione immediata. Aspettiamo inoltre un incontro nei prossimi giorni per capire insieme una possibile ricollocazione”.

Sul luogo del disastro anche Gaetano Capozza (segretario Fit Cisl Reggio) e Roberto Pinotti (Fai Cisl Emilia Centrale): “Reggio deve reagire senza perdere un solo posto di lavoro, rimettendo in piedi uno dei più importanti poli di lavorazione della carne e della logistica pasti di tutto il Nord Italia. Questo da oggi deve essere l’impegno di tutti e per questo chiediamo che la Regione e le Istituzioni locali scendano in campo con la forza e l’autorevolezza necessarie”.

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Difficilmente, visti gli ingenti danni e l’inagibilità degli stabilimenti, si potrà ripartire in tempi brevi. E lo sanno anche gli oltre cento dipendenti che ieri mattina, svegliati nel cuore della notte dai messaggi dei responsabili aziendali riguardo al disastro, si sono precipitati davanti all’ingresso delle loro aziende, guardando attoniti le camionette dei vigili del fuoco impegnati a salvare quanto resta delle carcasse annerite degli edifici.

Lacrime e mani sul volto di tanti, alcuni che si coprono il naso con sciarpe o colletti dei maglioncini, altri con le mascherine, per non respirare i fumi tossici. Le preoccupazioni sono il leitmotiv di tutti. “Ho appena comprato casa, sicura dello stipendio del contratto a tempo indeterminato. Se perdo il lavoro come farò a pagare il mutuo? Speriamo che non succederà nulla”, spera Svetlana, dipendente di origine ucraina che volge lo sguardo al cielo, quasi come a indirizzare una preghiera.

I dipendenti si radunano a gruppetti, quasi come a formare i loro reparti a cielo aperto nel piazzale del parcheggio davanti al sito industriale. Si danno confortano, si abbracciano. “Qui siamo tutti come una famiglia”, spiega Adriana Klinger, da otto anni addetta alla disossatura delle carni bovine. A farle eco anche Silvia Eva Kolacz, da 17 anni nello stesso reparto. “Qui dentro c’è tanto della nostra vita, c’è un vissuto. Siamo sconvolte da quanto è accaduto. E il pensiero di non poter tornare a lavorare qui ci rende tristi”.

Parole che ben dipingono lo stato d’animo dei lavoratori, ma soprattutto l’affezione nei confronti dell’azienda. Nessuna critica. “Inalca è una ditta modello, ci troviamo bene. Situazioni di insicurezza all’interno dello stabilimento? Mai. Era tutto perfetto. Crediamo che sia stato un incendio di natura accidentale, nessun disastro annunciato”, dicono in coro respingendo la ben che minima ombra. “Se non ci trovassimo bene, non saremmo qui o avremmo già trovato un altro posto di lavoro”, dice senza girarci intorno Debora Scerra, da 25 anni artigiana della porzionatura delle carni. Nonostante la pioggia, sono rimasti lì, davanti agli edifici abbrustoliti e avvolti dall’aria affumicata. “Ci sono novità?”, chiedono agli addetti alla sicurezza che si alternano alla guardiola. “Se fosse possibile, entreremmo ora a mettere a posto tutto per poi ricominciare a lavorare ai nostri posti di produzione…”.



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