Quando un proprietario può disdire il contratto di affitto di casa?

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Quando e come il locatore può disdire un contratto di locazione di casa: i motivi validi per la disdetta e le tutele per l’inquilino.

Le due principali tipologie di locazione a uso abitativo sono quella “a canone libero” (anche detto “4+4” poiché ha una durata iniziale di 4 anni con rinnovo automatico per altri 4 anni) e a “canone concordato” (anche detto “3+2” poiché ha una durata iniziale di 3 anni con rinnovo automatico per altri 2 anni). Entrambi i contratti si rinnovano in automatico alle rispettive scadenze se nessuna delle parti dà disdetta all’altra con un preavviso di almeno sei mesi. La disdetta recapitata oltre il suddetto termine ha effetto per la successiva scadenza. Ma quando un proprietario può disdire il contratto di affitto di casa?

Come vedremo a breve, la legge individua specifici motivi solo al termine dei primi 4 anni (nel contratto a canone libero) o dei primi 3 (in quello a canone concordato). Invece, per i rinnovi successivi, la disdetta è libera e non deve essere motivata.

Cerchiamo di chiarire meglio come funziona la normativa che disciplina la disdetta del contratto di affitto da parte del locatore, con particolare attenzione ai motivi e alle procedure da seguire. Approfondiremo qui di seguito i diritti e i doveri di entrambe le parti.

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La disdetta del proprietario alla prima scadenza del contratto di affitto

In base alla normativa vigente, il proprietario di un immobile ad uso abitativo può disdire il contratto di locazione alla prima scadenza solo per i motivi tassativamente previsti dalla legge.

In particolare, secondo l’art. 3 della Legge 9 dicembre 1998, n. 431, il locatore può negare il rinnovo del contratto alla prima scadenza, dandone comunicazione al conduttore con un preavviso di almeno sei mesi, per i seguenti motivi:

  • uso proprio o per familiari: adibire l’immobile ad uso abitativo per sé, il coniuge, i figli, i genitori o i parenti entro il secondo grado.
  • uso per attività lavorativa: destinare l’immobile all’esercizio di attività commerciali, artigianali o professionali proprie, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado. Oppure quando il locatore, persona giuridica, intenda destinare l’immobile all’esercizio delle attività dirette a perseguire le proprie finalità istituzionali;
  • inquilino con altro alloggio: quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso Comune;
  • ristrutturazione: quando l’immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;
  • demolizione o ricostruzione: quando l’immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l’integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni;
  • vendita: quando il locatore intenda vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. Non vi rientra l’ipotesi della donazione.

Come deve essere comunicata la disdetta?

La disdetta deve essere comunicata al conduttore con un preavviso di almeno sei mesi prima della scadenza del contratto, tramite lettera raccomandata. Il termine si considera rispettato se, alla scadenza, la raccomandata perviene all’indirizzo del domicilio dell’inquilino. Pertanto non conta la data di spedizione ma quella di ricevimento. Eventuali disguidi o ritardi postali ricadono sul mittente.

La disdetta deve contenere l’indicazione specifica dei motivi tra quelli previsti dalla legge, altrimenti è nulla. La specificazione dei motivi è finalizzata a consentire al conduttore di verificare la serietà e la realizzabilità dell’intento dichiarato dal locatore.

In caso di mancato rispetto delle condizioni previste dalla legge, il contratto si rinnova automaticamente per un ulteriore periodo di quattro anni o, nella locazione a canone concordato, di due anni.

Cosa succede se il proprietario non utilizza l’immobile per il motivo dichiarato?

Se il locatore non adibisce l’immobile all’uso dichiarato entro dodici mesi dalla riconsegna, il conduttore ha diritto al:

  • ripristino del contratto
  • oppure al risarcimento del danno.

Pertanto, il proprietario può disdire il contratto di affitto di casa alla prima scadenza solo per i motivi tassativi previsti dalla legge e seguendo le modalità e i termini indicati.

Se la disdetta è illegittima, perché non rispetta i requisiti di legge, l’inquilino può impugnarla davanti al giudice, che può ordinare il ripristino del contratto e condannare il proprietario al risarcimento dei danni.

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Cosa succede alle successive scadenze dell’affitto?

Alle scadenze successive della locazione, ossia dopo il primo periodo di rinnovo automatico (come visto pari a 4 anni nel contratto a canone libero e pari a 2 in quello a canone concordato), se il locatore intende dare disdetta, deve seguire le stesse modalità previste per la prima scadenza. In particolare, il locatore deve comunicare la disdetta al conduttore con un preavviso di almeno sei mesi con raccomandata a/r o lettera consegnata a mani. Tuttavia, in questo caso, non è tenuto a fornire motivi del diniego del rinnovo.

 Quanto tempo dura lo sfratto?

Le tempistiche relative allo sfratto e al tempo che l’inquilino ha per lasciare l’immobile possono variare a seconda delle circostanze specifiche del caso e del carico di lavoro del tribunale o dell’ufficiale giudiziario (che procede all’esecuzione forzata dell’ordinanza di sfratto emessa dal giudice). In generale, una volta che il giudice emette un provvedimento di sfratto, l’inquilino è tenuto a lasciare l’immobile entro un termine stabilito dal giudice stesso. Ad esempio, in un caso esaminato dal Tribunale di Torre Annunziata, l’esecuzione dello sfratto è stata fissata dopo sessanta giorni dalla scadenza del contratto (sentenza n. 645/2018). Tuttavia, l’inquilino ha la possibilità di richiedere un differimento dell’esecuzione fino 90 giorni (o, in presenza di situazioni di particolare vulnerabilità come disabilità o malattia terminale, fino a 120 giorni). È il cosiddetto termine di grazia. Durante tale periodo continuano a maturare regolarmente i canoni di locazione.

Quanto tempo ha l’inquilino per lasciare casa?

La legge prevede che il termine di rilascio dell’immobile non possa superare i dodici mesi dalla data del provvedimento, per evitare di privare il conduttore di tutela e di alterare l’equilibrio contrattuale originario. Quindi, il tempo effettivo che un inquilino ha per lasciare l’immobile può variare, ma è generalmente compreso tra pochi mesi e un massimo di un anno, a seconda delle specifiche circostanze e delle eventuali opposizioni o richieste di differimento presentate.

 



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