Trump chiama Putin: «Negoziati immediati». Possibile primo incontro in Arabia Saudita

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di
Viviana Mazza

Inviti nei rispettivi Paesi, ma potrebbero vedersi in Arabia Saudita con l’aiuto del principe saudita Mohammed bin Salman «che spingeva da dietro le quinte» e del capo del fondo sovrano russo Kirill Dmitriev che ha «fatto da ponte». Poi la telefonata a Zelensky

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DALLA NOSTRA INVIATA
WASHINGTON – La liberazione dell’insegnante americano Marc Fogel detenuto in Russia da tre anni mediata martedì da Steve Witkoff — amico personale di Trump volato con il jet privato a Mosca — ha aperto la strada ieri a una telefonata di un’ora e mezza tra lo stesso Trump e Putin, che si è conclusa con l’annuncio dell’inizio di negoziati per porre fine alla guerra in Ucraina e con un invito per il presidente americano a recarsi a Mosca. Le ultime 24 ore segnano uno sviluppo straordinario.  Innanzitutto Trump ha descritto i contenuti della telefonata sul suo social Truth. «Abbiamo parlato della forza delle nostre nazioni, del grande beneficio che trarremo un giorno dal lavorare insieme. Ma prima entrambi vogliamo porre fine ai milioni di morti nella guerra tra Russia e Ucraina. Il presidente Putin ha anche usato uno degli slogan fortissimi della mia campagna elettorale: senso comune. Entrambi ci crediamo fermamente». 

Nello stesso post, Trump ha spiegato che i due leader hanno deciso «che i nostri team inizino subito i negoziati» e poi ha annunciato che per prima cosa avrebbe chiamato Zelensky. La discussione con Putin non ha toccato solo l’Ucraina, ma l’intera relazione Usa-Russia: «Medio Oriente, Energia, Intelligenza artificiale, il potere del dollaro e vari altri temi». «Siamo d’accordo per lavorare insieme, molto strettamente, incluso il fatto di visitare l’uno la nazione dell’altro», ha concluso Trump. Sarebbe il primo presidente americano a recarsi in Russia dopo Obama nel 2013. Intanto ha detto ai reporter che i due leader si incontreranno presto «probabilmente» in Arabia Saudita.




















































 «L’amministrazione Trump è da settimane in contatto con gli europei e gli ucraini per discutere della guerra. Ma questa telefonata è molto diversa: ha detto i contenuti a Zelensky, ma non si è coordinato con lui in anticipo. Ha informato gli europei, ma non si è coordinato con loro. Biden non l’avrebbe mai fatto», dice al Corriere il politologo Ian Bremmer. «È l’unilateralismo di Trump, che fa sentire gli europei più vulnerabili».

Il portavoce russo Peskov ha confermato che Putin «conviene con Trump che un accordo duraturo possa essere raggiunto attraverso negoziati pacifici» ma ha aggiunto che «Putin ha menzionato la necessità di affrontare le cause alla radice della guerra». Parole che non sono certo sfuggite a Zelensky, il quale ha scritto sul social X che Ucraina e Stati Uniti stanno definendo «le mosse per fermare l’aggressione russa e assicurare una pace duratura e affidabile», ma in un’intervista con l’Economist confessa di aver paura di non essere consultato sui piani.

Lo scambio

La telefonata è avvenuta la mattina dopo il ritorno di Fogel, con la bandiera a stelle e strisce al collo, accolto alle 10 di sera alla Casa Bianca. Trump ha detto che i russi avevano ricevuto «molto poco» in cambio, definendolo «un gesto di benevolenza» di Putin. C’è stato uno scambio con un criminale russo, Alexander Vinnik accusato di frode con le criptovalute. Intanto un altro americano è stato liberato dalla Bielorussia. «Il nome di Vinnik mi è familiare, era stato selezionato come possibile opzione in cambio di Fogel in passato», dice al Corriere Roger Carstens, inviato speciale per gli ostaggi dell’amministrazione Biden. Stavolta però lo scambio si è concretizzato. Cruciale è stato il coinvolgimento di Witkoff, investitore immobiliare che Trump aveva già inviato in Medio Oriente per raggiungere il cessate il fuoco a Gaza, che ha incontrato Putin per tre ore e mezza martedì — secondo il suo amico Sean Hannity di Fox News — con l’aiuto del principe saudita Mohammed bin Salman «che spingeva da dietro le quinte» e del capo del fondo sovrano russo Kirill Dmitriev che ha «fatto da ponte», ha detto lo stesso Witkoff. «Esiste una lunga storia di negoziati per gli ostaggi che hanno portato direttamente a discussioni di politica più ampie», aggiunge Carstens.

Il capo del Pentagono

Gli occhi sono ora puntati sugli incontri a Monaco tra gli inviati di Trump, incluso il suo vicepresidente e Zelensky e gli altri alleati della Nato, dopo che ieri a Bruxelles il nuovo capo del Pentagono Pete Hegseth ha avvertito che un ritorno ai confini dell’Ucraina precedenti al 2014 è «irrealistico» come lo è il suo ingresso nella Nato. Trump, dalla Casa Bianca, in serata ha dichiarato che «molto tempo prima di Putin» i russi già «dicevano che non avrebbero mai consentito che l’Ucraina si unisse alla Nato, e per me è ok».

Dietro le quinte l’amministrazione Biden aveva parlato con gli ucraini della necessità di rinunciare a parte dei territori, ma il fatto che il capo del Pentagono prima dei negoziati parli così è visto come un assist ai russi. «Anche negare l’ingresso a Kiev nella Nato dovrebbe essere stabilito collettivamente, non dal membro più forte dell’alleanza che altrimenti ne risulta indebolita», osserva Bremmer. Hegseth ha aggiunto che le garanzie di sicurezza a Kiev dovranno venire «da forze europee e non europee», ma non americane, mentre per Zelensky «le garanzie di sicurezza senza l’America non sono vere garanzie di sicurezza». Il leader ucraino ha scritto su X che con Trump ha parlato del «supporto» Usa in cambio dell’accesso a minerali critici ucraini in base a un «nuovo documento di sicurezza, cooperazione economica e partnership per le risorse». Un’offerta economica a Trump per assicurarsi che consideri nel proprio interesse la sicurezza ucraina.

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12 febbraio 2025 ( modifica il 13 febbraio 2025 | 01:58)

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