Il limite dei mandati per i direttori dei musei resiste. E vale anche per l’ultimo bando che mette “in palio” il Colosseo e i Musei Reali di Torino

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Dopo mesi di immobilismo e dopo una cambio di ministro, finalmente il ministero della Cultura ha pubblicato il bando per la copertura di cinque posti da dirigente di prima fascia – parificato quindi al rango di direttore generale – di altrettanti musei e parchi archeologici autonomi italiani: Musei Reali di Torino (un mini-polo museale di otto istituti); la Galleria dell’Accademia di Firenze che si unisce ai cinque Musei del Bargello; il Parco archeologico del Colosseo; il Museo Nazionale Romano; il Museo archeologico nazionale di Napoli, che ormai è senza un dirigente dedicato da 14 mesi. Nelle intenzioni del ministero il bando rappresenta “un passo fondamentale verso il rinnovamento e il rafforzamento del nostro patrimonio culturale, con l’obiettivo di promuovere l’innovazione, la valorizzazione e la gestione efficace dei nostri musei, luoghi simbolo della nostra identità storica e artistica”, con la selezione dei nuovi direttori che “si baserà su criteri di professionalità, esperienza internazionale e capacità di promuovere la cultura in modo inclusivo e sostenibile”.

Al bando potranno partecipare solo coloro che posseggono un curriculum con determinate caratteristiche, ovvero “avere ricoperto incarichi gestionali presso aziende private o amministrazioni pubbliche, in Italia o all’estero, da cui possano desumersi le spiccate doti manageriali e organizzative” ed “essere in possesso di una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica, desumibile da titoli di formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate, per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni pubbliche, in Italia o all’estero, in relazione alla gestione del patrimonio culturale”.

I candidati saranno selezionati “da una commissione di valutazione, composta da cinque membri esperti di altissimo profilo nominati dal ministro della Cultura, scelti tra magistrati, professori universitari ordinari in materie giuridiche, professori universitari in materie attinenti al settore del patrimonio culturale, esperti di chiara fama nel settore del patrimonio culturale, dirigenti generali o equiparati del ministero della Cultura o di altre pubbliche amministrazioni, esperti di economia ed organizzazione aziendale”. La commissione formerà una lista di 10 candidati per ogni museo che parteciperanno ai colloqui; da questi usciranno cinque terne di candidati e sarà tra questi che il Ministro sceglierà i nuovi dirigenti.

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Il termine per presentare le candidature scadrà il 6 marzo, mentre l’intera procedura dovrebbe esaurirsi, salvo complicazioni, entro la metà di luglio.

Fin qui niente di nuovo o quasi, ma in effetti una novità c’è e non di poco conto. Infatti al comma 4 dell’articolo 3 del bando si legge che “ove il candidato abbia già ricoperto un incarico dirigenziale presso un istituto o luogo della cultura dotato di autonomia speciale, e l’incarico dirigenziale sia stato rinnovato […], non sarà ammessa presso lo stesso istituto o luogo della cultura un’ulteriore candidatura, in applicazione del principio di rotazione degli incarichi […]. È, invece, consentita la presentazione della propria candidatura per uno o più dei restanti istituti oggetto della selezione”. In pratica il bando esclude categoricamente che il direttore che ha già svolto due mandati quadriennali in una sede museale, possa partecipare alla selezione per un terzo mandato nella stessa sede.

La novità però ha fatto sorgere un dubbio: in qualche caso i musei di seconda fascia son diventati di prima oppure si sono addirittura accorpati e hanno cambiato fascia e il ruolo da dirigente effettivamente cambierà; allora qualcuno deve aver pensato che, nonostante i due mandati precedenti da dirigente, poteva presentare ugualmente la sua candidatura, perché nel frattempo il museo non è più lo stesso.

L’Ufficio responsabile del procedimento (della Direzione generale organizzazione del MiC) ha chiarito a che il divieto del terzo mandato è volto “ad assicurare il rispetto del principio di rotazione degli incarichi, […] al fine di evitare il consolidarsi di relazioni che possano favorire dinamiche improprie nella gestione amministrativa, conseguenti alla permanenza prolungata nel medesimo ruolo o incarico, nonché per garantire la più efficace ed efficiente utilizzazione delle risorse in relazione ai mutevoli assetti funzionali ed organizzativi”. Praticamente il “mutamento delle competenze o della diversa graduazione dell’incarico dirigenziale non limita l’operatività del principio di rotazione”.

Insomma quei dirigenti che hanno già svolto due mandati di dirigente di un museo, anche se questo nel frattempo “cambia pelle“, non può presentare domanda per un terzo mandato al fine di evitare “dinamiche improprie nella gestione amministrativa”. Tutto giusto, e ci mancherebbe, ma se poi pensiamo ai mandati di quei sindaci e presidenti di Regione che stanno “lottando” per un terzo mandato o ai parlamentari che di mandati ne fanno quanti ne vogliono, come si fa a non pensare al marchese del Grillo?



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