Prove di dialogo a Goma ma non tacciono le armi

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di Giovanni Zavatta

Promuovere un dialogo inclusivo per risolvere la crisi nella regione orientale della Repubblica Democratica del Congo dopo settimane di combattimenti che hanno visto i ribelli conquistare Goma, capoluogo della provincia di Nord-Kivu: è l’obiettivo dell’incontro che si è svolto ieri, 12 febbraio, proprio a Goma tra una delegazione congiunta della Conferenza episcopale e della Chiesa di Cristo (unione di 62 denominazioni protestanti) e Corneille Nangaa, rappresentante dell’Alleanza del fiume Congo (Afc), movimento politico e militare legato al gruppo di ribelli filo-rwandesi M23.

La delegazione era guidata da monsignor Donatien Nshole Babula, segretario generale dell’episcopato cattolico, il quale ha espresso soddisfazione a conclusione del vertice: «È stata un’opportunità per cercare di porre fine alla guerra prima possibile perché restiamo convinti che la soluzione duratura del conflitto non sia militare. Ed è necessario coinvolgere tutte le parti interessate. Incontreremo anche i nostri connazionali che sono in Afc/M23. Si tratta di un approccio pastorale che non esclude nessuno».

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Parlando poi della collaborazione con la Chiesa di Cristo in Congo, monsignor Nshole Babula ha detto di essere «impegnate insieme in un’iniziativa volta a riunire le forze vitali del paese verso un patto sociale per la pace e la convivenza». Era quindi necessario incontrare «soggetti importanti da coinvolgere in questa dinamica». Il vertice è stata l’occasione per presentare il “Patto sociale per la pace e il bene comune in Repubblica Democratica del Congo e nella regione dei Grandi Laghi”. Durante il confronto le due Chiese hanno affrontato temi critici come l’insicurezza crescente, l’estrazione illecita delle risorse naturali e il rischio di “balcanizzazione” della regione. Tra le priorità, inoltre, la riapertura dell’aeroporto internazionale di Goma e di altre vie di comunicazione per facilitare l’assistenza umanitaria (il capoluogo del Nord-Kivu ha finora ospitato molti dei 6,5 milioni di sfollati a causa del conflitto). Secondo quanto riferito dal segretario generale della Conferenza episcopale, l’Afc/M23 avrebbe fornito «risposte rassicuranti» affermando di non perseguire la frammentazione del paese né lo sfruttamento illegale delle risorse.

Va tuttavia registrato che l’iniziativa non è stata ben accolta dal governo e dalla maggioranza politica che hanno avvertito sulla necessità di attenersi ai processi diplomatici di Luanda e Nairobi.

Secondo l’Onu, supportati da circa 4.000 soldati del vicino Rwanda, i ribelli M23 sono il principale degli oltre cento gruppi armati che competono per il controllo dell’est del Congo ricco di minerali. I recenti combattimenti dentro e intorno a Goma hanno causato almeno 3.000 vittime, riferiscono le autorità congolesi. Gli sforzi dei vicini africani per far progredire i colloqui di pace hanno prodotto finora scarsi risultati. Nonostante la dichiarazione di un cessate il fuoco unilaterale, fino a ieri i ribelli stavano infatti cercando di conquistare altre città, anche vicino a Bukavu, capoluogo della provincia di Sud-Kivu, e il rischio è che si inneschi un’ulteriore catastrofe umanitaria.

Sulla crisi in Repubblica Democratica del Congo è intervenuto ieri, con una dichiarazione, monsignor Mariano Crociata, presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece). Dopo aver espresso «profonda tristezza e preoccupazione per la situazione catastrofica a Goma e dintorni», il vescovo ha esortato Ue e comunità internazionale ad adottare «misure immediate per garantire la cessazione delle ostilità nonché il rispetto assoluto della dignità umana e del diritto internazionale». Solo nelle ultime settimane tremila morti e un milione di sfollati: «Migliaia di persone si sono rifugiate in chiese, scuole, campi di fortuna a causa della carenza di cibo, acqua e forniture mediche. Ospedali, comprese le strutture gestite dalla Chiesa, sono stati bombardati, uccidendo neonati e ferendo gravemente civili. Si segnalano condizioni disastrose, con ospedali stracolmi e violenza sessuale endemica».

Il presidente della Comece invita a unirsi all’appello di Papa Francesco, rivolto alle autorità locali e alle organizzazioni internazionali, a fare tutto il possibile per risolvere il conflitto attraverso mezzi pacifici. Rilancia poi la proposta di un accesso umanitario senza limitazione nelle zone di conflitto, garantendo la protezione dei civili, in particolare donne e bambini, contro la violenza e lo sfruttamento. «Le cause profonde di questa crisi sono decenni di sfruttamento delle risorse, interferenze straniere e violenza ciclica, e richiedono coraggio politico e un dialogo diplomatico», conclude monsignor Crociata che, riferendosi alle iniziative ecclesiali a Goma, accoglie con favore l’appello per un “Patto sociale per la pace e il bene comune in Repubblica Democratica del Congo e nella regione dei Grandi Laghi”, roadmap delle Chiese cattolica e protestante «per porre fine alla violenza e promuovere la coesistenza pacifica e la coesione sociale». 



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