Un’indagine fantasma della procura distrettuale di Palermo sull’ong Mediterranea. Esisterebbe almeno dal maggio del 2024 e al suo interno potrebbe nascondersi la chiave del mistero Graphite, lo spyware dell’azienda israeliana Paragon Solutions infilato negli smartphone di giornalisti e attivisti in Italia e in altri paesi europei.
LO DICE Il Giornale in un articolo che dà conto della presunta esistenza di una carta intestata del ministero dell’Interno, datata 6 maggio 2024, indirizzata a non meglio precisati «servizi d’intelligence» e intitolata «Ong Mediterranea Saving Humans – Attività di agevolazione degli spostamenti di migranti clandestini sul territorio nazionale». Un brogliaccio, una velina, un appunto: non si sa bene. Come non si sa bene se a Palermo stiano davvero conducendo un’indagine di questo tenore: le verifiche fatte dal manifesto in tal senso hanno dato esito negativo, ma se davvero la materia è oggetto d’interesse per la procura distrettuale restano aperti ampi margini di dubbio. La versione del Giornale, comunque, prevede che il portavoce di Refugees in Lybia David Yambio – che nei giorni scorsi ha denunciato pubblicamente le sevizie ricevute dal capo della polizia giudiziaria libica Osama Elmasry – sarebbe stato oggetto di «mirati approfondimenti investigativi finalizzati a definire la rete di favoreggiatori attivi sul territorio nazionale, nonché ulteriori accertamenti sulle utenze degli indagati». Gli autori del documento, inoltre, parlerebbero pure di «contatti con importanti soggetti del mondo istituzionale ed ecclesiastico che notoriamente condividono le posizioni delle ong in merito alla gestione dei flussi migratori». Il tutto nell’ambito di un’inchiesta per «associazione a delinquere nel reato di immigrazione clandestina».
NON SAREBBE una prima assoluta, ad ogni buon conto: il precedente più noto è il caso Iuventa, cioè il celeberrimo teorema della procura di Trapani contro le ong Jugend Rettet, Save The Children e Medici Senza Frontiere, con dieci persone accusate di avere stretto accori con i trafficanti di esseri umani e di non aver mai soccorso persone in mare per scopi umanitari, ma di essersi prestati a fare da «taxi» prelevandole da navi libiche che poi tornavano indietro indisturbate. L’inchiesta, costata oltre 3 milioni di euro, è finita solo dopo 9 anni con il pm che ha chiesto il non luogo a procedere e il giudice che infine ha prosciolto tutti. Lo schema è esattamente lo stesso che il Giornale adombra sopra Yambio e Mediterranea: una maxi inchiesta su reati pesantissimi che, comunque andrà a finire, potrebbe rivelarsi un macigno sulle attività delle ong.
«È UN TENTATIVO di depistaggio», dice il portavoce di Mediterranea Luca Casarini, che è anche uno degli spiati attraverso Graphite. «L’obiettivo – prosegue – è cercare di mettere una pezza al fatto che in questo paese si proteggono i boss delle milizie libiche che hanno in mano il traffico di armi, petrolio ed esseri umani, e allo stesso tempo si criminalizzano coloro che operano il soccorso in mare». Anche Yambio (che ha scoperto di avere Graphite sul suo smartphone lo scorso novembre) contrattacca: «Questa non è altro che una campagna diffamatoria. La Libia mi ha insegnato cosa significa essere disumanizzati. L’Europa mi insegna cosa significa essere cancellati».
LA CONTROMOSSA, sul piano pratico, è semplice: Mediterranea chiederà per vie legali alla procura di Palermo se esistono o meno indagini a suo carico. Secondo il codice di procedura penale, il pm, tramite un decreto motivato, può disporre il segreto sulle iscrizioni nel registro degli indagati per un periodo di tre mesi non rinnovabile. Dunque, al massimo, ci vorrà solo un po’ di tempo per capire se sta davvero succedendo qualcosa o no. In ogni caso, giorno dopo giorno, l’intrigo italo-libico si fa sempre più complesso e sempre più inquietante. Facile, infatti, collegare l’inchiesta fantasma di cui parla il Giornale con lo scandalo Paragon. Il governo sin qui ha ammesso che lo spyware è regolarmente in uso, senza tuttavia chiarire in quali circostanze e da parte di quale organo investigativo o di intelligence. Una procura distrettuale impegnata in un’indagine per associazione a delinquere a cavallo tra l’Italia e il Nord Africa, verosimilmente, ha a disposizione strumenti del genere. C’è però un problema di contorni: l’inchiesta palermitana esiste davvero? Da quanto sarebbe aperta? Da quanto tempo sarebbero attive le intercettazioni? Chi le sta facendo?
LA VULGATA della destra, lanciata dal Giornale e alimentata dai tanti propagandisti che si aggirano per i social, è che i casi Elmasry e Paragon sarebbero stati lanciati per coprire i loschi traffici delle ong e delle organizzazioni che si occupano dei diritti dei migranti. Ovviamente il gioco funziona solo riabilitando il boia libico (che infatti ormai viene descritto come un benefattore) e demolendo figure come quelle di Yambio, la cui testimonianza va sminuita e screditata. Fa niente se la Corte penale internazionale apre un fascicolo contro l’Italia proprio per la facilità con cui ha lasciato andare via un aguzzino sul quale pende un mandato d’arresto internazionale: anche L’Aja fa parte del complotto.
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