Stefano Bollani torna in Friuli Venezia Giulia con due concerti: «La musica unisce luoghi ed età»


L’apprezzato pianista jazz, compositore e showman Stefano Bollani torna in regione con due concerti molto diversi, entrambi firmati da Euritmica: il 17 febbraio alle 20.45 al Politeama Rossetti di Trieste (in questi giorni le prove a Gorizia) per “Ponte a NordEst” nell’ambito di GO!2025, porta Bollani All Stars (Enrico Rava, Paolo Fresu, Roberto Gatto, Ares Tavolazzi, Antonello Salis, Daniele Sepe…) mentre il 28 febbraio alle 20.45 chiuderà la rassegna “Note Nuove” al Nuovo Giovanni da Udine, in piano solo.

Bollani, come ha fatto a mettere assieme il cast di All Stars?

«Semplicemente sono andato a sentimento e ho chiamato musicisti con cui ho collaborato e condiviso tanto; li volevo vedere insieme sul palco, per me è una festa. E in più ci sono tre giovani, mia figlia Frida e due favolosi chitarristi, Matteo Mancuso e Christian Mascetta».

Un esperimento intergenerazionale?

«Enrico Rava ha 85 anni e Frida ne ha 20: lo trovo molto bello visto che il tema della rassegna sono i ponti che uniscono, e la musica unisce geograficamente e anagraficamente. A Trieste suoneremo anche qualcosa dell’Europa dell’Est, faremo musiche del passato che vengono da tutto il mondo, rilette nel presente».

Il 28 sarà in piano solo al Nuovo Giovanni da Udine. Cosa suonerà?

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«Come al solito non ho una scaletta, per ora. Sicuramente eseguirò questi 18 nuovi preludi per pianoforte che ho scritto di recente e sono usciti sia nella mia versione che in spartito (nota per nota, immaginando che altri pianisti li possano suonare). Partirò da quelli per inventare poi una scaletta diversa ogni sera».

Chiederà al pubblico, come spesso fa, di suggerire i brani che vuole sentire?

«Lo inserisco sempre nel finale, lo farò anche a Udine. Mi piace moltissimo, è il momento in cui ci si scioglie. Il pubblico entra attivamente nel meccanismo di quello che ho fatto tutta la sera: ho preso dei temi e ci ho improvvisato sopra».

Qual è la richiesta più assurda che le è arrivata dalla platea?

«Uno mi chiese un pezzo degli AC/DC. O in Canada mi hanno chiesto un brano popolare canadese, tutti si sono messi a ridere pensando fosse impossibile lo conoscessi, ma qualcuno ha preso il violino e si è messo a suonarlo e l’ho accompagnato».

Sembra un incrocio tra un jukebox e un’enciclopedia: cosa fa per allenare la memoria?

«Non ho studiato tecniche per memorizzare, vorrei farlo. Sul pianoforte ci sono degli esercizi che faccio che vengono dalla scuola pianistica napoletana, una didattica famosa nel mondo che in effetti aiuta a ricordare».

Durante un viaggio suonò anche in una favela. Cosa pensa, invece, dei concerti in mezzo alla natura, che a volte creano timori e polemiche?

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«Per forza la musica è nata in quei contesti, non nei teatri che sono arrivati dopo. Ho suonato in mezzo a un lago o sulle Dolomiti, con il giusto numero di persone era molto bello. Bisogna vedere i casi specifici, avere l’intelligenza di non mettere a repentaglio l’equilibrio di un luogo, il sistema in cui vivono gli animali, stare attenti al volume e all’affluenza».

È in onda su Rai 3 la quarta edizione di “Via dei matti n°0”, condotto da lei e sua moglie Valentina Cenni. I telespettatori vengono ai live?

«Confluiscono, e meno male. Il programma riscuote un successo incredibile, le persone ai concerti me ne parlano. Io e Valentina abbiamo ricevuto in cambio una quantità di gioia indescrivibile. Arriva la signora che mi dice “tutte le sere guardiamo le puntate con mia nonna che ha 102 anni e mia nipote che ne ha 5 mi ha chiesto di suonare il clarinetto, in futuro”. Abbiamo ricordato alle persone che la musica è una questione di bellezza, serenità, cura, comunicazione col divino, linguaggio universale: non ha controindicazioni».

Ha colpito la presenza di Paolo Benvegnù nella puntata del 30 dicembre, il giorno prima che venisse a mancare.

«L’avevamo registrata pochi giorni prima. Quella sera io e Paolo ci siamo scritti, anche lui l’ha vista in tv e l’abbiamo commentata. Non posso descrivere lo sgomento della mattina dopo. Non lo conoscevo così bene in relazione agli altri e mi ha stupito scoprire che in molti hanno scritto di lui quello che pensavo anche io: una persona, oltre che talentuosa, buona, in ascolto, appassionato, onesto, intelligente, caldo, cosciente, consapevole, fragile…». 



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