Lavoratori, scatta il licenziamento se durante il congedo parentale svolgi un altro lavoro: nuova sentenza Cassazione


Di recente, la Cassazione si è pronunciata in materia di congedo parentale e sulle conseguenze di un suo scorretto impiego da parte dei lavoratori, che in alcuni casi può costituire motivo legittimo per l’adozione di sanzioni disciplinari, fino al licenziamento.
Ai sensi dell’art. 32 D.lgs. n. 151/2001, il congedo parentale retribuito è destinato a garantire al minore il sostegno affettivo e materiale dei genitori nei primi anni di vita. Trattasi inoltre di diritto potestativo del lavoratore, il che implica che il dipendente, nell’esercizio di questo diritto, non può vedersi negato il beneficio dall’azienda, né l’ente previdenziale può opporsi alla sua erogazione, purché siano rispettate le condizioni previste dalla legge e dai contratti collettivi. Il diritto potestativo permette al lavoratore di avvalersi autonomamente del congedo, analogamente a quanto accade per le dimissioni o altri permessi legali. Tuttavia, l’esercizio di tale diritto non è illimitato: è vincolato al rispetto delle finalità per cui il beneficio è stato istituito.

Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, un dipendente, beneficiario del congedo, era stato colto sul fatto mentre gestiva un’attività di compravendita di automobili. La scoperta è stata possibile grazie alle prove raccolte da un investigatore privato, assunto appositamente dall’azienda. In particolare, tale attività veniva svolta dal dipendente in modo continuativo e non occasionale.
L’impresa, sospettando un impiego illegittimo del congedo parentale, contestava non solo l’inosservanza delle regole specifiche del congedo, ma anche la violazione degli obblighi di lealtà e fedeltà sanciti dall’art. 2105 del c.c. e dall’art. 43 del contratto collettivo di riferimento, il quale impone al lavoratore l’obbligo di comunicazione preventiva di eventuali altre attività lavorative.
Il tradimento del rapporto fiduciario ha spinto l’azienda a procedere con un licenziamento disciplinare, decisione che il lavoratore ha impugnato in sede giudiziaria, contestando la legittimità delle prove e lamentando la non proporzionalità della sanzione.

Tuttavia, la legittimità del licenziamento veniva confermata sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello: entrambi i giudici di merito, infatti, ritenevano che la condotta del dipendente costituisse una palese violazione degli obblighi contrattuali. I giudici hanno altresì riconosciuto che l’agenzia investigativa operava nel pieno rispetto delle autorizzazioni previste, respingendo le tesi sulla presunta illegittimità dei controlli.
Nonostante il rigetto del ricorso nelle sedi precedenti, il lavoratore ha ritenuto opportuno rivolgersi alla Suprema Corte, auspicando un’interpretazione più favorevole alla sua posizione.
La Cassazione, con la sentenza 2618/2025, ha ribadito il ragionamento espresso dalla Corte d’Appello, evidenziando che le risultanze processuali avevano chiaramente documentato lo svolgimento sistematico di un’attività retribuita durante il periodo di congedo parentale. Tale attività, svolta in maniera continuativa, non si limitava a episodi sporadici, ma costituiva un vero e proprio impiego parallelo, in palese contrasto con lo scopo del beneficio.
La Suprema Corte ha rimarcato come il congedo parentale imponga al genitore beneficiario il dovere di dedicare il proprio tempo e le proprie energie al benessere del minore. L’utilizzo di tale periodo per perseguire interessi economici esterni è stato qualificato come un abuso del diritto, in quanto devia dalle finalità istituzionali previste dal legislatore e si configura come una manipolazione strumentale dell’istituto.

I magistrati hanno posto particolare enfasi sul duplice impatto negativo di questo comportamento: da un lato, la violazione degli obblighi di correttezza e fedeltà che, in un rapporto di lavoro, sono imprescindibili; dall’altro, il danno organizzativo ed economico subito dall’azienda, che si trova costretta a sostenere costi aggiuntivi e sacrifici organizzativi per garantire il beneficio del congedo.
La sentenza, pertanto, non solo giustifica il licenziamento per giusta causa, ma sottolinea anche come la violazione di tali obblighi costituisca un inaccettabile tradimento della fiducia riposta nel rapporto lavorativo. La decisione costituisce un avvertimento chiaro: l’abuso del congedo parentale, inteso come strumento di tutela familiare, comporta conseguenze disciplinari rilevanti.

In definitiva, la sentenza n. 2618 della Cassazione ribadisce, in termini inequivocabili, che il congedo parentale non può essere strumentalizzato per perseguire attività economiche estranee alla sua funzione primaria. La decisione, che ha confermato il licenziamento del lavoratore, evidenzia come il mancato rispetto degli obblighi di lealtà e di correttezza – insieme all’abuso di un diritto potentemente tutelato – comporti rischi reali e irreversibili per il rapporto di lavoro.
L’orientamento espresso dalla Suprema Corte, infatti, si configura come un chiaro richiamo alla necessità di onorare le finalità istituzionali del congedo parentale, ricordando che l’utilizzo fraudolento del beneficio comporta conseguenze economiche, organizzative e disciplinari di notevole portata. In tal modo, il provvedimento si propone come strumento di tutela sia per il minore che per l’impresa, rafforzando il messaggio che ogni abuso in questo ambito non potrà rimanere senza sanzione.





Source link

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link