Ben ritrovati a Pillole finanziarie, la rubrica di Business24 che vi guida attraverso il mondo delle finanze personali e che vuole spiegare l’economia in parole semplici. Io sono Marcello Cerro, consulente finanziario certificato EFPA.
Oggi affronteremo un tema sempre più attuale nel mondo della finanza: il fenomeno del “delisting”, ossia quando un’azienda decide di uscire dalla Borsa. Una delle prime domande che sorge è perché molte aziende scelgono questa strada. Il delisting è un argomento complesso e sfaccettato, ma uno dei motivi principali è che essere quotati in Borsa, un tempo fondamentale per ottenere visibilità e capitali, oggi comporta costi amministrativi e normativi molto elevati. Le aziende devono rispettare regole severe e fornire costantemente informazioni al mercato, generando costi significativi legati a consulenze legali, compliance e gestione degli obblighi verso gli azionisti. Per molte imprese, soprattutto le piccole e medie, questi oneri superano i benefici, rendendo il delisting una scelta logica.
Se in passato la quotazione era vista come un’opportunità di crescita, oggi il panorama sembra essere cambiato. Molte aziende valutano attentamente se raccogliere capitali tramite la Borsa sia ancora il miglior percorso. In particolare, le piccole e medie imprese, che non dispongono delle risorse delle grandi multinazionali, affrontano una mole di adempimenti burocratici e obblighi di trasparenza che risultano troppo onerosi rispetto ai benefici. Inoltre, la volatilità dei mercati può rendere il titolo imprevedibile, e la necessità di rispondere alle aspettative degli investitori a breve termine può interferire con strategie aziendali di lungo termine.
A questo punto, è interessante parlare del Listing Act recentemente approvato dal Parlamento Europeo, che mira a cambiare lo scenario. Il Listing Act è stato introdotto per semplificare le regole di quotazione e ridurre i costi per le aziende, con l’obiettivo di facilitare l’accesso alla Borsa, soprattutto per le piccole e medie imprese. Le principali novità includono la semplificazione della redazione dei prospetti informativi, che saranno più snelli e meno complessi da preparare, riducendo così i costi e i tempi per le imprese che desiderano quotarsi o raccogliere capitali. Inoltre, prevede una normativa meno stringente sugli abusi di mercato e maggiore flessibilità, rendendo il processo di quotazione più accessibile.
Il Listing Act è quindi una risposta diretta ai problemi che molte aziende affrontano nel processo di quotazione. L’Europa ha riconosciuto che gli oneri burocratici e le normative troppo complesse stavano scoraggiando le aziende, specialmente le PMI, dal quotarsi. Tuttavia, come evidenziato da alcuni esperti, il Listing Act da solo potrebbe non essere sufficiente. Molti ritengono che, oltre alle semplificazioni normative, siano necessari incentivi fiscali per rendere la quotazione davvero attraente.
Gli incentivi fiscali possono fare la differenza riducendo il peso economico sulle imprese e rendendole più competitive sul mercato. Il delisting avviene spesso perché le aziende non vedono un ritorno economico sufficiente a giustificare i costi di conformità e gestione delle azioni. Se lo Stato o l’Unione Europea offrissero agevolazioni fiscali, come la riduzione delle tasse sugli utili o crediti fiscali legati all’attività di mercato, molte aziende sarebbero incentivate a rimanere quotate.
Oltre agli incentivi fiscali, un altro fattore determinante è la creazione di un ambiente di mercato più stabile e prevedibile. Le imprese tendono a evitare la Borsa quando i mercati sono troppo volatili o soggetti a incertezze politiche ed economiche. Se le autorità riuscissero a creare un quadro normativo stabile e offrire certezze a lungo termine, si potrebbe vedere un aumento delle quotazioni. È importante anche che le imprese siano formate sui benefici di una corretta gestione del rapporto con gli investitori, che può essere un’opportunità per ottenere capitale a condizioni favorevoli e migliorare la governance interna.
Alla luce di tutto questo, quotarsi in Borsa può ancora essere considerato un buon affare per le imprese? La risposta dipende dal tipo di impresa e dai suoi obiettivi strategici. Per le grandi aziende che vogliono ampliare la propria presenza sui mercati internazionali, la Borsa rimane uno strumento potente per raccogliere capitale e aumentare la visibilità. Per le piccole e medie imprese, invece, la decisione di quotarsi deve essere valutata con attenzione. Il Listing Act e i possibili incentivi fiscali possono facilitare questo percorso, ma resta fondamentale valutare caso per caso se i benefici della quotazione superano i costi e le complessità. In sintesi, la Borsa può ancora essere una buona scelta, ma è essenziale avere obiettivi chiari a lungo termine e le risorse necessarie per gestire gli oneri connessi.
Di Marcello Cerro
consulente finanziario
FOTO: SHUTTERSTOCK
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