Suicidio assistito, legge in cerca di convergenze. Cure palliative cruciali




Uno scorcio dell’aula del Senato – Ansa

Dopo l’intervento della presidenza Cei con una nota sul suicidio assistito, come si sta muovendo la politica nazionale? La Conferenza episcopale italiana, esprimendo «preoccupazione per recenti iniziative regionali sul tema del fine vita» (allusione alla legge della Regione Toscana, prima in Italia a stabilire un iter per la morte a cura del Servizio sanitario), ha auspicato che «che nell’attuale assetto giuridico-normativo si giunga, a livello nazionale, a interventi che tutelino nel miglior modo possibile la vita, favoriscano l’accompagnamento e la cura nella malattia, sostengano le famiglie nelle situazioni di sofferenza» ricordando che «la legge sulle cure palliative non ha trovato ancora completa attuazione» e che «sulla vita non ci possono essere polarizzazioni o giochi al ribasso. La dignità non finisce con la malattia o quando viene meno l’efficienza. Non si tratta di accanimento, ma di non smarrire l’umanità». Una riflessione che ha un riflesso nel confronto parlamentare in corso per un intervento normativo.

L’esigenza di fare una legge nazionale viene avvertita trasversalmente. Ma c’è anche la volontà di arrivare a una norma che possa avere i numeri in Parlamento per essere approvata con una maggioranza non risicata. Ecco perché «è necessario trovare le convergenze» e, per farlo, ci vuole tempo. Perciò «escluderei – mette le mani avanti il capogruppo di Forza Italia in Commissione Giustizia del Senato, Pierantonio Zanettin, che è relatore dei provvedimenti sul tema, insieme a Ignazio Zullo di Fratelli d’Italia – che io e il collega Zullo già la prossima settimana potremmo presentare un testo scritto. È infatti un tema sul quale si dovrà lavorare a piccoli passi cercando delle convergenze. Ma il mio impegno sarà quello di arrivare a un disegno di legge che possa essere approvato in Parlamento». Anche perché, prosegue, «sta emergendo, dalle diverse dichiarazioni di questi giorni, una volontà di fare una legge».

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Nell’ultimo comitato ristretto delle Commissioni Sanità e Giustizia di Palazzo Madama una settimana fa, in realtà, era trapelata la deadline di fine febbraio come termine che i relatori si erano dati per presentare ai colleghi un testo che fosse la sintesi dei cinque disegni di legge presentati in materia di suicidio medicalmente assistito per poter iniziare un dialogo. Un termine che, a quanto pare, potrebbe slittare.

Molti gli aspetti, infatti, che andranno chiariti prima di arrivare a un testo di legge condiviso. Come ad esempio, sostiene Zanettin, il ruolo del Sistema sanitario nazionale, i comitati etici a da creare a livello nazionale o regionale oppure l’obbligatorietà o meno delle cure palliative. «Quello al quale bisogna “arrivare per partire” – osserva il senatore di Fi ricorrendo al gioco di parole – deve essere un testo dei relatori. E il punto di mediazione deve essere rappresentato da una rivisitazione dei 4 punti contenuti nelle sentenze della Corte Costituzionale ai quali si potrebbe aggiungere l’obbligo di un preventivo ciclo di cure palliative».

I quattro criteri fissati dalla Corte – lo ricordiamo – sono indicati dalla sua sentenza 242 del 2019 – «irreversibilità della patologia, presenza di sofferenze fisiche o psicologiche, che il paziente reputa intollerabili, dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale, capacità del paziente di prendere decisioni libere e consapevoli», tutti «requisiti» che «devono essere accertati dal Servizio sanitario nazionale».

Il giorno successivo alle parole dei vescovi italiani, dalla Lombardia, che è una delle Regioni che vuole attivarsi autonomamente ma che ha fermato mesi fa un progetto di legge analogo a quello discusso in Toscana, irrompe nel dibattito il governatore Attilio Fontana sostenendo che la posizione della Cei «è diversa dalla posizione che in questo momento è prevalente nel nostro Paese. È la stessa posizione che ha sempre avuto il mondo cattolico anche quando si parlava di divorzio e di aborto e loro giustamente difendono una posizione etica».

A chiedere di andare oltre un’agenda politicamente divisiva sul tema del fine vita è il presidente del Forum delle Associazioni familiari, Adriano Bordignon, per cui «non può esistere un diritto a morire, perché altrimenti nascerebbe un dovere in capo a qualcuno di dare la morte». Inoltre, «non sono condivisibili le forzature cui stiamo assistendo in alcune Regioni». Bisognerebbe perciò lavorare, aggiunge , per «una proposta di legge che tuteli la vita e la salute dei più fragili, garantendo l’accesso alle cure palliative, in quanto unica soluzione veramente efficace per affrontare il fine vita con umanità e rispetto».

Intanto l’Associazione Luca Coscioni – fautrice da tempo di una campagna favore dell’eutanasia – per bocca di Marco Cappato ha annunciato dall’1 al 13 aprile, con il 5 giornata centrale, una mobilitazione in tutta Italia per informare i cittadini sui diritti e chiedere alle Regioni di discutere subito la legge regionale sul fine vita. «La richiesta di una legge nazionale – ha spiegato Cappato – non può essere un alibi per evitare al legislatore regionale di assumersi le proprie responsabilità». Il segretario di +Europa Riccardo Magi, poi, considera «auspicabile un intervento in Parlamento, purché non sia regressivo rispetto alla decisione della Corte».





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