La donna di 45 anni ha ricevuto una prognosi di 40 giorni e ha chiesto un risarcimento di 75.000 euro. A processo l’accusa per il medico è di lesioni. Il racconto: «Non ho lavorato per un mese e adesso ho paura del Sole»
Un trattamento di fotoringiovanimento con luce pulsata è al centro di una controversia giudiziaria a Rimini, dopo la denuncia di una 45enne residente nella città romagnola contro un medico specializzato in chirurgia estetica, che esercita la professione in un comune della provincia. È avvenuto tutto nell’inverno del 2022.
All’epoca, era il 10 febbraio di quell’anno la donna (professionista nel settore estetico) si era sottoposta al trattamento ma poco dopo aveva iniziato ad accusare disturbi sempre più gravi tali da imporre un suo ricovero all’ospedale Bufalini di Cesena, nel reparto riservato ai grandi ustionati, pazienti ritenuti affetti da ferite da ustione il più delle volte molto gravi.
Per questo la 45enne, dopo essersi costituita parte civile in Tribunale a Rimini difesa dall’avvocato Chiara Lazzarini, ha chiesto un risarcimento di 75mila euro.
Poco dopo la fine del trattamento aveva iniziato ad accusare un bruciore generalizzato alle guance. Verrebbe da pensare ad un effetto collaterale transitorio dovuto all’intervento appena subito ma le cose sarebbero andate diversamente. «In poche ore il mio viso era diventato gonfio. Talmente gonfio che non riuscivo più a tenere aperti gli occhi», ha raccontato. Di qui la decisione di rivolgersi all’ospedale cesenate.
La causa «clinica» è presto detta. Sarebbe stata affetta da un «Surriscaldamento eccessivo della cute, abrasioni e ustioni su entrambe le guance, con conseguente ispessimento ed edema dei tessuti molli sottocutanei, in particolare nelle regioni tempero-zigomatico, periorbitale, perinasale e mentoniera», tutte lesioni giudicate poi guaribili con una prognosi di 40 giorni. La donna lamenta di aver dovuto rinunciare a lavorare per un mese. E anche ora che l’incubo è finito ha paura di esporsi al sole.
L’accusa con cui il medico è imputato la processo è quella di lesioni aggravate. La donna è convinta che il professionista abbia commesso una serie di ripetuti errori durante il trattamento. Allo stesso modo il medico è certo della propria innocenza. Si è difeso spiegando che si era raccomandato con la sua paziente di rispettare una serie di protocolli molto rigidi per evitare eventuali e gravi conseguenze e di essere certo che lei non li abbia rispettati.
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